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TESTO Il Dio dell'impossibile

don Alberto Brignoli  

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2010)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

La figura del pastore è certamente un po' in disuso, nella nostra società. Qualche protesta avvenuta in questi giorni nel nostro paese dimostra come pure le istituzioni sembrano dimenticarsi che ancora esista. Per cui, facciamo una certa fatica a comprendere un mondo nel quale perdere l'un per cento dei propri capi di bestiame rappresenta una sventura, e il ritrovamento del medesimo una grande gioia. Noi forse lasceremmo perdere un capo di bestiame che si perde su cento che ne abbiamo. Lo cercheremmo un po', sguinzaglieremmo i nostri cani alla sua ricerca e poi lasceremmo stare; dispiaciuti, certo, ma del resto che cosa altro si può fare? Non si può certo perdere tutto il giorno dietro a questa pecora che si è persa! Abbiamo molte cose da fare, e le altre pecore che ci aspettano.

E comunque, non credo che il ritrovamento possa essere un fatto di gioia tale per cui ci prenderemmo sulle spalle la pecora smarrita. Anzi, sono convinto che useremmo più il bastone per farla correre insieme alle altre, inveendo contro l'universo per la fatica fatta su e giù per i monti a cercarla.

Così come non credo che saremmo tanto stupidi da far festa con il vicinato e con gli amici perché dopo una lunga ricerca abbiamo ritrovato dei soldi persi in casa. Anzi, ce la prenderemmo con noi stessi o con qualche familiare che ha messo via i soldi senza ricordarsi dove, oppure inizieremmo a pensare se, dove, come e quando abbiamo speso quei soldi che non troviamo più. E se li ritroviamo, di certo non lo facciamo sapere a nessuno, sia per non fare la figura degli sbadati sia per non dare l'impressione agli altri che abbiamo talmente tanti soldi da permetterci di lasciarne un po' in giro.

E men che meno faremmo festa se dopo tanto tempo uno dei due nostri figli, il più giovane, oppure il nostro unico fratello, avesse il coraggio di tornare alla casa paterna dopo aver chiesto al padre di autodichiarare la propria morte legale costringendolo a ripartire prima del tempo l'eredità con l'altro figlio (primogenito, cosa di non poco conto) e dopo aver speso tutta l'eredità in un batter d'occhio con una vita non del certo sana e di cui tutti avranno parlato con ogni sorta di infamia sulla figura del padre, troppo buono, troppo ingenuo, troppo accondiscendente, troppo malleabile, troppo poco padre... ma soprattutto troppo fuori di testa perché contento di avere un figlio così, che ne ha fatte di cotte e di crude, ma è pur sempre mio figlio e allora non lo ricaccio fuori di casa.

Sì, d'accordo, tuo figlio: ma non è giusto! E non è giusto soprattutto nei riguardi dell'altro figlio che ha sempre sgobbato e non ha mai chiesto un centesimo di straordinari per andare a divertirsi. Si è stravolto il mondo? Adesso chi fa il disgraziato tutta la vita è portato in palmo di mano e chi sgobba senza aprire bocca è messo da parte? C'è qualcosa che non quadra... ‘sto padre della parabola non solo è un po' fuori di sé, ma è anche disonesto... ‘sto qua vuole più bene a chi si comporta male (facile poi chiedere il perdono approfittando della bontà del papà...) che nemmeno a chi cerca di comportarsi bene... "costui accoglie i peccatori e mangia con loro"...

Anzi, Gesù vuole provocare ancora di più: Dio è talmente Padre che non solo accoglie i figli peccatori che ritornano a lui, ma addirittura fa festa per loro! E non gli vanno quelli che non riescono a gioire con lui: ma non per questo li lascia perdere. Continua ad essere padre anche di loro, di scribi e farisei che mormorano contro di lui per la sua eccessiva misericordia e che non capiscono un pastore contento per un pecora persa, che non capiscono una donna contenta per dei soldi persi e che non capiscono un padre felice per un figlio perso.

Perché loro in fondo si fermano a ciò che è perso e che, categoricamente e definitivamente, è impossibile che possa essere ritrovato.

