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TESTO Il ritrovamento, una festa

mons. Roberto Brunelli

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2010)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

La gioia di quando si ritrova qualcosa o qualcuno che si temeva di avere perduto: questo il tema del vangelo di oggi, espresso mediante tre parabole. Due sono brevi: un pastore lascia il gregge al sicuro e va alla ricerca di una pecora non tornata all'ovile; una donna rivolta la casa, per ricuperare il danaro che non trova più; e quando entrambi raggiungono lo scopo, invitano amici e vicini a far festa con loro. Di entrambe il senso è dato dallo stesso Gesù: "Così, io vi dico, vi sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte", cioè è stato ritrovato, ricuperato.

La terza parabola è quella celeberrima del figlio prodigo, una delle pagine più commoventi di tutta la Bibbia, una di quelle che più hanno ispirato artisti e scrittori e, quel che più conta, hanno indotto tanti "lontani" a tornare all'abbraccio di quel Padre che è Dio. La vicenda è nota: un ricco proprietario terriero ha due figli, uno dei quali pretende subito la sua parte di eredità e va a sperperarla in dissolutezze, sino a trovarsi in miseria, costretto a lavori umilianti, ridotto alla fame. "Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Quel figlio prodigo sa di non poter pretendere nulla da suo padre; potrebbe aspettarsi un suo rifiuto a riaccoglierlo, e magari anche una mano di legnate; considera già una fortuna che gli dia almeno da vivere. E invece, "Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò"; non gli lasciò neppure il tempo di concludere il discorsino che si era preparato, e anzi gli fa indossare il vestito più bello, lo orna con un anello al dito e ordina di imbandire subito una festa.

Tradotto sul piano spirituale: quel figlio siamo tutti noi, che tanto o poco, prima o poi, ci siamo allontanati da Dio, sperperando in esperienze degradanti le nostre ricchezze di mente e di cuore. Solo un ritorno a lui può ridarci la dignità perduta: lui, che non castiga e anzi è pronto a riaccoglierci a braccia aperte. Stare con lui, godere del suo amore, è il massimo della nostra realizzazione, è quanto di meglio questa vita ci può offrire. Non sempre lo capiamo, come - per tornare alla parabola - non lo capisce l'altro figlio il quale, vedendo la bontà del padre verso il fratello, si indigna: lui è sempre rimasto in casa, ha sempre lavorato duro, senza distrazioni, e dal padre non ha mai ricevuto riconoscimenti per la sua fedeltà. "Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

In termini di stretta giustizia, umanamente parlando, forse l'indignato potrebbe avanzare qualche ragione; ma nei rapporti con Dio la giustizia, quando il colpevole si ravvede, è superata dalla misericordia. E così deve essere anche tra i cristiani: i torti sono annullati dal perdono, il risentimento è vinto dalla bontà. Chi ritenesse di potersi riconoscere nel figlio fedele, deve avere l'onestà di riconoscersi anche nell'altro, senza dimenticare quante volte ha ricevuto dal Padre l'abbraccio del perdono. E riflettere: chi è fedele a Dio, non avrà forse in questo mondo particolari riconoscimenti, non avrà medaglie e pubblici encomi; ma può sempre contare sull'intima gioia di sapersi amato: "Figlio, tu sei sempre con me!"

 

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