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TESTO Quella ricchezza che chiude il cuore

Suor Giuseppina Pisano o.p.

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26/09/2010)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Nei testi della liturgia eucaristica di questa domenica troviamo ancora una denuncia contro la ricchezza; la scorsa domenica i testi parlavano della ricchezza accumulata rubando e truffando; oggi l'argomento è quella ricchezza che è ingiusta quando acceca l'uomo e lo rende non solo insensibile verso il prossimo, ma lo induce a chiudersi in sè stesso, pensando esclusivamente ai propri interessi, alla soddisfazione dei propri desideri, e a nient'altro, quasi che la vita non abbia altro orizzonte se non quello temporale.

E la liturgia della Parola inizia con una forte invettiva, questa volta del profeta Amos, anche lui uomo venuto dalla campagna e dalla cura del gregge; anche lui inviato da Dio a sferzare i ricchi gaudenti di Samaria, "sfruttatori del popolo e provocatori di Dio con le loro ingiustizie", nota qualche commentatore.

Ammonisce il profeta: "Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d'avorio, e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla... bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati..."; a questi signori non importa in che modo hanno accumulato le loro ricchezze, e non importa neppure che, fuori dai loro palazzi, ci sia chi vive nella miseria più squallida; non importa ai ricchi, ma importa a Dio, il difensore dei poveri e degli oppressi che gridano a lui.

"Guai agli spensierati di Sion..."; guai a questi gaudenti chiusi nel loro egoismo, "guai!", perché la ricchezza e il piacere li hanno accecati e non riescono a pensare che, in un breve volger di tempo, la loro vita può cambiare: "andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l'orgia dei dissoluti..."; saranno infatti gli Assiri, pochi anni dopo questa invettiva del profeta, a radere al suolo quei ricchi palazzi e a deportare i loro proprietari, assieme a tanti altri del popolo.

Il ribaltamento delle situazioni, siano esse politiche, sociali, o soltanto economiche, è una realtà che accompagna il corso della storia, una realtà spesso drammatica e violenta; oppure, semplicemente, un fatto naturale, come la morte che, sia per i ricchi come per i poveri, scrive la parola fine sia sulla vita spensierata e gaudente come su quella stentata di chi è nella miseria e nel degrado.

E' quel che leggiamo nella parabola che il Vangelo ripropone oggi alla nostra riflessione, un forte monito per quanti vivono chiusi nella loro ricchezza, e non hanno occhi per vedere i poveri che vivono loro accanto; questo è il grande pericolo della ricchezza, che, per sé, non è un male, ma lo diventa quando chiude il cuore dell'uomo in un impenetrabile egoismo; ed è questa, sicuramente, la grande lezione che ci viene dalla parabola del "ricco gaudente e del povero Lazzaro".

Recita il testo: "C'era un uomo ricco che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe...".

E' una parabola che ci interpella e ci inquieta ed è l'unica parabola nella quale uno dei protagonisti ha un nome: Lazzaro, nome che, in ebraico, significa "Dio salva"; un nome, dunque, che già lascia intravvedere il significato di tutto il racconto che, pur essendo immaginario, rispecchia una realtà concreta che anche noi, nel nostro tempo, conosciamo molto bene.

Lazzaro è l'icona del povero più povero, e la sua presenza sottolinea il contrasto tra chi vive nella ricchezza e nel lusso sfrenato e chi non ha casa, non ha lavoro, e deve mendicare cibo e vestiario; un contrasto che stride fortemente, e che è un'offesa alla dignità umana; un contrasto che non è scomparso neppure ai nostri giorni.

Ci sono ancora uomini e donne ricchi e ciechi; ciechi perché non hanno mai sperimentato la gioia dell'amore che dona, che si dona, che si china, con umiltà e rispetto sulle piaghe dei poveri; quei poveri che, come abbiamo visto domenica scorsa, possono riscattare il male della ricchezza ingiusta, quando questa venga elargita a loro beneficio.

Ma, anche questa volta, come per l'amministratore infedele, arriva la resa dei conti, quella più drammatica ed inevitabile, una resa dei conti spesso improvvisa, e che ognuno teme: la morte, che è il ribaltamento ultimo, totale e definitivo.

C'è, infatti, un ribaltamento di situazioni che riguarda solo la vita presente: rovesci finanziari, perdita del potere, e simili; ma c'è un ribaltamento molto più serio che viene dal giudizio di Dio, quello di cui la stessa Vergine Maria ci parla nel suo sublime cantico di lode: "Ha rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili... ha rimandato i ricchi a mani vuote e ha saziato di beni gli affamati..."; è quanto può accadere già nel corso della vita, ma è quanto accadrà alla fine, quando Cristo stesso ci giudicherà.

Ed è proprio Cristo, che ci ha ammonito su quei capovolgimenti che il Regno del Padre suo opera ed esige: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che adesso avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete... Ma guai a voi che siete ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi, che adesso siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che adesso ridete, perché sarete tristi e piangerete.."(Lc. 6,20-26)

E' quanto la parabola del ricco gaudente e del povero Lazzaro ci racconta: "Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma."

Il ricco gaudente ora vive in un abisso di dolore indescrivibile, nessun sollievo può esser ormai recato alla sua condizione, una condizione che egli stesso si è creato, scegliendo tra Dio e Mammona, preferendo la ricchezza all'amore, la cecità del gretto egoismo, all'ascolto del grido dei poveri e della voce di Dio che ci parla attraverso loro.

" Venite benedetti dal Padre mio, a prendere possesso del regno preparato per voi - dirà un giorno Gesù - perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito, pellegrino e mi avete ospitato... ma via da me nel fuoco eterno, voi, perché avevo fame e non mi avete dato da magiare, avevo sete e non mi avete dato da bere, nudo e non mi avete vestito, povero e pellegrino e non mi avete dato una casa....".( Mt 25,34-43)

Non servono fatti straordinari per raggiungere la salvezza, e la parabola di oggi lo ribadisce: serve guardarsi attorno e ascoltare la voce degli ultimi, nei quali ancora Cristo si cela: "Ciò che avete fatto ad uno di questi più piccoli, l'avete fatto a me..." (Mt.25,40); per raggiungere la salvezza serve rispondere con amore al grido di questi piccoli, persone socialmente invisibili, da aiutare ora, in questo tempo, nel quale viviamo vicini, per vivere da fratelli, dimostrandolo con gesti concreti di amicizia e solidarietà; è, infatti, l'amore che ci salva e ci conduce tra le braccia del Padre.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.i

 

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