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TESTO La novità nella relazione

don Maurizio Prandi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/09/2010)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Stiamo facendo questo percorso di discepolato oramai da molte settimane: accompagniamo Gesù a Gerusalemme cercando di dare al nostro volto il volto del discepolo. La parola di Dio, particolarmente forte questa domenica ci dice che il discepolo non può non scegliere. Dico questo perché mi pare di avvertire che spesso l'esperienza che faccio e che fanno tante persone intorno a me è quella di scegliere di non scegliere. Seconda lettura e vangelo ci aiutano a legare il verbo scegliere con il mondo delle nostre relazioni e nella radicalità di quello che ci dicono, contemporaneamente ci aiutano a fare un po' di chiarezza.

Bella la seconda lettura, tratta da un biglietto scritto da S. Paolo all'amico Filemone, scritto che ha come tema principale proprio questo: la novità che siamo chiamati a vivere nei nostri rapporti a motivo della novità che porta l'incontro quotidiano con il Signore Gesù nella nostra vita. A novità è chiamato Onesimo, schiavo, fuggito dal suo padrone e che in Paolo ha trovato un padre spirituale che lo mette di fronte alle sue responsabilità: intanto lo aiuta nella conoscenza del Signore Gesù e nella conseguente conversione, e poi lo invita a non scappare e a ritornare dal suo padrone. Qui mi sembra bello il cammino di Onesimo, che scopre una libertà diversa da quella che immaginava il giorno che ha deciso di fuggire: mettere la propria vita nelle mani di un altro è nelle mani di Paolo che lo invita ad avere fiducia in lui e in Filemone, e nelle mani dello stesso Filemone che leggendo il biglietto di Paolo sarà richiamato alla sua responsabilità di cristiano. A novità è anche chiamato Filemone, che deve rileggere la sua relazione con lo schiavo Onesimo alla luce della fede nel Risorto, fede che crea legami sempre nuovi: Onesimo è diventato un fratello! Alle volte pensiamo di avere dei diritti nei confronti di alcune persone perché sono, nei nostri confronti, per così dire, subalterne... la fede che lavora dentro di noi ci chiede di fare dei passi indietro e questo può accadere solo (ce lo ricorda s. Paolo oggi), grazie ad una scelta personale che siamo chiamati a fare in ascolto di ciò che ci abita: non c'è una legge che ci obbliga, non ci sono norme che ci costringono, ma c'è lo Spirito Santo che ci rende liberi di amare[1]. Che bello il versetto 12 di questa seconda lettura: "Te l'ho rimandato, lui il mio cuore", che alla lettera è, più "affettivamente", "le mie viscere", che sono nella tradizione biblica, la sede e la fonte della compassione e della misericordia di Dio. Anche Paolo quindi è chiamato a qualcosa di nuovo nella relazione... un nuovo legame (che già ho accennato in precedenza)una paternità spirituale che lo lega ad Onesimo nell'intimo.

Di relazione, e di novità nella relazione, ci parla anche il vangelo, che interpreto così (sperando di non annacquare troppo): sono chiamato a ri-leggere le mie relazioni alla luce della relazione con il risorto; è importante cioè riprendere e riscoprire relazioni che corrono il rischio di essere scontate oppure troppo complicate. Gesù ci parla degli affetti più grandi e anche delle incomprensioni più grandi, quelle che possono nascere tra genitori e figli, tra sposi, tra fratelli... Leggevo in un commento (davvero bello secondo me), che don Giovanni Nicolini invitava a portare il verbo odiare all'estreme conseguenze, per far morire tutto e tutti perché tutto e tutti nel Signore potessero risorgere. Solamente così posso riscoprire una relazione, solamente così posso leggere sotto una nuova luce una relazione, solamente così quei rapporti così forti ed allo stesso tempo difficili, conflittuali, potranno arrivare un giorno a "risplendere". Il vangelo ci parla anche della novità della relazione con Dio, al quale siamo chiamati ad affidare la nostra vita. Facevo questo paragone proprio oggi, nella chiesa di Rodrigo, dove abbiamo riunito le persone di quattro comunità per celebrare la solennità di N.S. de la Caridad, patrona di Cuba è per tre volte Gesù ci dice che non possiamo essere suoi discepoli... ed è proprio vero, non abbiamo i mezzi, così come non ha i mezzi quell'uomo che deve costruire la torre, così come non ha i mezzi per vincere la guerra quel re al quale mancano così tanti soldati... anche Maria non aveva i mezzi, tanto che ha detto all'angelo: come è possibile? Non conosco uomo... mi pare bella questa strada che ci indica il vangelo, confessare le nostre povertà per arrivare a dare la nostra disponibilità, per gettare ancora una volta la nostra vita nelle mani di Dio. Un'altra cosa che abbiamo condiviso riguarda la prima lettura, che è la conclusione di una preghiera che Salomone fa per chiedere il dono della sapienza... mi pare ci voglia mettere in guardia dal metterci al posto di Dio, dall'investigare sui pensieri di Dio, sui suoi progetti, sulla sua volontà. Il centro è un altro, e la Vergine Maria ci è ancora una volta d'esempio: ciò che conta, non è sapere la volontà di Dio, ma desiderare di compierla, per poter dire, pur non avendo i mezzi, pur non sapendo dove saremo condotti, eccomi, sono la schiava del Signore, avvenga in me quello che hai detto.

 

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