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TESTO "Si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore"

don Romeo Maggioni  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/07/2003)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,30-34

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Siamo ancora nel contesto missionario: gli apostoli ritornano dalla loro prima missione e riferiscono a Gesù. Hanno bisogno di riposo e di verifica, per questo Gesù li porta "in disparte, in luogo solitario".

Si saranno dette tante cose lungo quella lenta traversata del lago; ma ciò che Gesù vuol loro insegnare in profondità non lo dice a parole, ma coi fatti. Giunto sull'altra riva, trovandosi tanta folla che l'aveva raggiunto via terra, Gesù - ci dice il testo di Mc -: "si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose".

Dove è detto lo sguardo - e quindi l'analisi dei veri bisogni - che Gesù ha della folla, e la sua sollecita dedizione a rispondervi con la Parola di Dio.

1) SI COMMOSSE

"Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro". Già davanti alla vedova di Naim Gesù "si era commosso" (Lc 7,13); già il padre del figlio prodigo si era commosso al vederlo ritornare (Lc 15,20); come si commosse "il buon samaritano" (Lc 10,33) davanti alla sorte di quel malcapitato. Il cuore di Gesù che si commuove è il cuore di Dio, di cui sta scritto: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai" (Is 49,15). Le "viscere di Dio" (in ebr. rahamim) è la sua tenerezza e la sua misericordia. Gesù ne è stata la rivelazione piena, per la sua attenzione soprattutto verso i poveri, gli umili, i peccatori. E qui - nel vangelo di oggi - verso la folla che lo segue perché ha intuito in Lui uno che sa capire i bisogni più profondi.

"Perché erano come pecore senza pastore". Ecco il punto: Gesù intuisce il male profondo di questo popolo, che non è tanto materiale, ma di smarrimento, di insicurezza, di mancanza di senso del perché penare e del perché vivere! Di questo popolo già in Ezechiele il Signore si era preoccupato, accusandone i capi di irresponsabilità e quindi di disordine e caos: "Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo: voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati". Cosa si deve dire della società di oggi dove ancora e più di prima i poveri vengono emarginati, i deboli vengono calpestati, gli umili e i semplici sfruttati e manipolati da strumenti di persuasione e di potere che distruggono non più solo il corpo ma anche l'anima e la coscienza?

Ed ecco finalmente la decisione di Dio: "Radunerò io stesso le mie pecore e le farò tornare ai loro pascoli. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi. Anzi, verranno giorni - dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra". Per questo quando giunge Gesù dirà di sé: "Io sono il buon pastore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono il buon pastore che offre la vita per le pecore; e io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,7-16). La gente intuisce la novità e accorre in massa: "Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare". Capita materialmente anche oggi che quando il Papa annuncia il vangelo di Gesù, la folla si conti a milioni: intuisce che Cristo è ancora l'unico pastore affidabile!

2) E SI MISE A INSEGNARE

Conclude il vangelo di oggi col dire che Gesù "si mise a insegnare loro molte cose". Parlò così a lungo che venne sera, e nessuno - né Gesù né la folla - si scompose, finché "i discepoli, avvicinatisi, gli dissero: Congedali, perché andando per le campagne e i villaggi vicini possano comprarsi da mangiare" (Mc 6,35-36). Era lì, la gente, tanto presa dal fascino della Parola di Dio che aveva dimenticato il resto! Diceva già il profeta Amos: "Ecco, verranno giorni - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore" (Am 8,11). In mezzo a tanta confusione d'opinioni, non è forse anche il nostro, tempo di fame delle cose di Dio? Ci sono dei segni, soprattutto a livello giovanile.

"Non abbiate paura - gridava il primo giorno del suo pontificato Giovanni Paolo II -. Aprite le porte a Cristo. Lui sa cose c'è dentro il cuore dell'uomo". Al di là della facciata di supponenza, ci accorgiamo bene quanto cresca sempre più l'attenzione alla Chiesa e al suo alto magistero di umanità e di pace. Gesù diceva alla Samaritana: "Se tu conoscessi il dono di Dio, saresti tu a chiedermi quest'acqua viva" (Gv 4,10). V'è profonda sintonia, e quindi piena sazietà del cuore, quando l'uomo s'incontra con la Parola di Dio e col suo progetto d'umanità autentica.

Esserne convinti è la radice d'ogni missionarietà. Prima di dar da mangiare, Gesù insegnava. E' un programma per noi, suoi discepoli. Non che la promozione umana non sia compito urgente e grande; ma è certo che questa senza l'evangelizzazione è monca e controproducente. "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Questa del vangelo, del dare il senso della vita, del destino vero, delle motivazioni per vivere, amare, lavorare, morire... è missione specifica di noi cristiani, esclusiva per quel nucleo proprio ed essenziale che è la Parola autentica di Dio! A noi spetta quindi la responsabilità di esserne testimoni e annunciatori.

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"Pecore senza pastore": qualche volta ci teniamo ad esserlo. Ma tutti hanno un pastore; anche la conclamata libertà del libertino ha una sua sudditanza!

Gli uomini si dividono in due categorie: chi si fida di Dio, e chi si fida degli idoli: uomini, cose,... che eleggiamo come nostri padroni.

I cristiani riconoscono come proprio unico padrone il "nostro Signore Gesù Cristo"!

A lui allora affidiamoci con serenità, come oggi ci insegna a pregare il Salmo 22: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla! In pascoli erbosi mi fa riposare, mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome".

 

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