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TESTO Umili davanti a Dio

don Daniele Muraro  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/08/2010)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Il discorso di Gesù nel vangelo di oggi è diviso in due parti. Ai nostri orecchi la seconda suona meglio della prima. Ossia siamo tutti d'accordo sull'opportunità di soccorrere chi si trova nel bisogno, mentre ci sfugge il senso di scegliersi un posto defilato quando è in gioco il diritto di precedenza.

Pochi atteggiamenti godono di cattiva reputazione al giorno d'oggi come le proteste di umiltà. Non si capisce dove vuole arrivare e che cosa pensi di ottenere chi si dichiara indegno di quello che gli viene proposto.

Starsene arretrati quando si potrebbe avanzare sorpassando, sembra un indizio di debolezza di carattere più che di virtù. Se qualcuno ha delle qualità e non sa farle valere ad un certo punto diventa indegno di mantenerle. Così si pensa di solito.

Il parere di Gesù sull'argomento è chiaro: nel momento decisivo è meglio farsi trovare un passo prima che a occupare indegnamente un posto superiore. Anche la speranza che pure è una cosa buona, va temperata, per non cadere nell'inganno della presunzione.

L'onore è dovuto a Dio e alle persone più eccellenti come segno o testimonianza di una superiorità preesistente, ma non rende tali e sull'argomento l'ultima parola spetta non agli uomini ma a Dio. Di fronte ai molti chilometri di distanza che si separano da Lui perdono valore i pochi centimetri di differenza che ci distinguono gli uni dagli altri.

C'è un grado che Dio assegna a ciascuno e che è quello giusto per lui. Non è detto che sia di poco valore, anzi la parabola dei talenti valorizzando i doni di ciascuno, sembra suggerirci il contrario. E infatti tendere a cose grandi confidando nelle solo proprie forze è contro l'umiltà, ma non lo è confidando nell'aiuto di Dio perché l'uomo tanto più si eleva presso Dio quanto più a Lui si assoggetta.

È necessario che uno conosca i limiti delle proprie capacità e in ultima analisi la misura sta nel confrontarsi con il Signore e davanti a Lui siamo tutti piccoli. In ogni caso da Dio rimaniamo dipendenti e a Lui non possiamo mai smettere di dichiararci sottomessi.

Per un cristiano l'umiltà non riguarda dunque la stima di se stessi, ma il rapporto con Dio. Scrive sant'Agostino che è umile "colui che preferisce essere disprezzato nella casa del Signore piuttosto che dimorare nelle tende degli empi", cioè avere dei vantaggi contro la legge di Dio.

Scacciata l'umiltà dalla convivenza civile, come risultato emergono individui traditori ed egoisti, vogliosi di affermare se stessi ad ogni costo. L'umile invece non si attribuisce nessun merito, riconosce che tutto proviene da Dio; senza il suo aiuto e la sua grazia non sussisterebbe in lui nessuna opera buona ed egli stesso cadrebbe nel nulla.

Gesù aveva detto: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore". Nelle lettere di san Paolo i cristiani poi sono invitati ad onorarsi reciprocamente ("gareggiate nello stimarvi a vicenda") e a considerare "con tutta umiltà gli altri superiori a se stesso."

Ci possiamo domandare come si può sempre pensare bene del prossimo senza mentire. La soluzione sta nel riflettere che ci può essere negli altri del bene nascosto per cui essi sono superiori a noi, malgrado il bene evidente che è in noi, e che pare metterci al disopra. Se preferiamo ciò che c'è di divino nel prossimo, in quanto dono di Dio, a ciò che è umano in noi non possiamo incorrere nella falsità.

Tra le due parti del Vangelo di oggi dunque non c'è contrasto né cesura, perché l'amore del prossimo presuppone l'amore di Dio. "E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio?" sono le parole con cui Gesù rimprovera i Giudei nel Vangelo di san Giovanni.

Quando al primo posto si mette Dio, la carità fraterna va di pari passo con la cautela. Questo la nostra società sembra esserselo dimenticato; per questo aumentano i dissensi e le divisioni. Che importa aver ottenuto dei risultati e avere avuto ragione in linea di principio se per ottenere questo in via di fatto si è spaccata la comunità e si sono confuse le menti dei deboli?

Possiamo concludere con una riflessione sull'amicizia che è uno dei beni che rendono migliore e più accettabile la vita. Negli ultimi tempi sembra che gli amici si debbano raccogliere negli album come le figurine.

Certamente l'amicizia nasce come uno scambio di favori, (il motto antico diceva che gli amici si vedono nel momento del bisogno), ma poi si deve evolvere in un rapporto di confidenza e di intesa. "Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso" diceva la prima lettura. Certe volte dare ascolto e conforto morale è più meritorio che concedere un sussidio economico.

E continua il testo: "Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti". Anche Dio dunque ha i suoi amici e non sono gli orgogliosi e i superbi, ma i miti.

Fatta salva la mitezza, se Dio ci sceglie comunque non è perché siamo perfetti, abbiamo pure noi dei difetti. Sono le nostre cecità, storpiature, zoppie e povertà morali. Da questo atteggiamento del Signore possiamo apprendere anche noi la necessità di far del bene non solo a coloro dai quali speriamo di riceverne di ritorno altrettanto, ma anche a chi è affetto da mancanze e debolezze.

Alla fine quando l'amicizia con Lui e con tutti i buoni sarà senza più ostacoli né pericoli, il Signore proprio in nome di questa amicizia ci promette che non perderemo la nostra ricompensa.

 

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