Ma Dio è il Dio dell'impossibile. E quando lo rende possibile, fa festa. È proprio il "far festa e gioire" per ciò che sembrava perduto definitivamente ed è stato ritrovato che fa da discriminante tra noi farisei di ogni tempo e il Dio di Gesù Cristo.

Noi vorremmo chiamare il male con il proprio nome sempre e comunque, e tacciare definitivamente chi lo compie come malvagio, come "malfattore": abbiamo fatto così pure con il Figlio di Dio, in quel tempo...

Ma il Dio di Gesù Cristo non è così, e nonostante tutto si ostina a voler trovare un'opportunità per fare festa anche solo per un peccatore che si era perso ed è stato ritrovato, più che per il novantanove per cento dei giusti che non hanno bisogno di salvezza.

Ed è davvero ostinato, se lascia il gregge tra i monti per andare in cerca di una sola pecora perduta; è davvero testardo, se butta in aria tutta la casa per trovare una monetina apparentemente insignificante, avendone altre nove nel salvadanaio.

E soprattutto, rasenta la follia, se ha il coraggio di riabbracciare un figlio che lo ha ucciso prima del tempo, ne ha chiesto l'eredità, se n'è andato a farsi gli affaracci suoi in giro per il mondo, è arrivato al punto più buio del baratro andando a pascolare gli animali più immondi che esistano e che nemmeno gli passavano due carrube delle loro da mettere sotto i denti, e per di più ha la sfrontatezza di continuare a pensare alla casa di suo padre, dove tutti i servi, pur essendo tali, mangiano in abbondanza.

Dio è lì ad attenderlo. Forse non si è mai mosso da quella terrazza da dove lo ha scorto di lontano. Scende verso di lui, non si fa nemmeno raggiungere, e soprattutto non si fa nemmeno pregare dal figlio perché potesse essere nuovamente accolto in casa. Anzi, non lo lascia nemmeno parlare, blocca sul nascere il suo discorso, la sua proposta di contratto da garzone: pensa solo ad abbracciarlo, a rivestirlo dell'abito più bello, quello lasciato indietro per le nozze insieme al vitello grasso che non esita a far ammazzare, e come se non bastasse gli mette l'anello al dito per sigillare nuovi contratti e spendere nuovamente soldi a suo nome!

Questo padre è fuori di sé della gioia. E mentre cerca di rientrare in se stesso deve nuovamente tornare fuori per andare a pregare il primo figlio (Dio che prega l'uomo...assurdo!) il quale (giustamente, secondo noi, ma non secondo lui) non ne vuole sapere di far festa con lui per il "figlio di lui": qui non c'è più né padre né fratello, anzi, non ci sono mai stati, perché lui che sempre ha "servito e riverito" il padre (o meglio il padrone) viene trattato come uno qualsiasi senza alcun privilegio, mentre questa "pezza d'uomo" che si perde con le peggiori donnacce del pianeta viene accolto con gli onori di un banchetto di nozze!

Che bella razza di Dio giusto! E noi dovremmo essere d'accordo con lui? Beh...fosse solo quello... addirittura ci chiede di essere contenti con lui, per questo suo modo di fare.

Perché se non siamo capaci di gioire per un fratello che ha ritrovato la strada di Dio, allora è inutile stare con lui, ed è pure inutile che tutto ciò che Dio possiede lo condivida con noi.

Lui di gente che lo serva e che lo riverisca come un signore non sa che farsene: a lui dà gioia sentirsi chiamare "padre", fosse anche dal più scapestrato dei suoi figli.

Chi lo chiama "padre" lo amerà sempre e non si perderà mai; chi lo chiama "signore" e lo tratta come tale non solo non lo amerà mai, ma non capirà mai nulla di lui. Anche se le sue opere sono rette e irreprensibili.

I giusti non hanno bisogno di Dio: sono già bravi da soli a giocare a "sentirsi Dio". Per poi sentirsi dire che hanno sbagliato tutto. Sì, hanno sbagliato a chiamare Dio per nome. Non è cosa da poco: e purtroppo, c'è ben poco da sperare che - credendosi giusti - facciano un passo indietro.

Io preferisco prenotarmi già un posto tra i peccatori, se questo mi aiuterà ad amare Dio più che a servirlo.

 

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