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TESTO La condivisione toglie alle ricchezze il veleno di disonestà

padre Romeo Ballan  

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2010)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Riflessioni

L'evangelista Luca ha spesso un giudizio critico verso il denaro, le ricchezze, l'accumulazione dei beni... Vari brani del Vangelo di queste domeniche estive ne danno prova: le parabole del ricco stolto, l'amministratore infedele, il ricco epulone e altri. Per Luca, evangelista sensibile alla situazione dei poveri e dei meno abbienti, il denaro ha spesso una connotazione di ambiguità, sospetto, disonestà, ingiustizia, pericolosità, poca trasparenza... Il monito è sempre valido e attuale di fronte alle molteplici forme di arricchimento indebito: speculazione, usura, giochi finanziari, tangenti, corruzione, riciclaggio di denaro sporco (Luca lo chiama disonesto, v. 9.11) per droga, mafia, sequestri...

Fin dal IV secolo, la tradizione cristiana ha recepito questo messaggio circa il valore, l'uso e la pericolosità delle ricchezze. La parola di alcuni Padri della Chiesa è eloquente e sferzante. S. Basilio scrive: "Non sei tu un ladro quando consideri come tue le ricchezze di questo mondo, ricchezze che ti sono state consegnate solo affinché tu le amministrassi?". E S. Ambrogio: "Non dobbiamo considerare ricchezza ciò che non possiamo portare con noi. Perché ciò che dobbiamo lasciare in questo mondo non ci appartiene, è degli altri". S. Giovanni Crisostomo ha un ricco e provocatorio insegnamento in materia, che si può riassumere così: "Il ricco o è ladro o è figlio di ladri". Si può non condividere tali espressioni, ma è da persone sagge confrontarsi onestamente con esse.

Le abitudini del denaro ingiusto e disonesto sono antiche quanto l'umanità. Il profeta Amos (I lettura), nel secolo VIII prima di Cristo, in un'epoca di splendore del regno di Israele, denuncia con toni di fuoco coloro che si arricchiscono sulla pelle dei poveri e degli umili (v. 4), fino a "comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali" (v. 6); sono smaniosi di fare soldi con le solite astuzie mercantili: giocando sui tempi e falsando le misure e le bilance (v. 5). Mille anni dopo, gli fa eco S. Basilio contro gli usurai del suo tempo: "Tu sfrutti la miseria, ricavi denaro dalle lacrime, tu strangoli colui che è nudo, schiacci l'affamato".

L'amministratore di cui parla Gesù nella parabola (Vangelo) è infedele e scaltro. È infedele, perché ha abusato della fiducia del padrone, ne ha sperperato gli averi, meritandosi il licenziamento (v. 1-2). Ha prevaricato, è stato disonesto e corrotto. Sulla cattiva gestione dei beni del padrone il giudizio resta negativo. Va sottolineato, prima di procedere alla seconda parte, nella quale l'amministratore, con sorpresa, viene lodato. La lode che gli riserva il suo padrone (v. 8) e gli spunti che ne ricava Gesù riguardano solo il modo scaltro come lui se la cava, cercandosi amici per il suo futuro incerto. (*)

La prassi è diversa ai nostri giorni. La Bibbia di Gerusalemme, al v. 16,8 di Luca, spiega che, secondo l'uso allora tollerato in Palestina, gli amministratori -che non erano pagati- avevano diritto di rifarsi incassando una percentuale sui prestiti maggiorati concessi ai debitori dei loro padroni. Il beneficio personale degli amministratori consisteva appunto nella differenza fra il prestito reale e la ricevuta maggiorata. Lo scaltro amministratore della parabola non toglie al padrone la quantità reale che gli spetta; semplicemente riduce la ricevuta del debitore alla quota reale, rinuncia alla parte di interesse che gli spetterebbe, favorendo gli eventuali futuri amici, che, in tal modo, pagheranno al padrone solo il debito netto, senza interessi né usure. La scaltrezza dell'amministratore, che anche Gesù elogia, consiste nel saper rinunciare ad un interesse economico immediato, per puntare sul beneficio di amici per il futuro. C'è qui un invito a investire non tanto sulle cose che periscono, ma sui valori che permangono. Per Gesù tali valori sono anzitutto due: la condivisione dei beni con i poveri in vista delle dimore eterne (v. 9) e la libertà di fronte alle cose che schiavizzano il cuore (v. 13).

È forte qui l'invito all'apertura del cuore, alla sensibilità verso gli altri. Questa apertura, afferma Paolo (II lettura), si ispira nel Cuore di "Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (v. 3-4). Proprio tutti: lo ripete quattro volte (v. 1.2.4.6), per sottolineare il progetto generoso di Dio (v. 4), l'opera di Cristo (v. 6), la dimensione universale della preghiera del cristiano (v. 1-2.8), chiamato ad essere ovunque messaggero di Cristo (v. 7).


Parola del Papa

(*) "Raccontando la parabola di un amministratore disonesto ma assai scaltro, Cristo insegna ai suoi discepoli quale è il modo migliore di utilizzare il denaro e le ricchezze materiali, e cioè condividerli con i poveri procurandosi così la loro amicizia, in vista del Regno dei cieli... Il denaro non è disonesto in se stesso, ma più di ogni altra cosa può chiudere l'uomo in un cieco egoismo. Si tratta dunque di operare una sorta di conversione dei beni economici: invece di usarli solo per interesse proprio, occorre pensare anche alle necessità dei poveri...Qui potrebbe aprirsi un vasto e complesso campo di riflessione sul tema della ricchezza e della povertà, anche su scala mondiale, in cui si confrontano due logiche economiche: la logica del profitto e quella della equa distribuzione dei beni, che non sono in contraddizione l'una con l'altra, purché il loro rapporto sia bene ordinato. La dottrina sociale cattolica ha sempre sostenuto che l'equa distribuzione dei beni è prioritaria".
Benedetto XVI
Angelus del 23/9/2007


Sui passi dei Missionari

- 20/9: SS. Andrea Kim Tae Gon, primo sacerdote coreano, Paolo Chong Hasang, laico, e altri 101 martiri in Corea (fra 1837-1867): 93 coreani (P. Kim e 92 laici), 10 missionari (3 vescovi e 7 preti).

- 21/9: Apertura dell'Assemblea Generale ordinaria dell'ONU: Giornata Internazionale della Pace.

- 21/9: S Matteo, apostolo ed evangelista; evangelizzò, secondo la tradizione, in Persia, Siria, Etiopia.

- 23/9: S. Pio da Pietrelcina (1887-1968), cappuccino, con speciali doni spirituali, dedito al ministero di riconciliazione e carità. Continua ad esercitare una forte irradiazione missionaria in tutto il mondo.

- 23/9: BB. Cristoforo, Antonio e Giovanni, giovani martirizzati a Tlaxcala (Messico, 1527-1529).

- 24/9: B. Vergine Maria della Mercede, titolo che proclama la misericordia divina e ha ispirato l'apostolato missionario per la liberazione degli schiavi.

- 24/9: B. Antonio Martino Slomsek (+1862), vescovo di Maribor (Slovenia); curò in special modo la formazione cristiana delle famiglie e del clero, e promosse l'unità della Chiesa.

- 24/9: Ricordo di Mons. Angelo F. Ramazzotti (Italia, 1800-1861), fondatore del PIME.

- 25/9: S. Sergio di Radonez (russo, 1313-1392): eremita, poi monaco a Mosca e saggio consigliere.

 

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