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TESTO Commento su Luca 15,1-32 (forma breve: Luca 15,1-10)

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2010)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Quello di Luca è un Vangelo pieno di gioia. Anche oggi inizia con una bellissima notizia: i peccatori si avvicinavano a Gesù per ascoltarlo. Al contrario di scribi e farisei. Sarà per via di quella sola pecora cercata e delle altre novantanove lasciate nel deserto. Il paradiso è tutto qui, in un peccatore che si accosta al perdono del padre ed entra nella festa del ritrovamento. Alla gioia di Dio e degli angeli si unisce, finalmente, anche quella della pecorella che si era persa. Ora manca solo la nostra gioia per essere sempre cercati e ritrovati dal Signore.

Il figlio maggiore, frustrato dall'eccessiva misericordia del padre verso il fratello cacciatosi da solo nella sciagura, è perfetta figura di quelli che non erano contenti di Gesù - scribi e farisei - per il suo rapporto coi peccatori. La presunzione di essere migliori ci intestardisce nel non voler entrare in casa per unirci alla festa.

Più che i figli, il vero protagonista è il padre nei confronti di entrambi. Noi siamo i figli, un po' il minore e un po' il maggiore. Entrambe queste figure di peccatori che portiamo nel cuore devono tornare al padre ed entrare nella sua gioia per somigliargli. Clemente d'Alessandria, per far capire con quale amore Dio ci ama, dice: "Dio è Padre, ma la tenerezza con cui ci ama lo fa diventare madre".

Il grande quadro di Rembrandt (cm 262x206) raffigura il padre che accoglie il figlio tornato. È bellissimo fin nei dettagli. Impressionanti le mani del padre poste sulle spalle del figlio, inginocchiato di fronte a lui: una è di uomo, robusta, l'altra di donna, più sottile. L'amore del Padre è paterno e materno insieme, perché la misericordia ha bisogno di entrambi i cuori. È il momento decisivo: il figlio, vestito di stracci logori, è in ginocchio dinnanzi al padre, dopo averne mangiato le sostanze. Il padre lo accoglie con gesto affettuoso e protettivo. Sulla destra, osserva la scena il figlio maggiore, sullo sfondo due figure non identificate. Noi che guardiamo siamo all'altezza del figlio pentito, forse nella stessa condizione, certamente con identico bisogno. Le mani del Padre misericordioso non sono uguali, una è maschile ed una femminile. Dio è tutto, padre e madre. I suoi occhi sono quelli di un cieco. Il Padre, per amore, li ha consumati nel guardare l'orizzonte in attesa del ritorno del figlio.

Fra tante, le parole di Agostino: "Ci hai fatti per Te, e il nostro cuore è insoddisfatto fino a quando non riposa in Te". Un Dio così, scrive Chiara Lubich, "desidera vedere il suo figlio tutto nuovo, non vuole più ricordarlo come era prima; e, non solo lo vuole perdonare, ma arriva persino a dimenticare il suo passato. Questo è il suo amore per lui, nella parabola. Così è l'amore del Padre per noi nella vita: ci perdona e dimentica".

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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