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TESTO Non più giudizi, ma preghiera

don Daniele Muraro  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/07/2010)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Dopo la capziosità del dottore della legge e le incertezze di Marta di Betania finalmente nel Vangelo di oggi troviamo rivolta al Signore una richiesta lodevole e sincera: "Signore, insegnaci a pregare!".

Rispettosamente il discepolo aveva atteso che Gesù finisse di praticare la propria orazione e fattosi avanti attratto dall'esempio di tanta applicazione aveva allargando l'uditorio agli amici presenti.

Sul modo di pregare anche Giovanni Battista istruiva i suoi seguaci. Il discepolo domanda un insegnamento vivo, carico di esperienza e di una sapienza superiore a quella del Precursore. In risposta riceve non la presentazione di un metodo e nemmeno solo la codifica di una formula, ma l'indicazione di un atteggiamento.

"Quando pregate, dite..." In preghiera si entra, abbandonando ogni altra occupazione. Lavorando, guidando, o facendo dell'altro si può anche pregare, ma non deve mancare nella giornata un tempo consacrato a questa sola attività e quando si prega sul serio non ci può distrarre in altri pensieri.

Infatti l'orazione è un devoto affetto della mente diretto a Dio. Essa ci solleva a Dio, più e meglio che attirare Lui a noi. Non basta chiedere a Dio di guardare in giù se non siamo pronti noi stessi a innalzare occhi e cuore verso di Lui. La preghiera infatti parte come incontro di sguardi, ossia con lo sforzo di mettersi alla presenza del Signore.

Gesù insegna una preghiera rivolta a Dio Padre, perché questo era il contenuto della sua missione: far conoscere il Padre e farlo amare dagli uomini. In apertura Gesù raccomanda: "...dite" perché il Figlio eterno di Dio è Lui solo, noi ci possiamo considerare figli di Dio in quanto sue creature e per assimilazione a Lui Figlio unigenito del Padre.

Dunque siamo figli adottivi di Dio e dobbiamo stare attenti che nessuna distrazione venga ad interrompere il ricordo di questa cosa grande, nessun errore o fantasia ci confonda le idee al proposito e nessuna tentazione ci distolga dalla volontà di appartenere a Lui.

La formula del Padre nostro trasmessaci in san Luca è più breve di quella di Matteo, ma contiene tutto l'essenziale di questa preghiera. La santità del suo nome colloca Dio nella sfera del trascendente, altrove detto cielo, e se in tutto questo c'è qualcosa da purificare emendare e confermare, ciò concerne il nostro modo di rapportarci a Lui.

Trattando con Dio dobbiamo uscire da ogni considerazione strettamente materiale della sua grandezza; anche la sua paternità, seppure simile a quella umana, tuttavia ne è molto superiore e distinta. Noi confermiamo la santità di Dio dandone degna testimonianza pubblicamente, sia nella celebrazione del suo nome che nella pratica delle buone opere in obbedienza ai suoi precetti.

Inoltre Dio non è così distaccato dal mondo da non volerci entrare in nessun modo, al contrario intende impiantarvi e diffondervi un regno, operante fin d'ora e non solo alla fine quando la sua signoria sarà completa e priva di opposizioni.

Adesso sta a noi di accettare il Regno di Dio che viene e fargli posto senza resistenze né pigrizie, ma in maniera gioiosa e collaborativa. Dio si aspetta da noi che lo acclamiamo con tutte le nostre forze e siamo pronti ad obbedire alla sua volontà. Lui solo è degno di ricevere l'onore e la lode di tutte le genti.

La preghiera cristiana parte non dal senso di vuoto nell'anima che talvolta possiamo accusare, ma dal sentimento della presenza e della bontà di Dio da cui farsi riempire.

Certamente c'è spazio per la richiesta dei beni necessari e per la richiesta di perdono delle proprie colpe, ma tutto parte dalla riconoscenza per una salvezza donata: già fin d'ora noi siamo figli di Dio, salvati non già in base alle nostre opere, ma per la sua grazia che supera i nostri meriti.

A frenare lo slancio della preghiera oltre alla grettezza materiale può intervenire anche la rinuncia per stanchezza, sintomo di poca fede e scarso amore per Dio.

Esiste infatti un'amicizia fondata sull'interesse, o più debolmente ancora sul divertimento, e un'amicizia vera che vuole il bene e non si stanca finché non l'ottiene. Nella breve parabola l'amico va dall'altro amico dal quale sa di poter essere esaudito, perché vuole mettere davanti al terzo amico ospite di casa sua un qualcosa di buono.

"Chiedete e vi sarà dato," dice Gesù, "cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". A chi richiede con fede certa, cerca con speranza illuminata e bussa al suo cuore con desiderio perfetto, Dio non può rifiutare l'aiuto, perché lo trova nella giusta disposizione d'animo.

Dio non ha un cuore di pietra, e non tenta né gode del male dei suoi fedeli; piuttosto gli piace donare nella semplicità e con la promessa di beni sempre maggiori.

La preghiera dunque gratifica chi la fa', nella misura in cui però uno riesce ad uscire da se stesso ed entrare nel mondo di Dio. Fra le cose buone che Dio riserva per coloro che lo amano Gesù nomina lo Spirito santo.

Se uno si chiede che cosa c'entri la terza Persona della santissima Trinità allora è meglio che ritorni al principio e riparta dal via: "Signore, insegnaci a pregare!".

Se invece ha gustato questo dono allora non si dimenticherà del prossimo, ma come Gesù stando con il Padre parlava di noi e stando con gli uomini parlava del Padre, così il cristiano che si è avvicinato a Dio si metterà con uno spirito nuovo in ascolto e in aiuto del suo fratello, figlio di quello stesso Padre che ha imparato a pregare con fede e amore.

 

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