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TESTO Ci sarà più gioia in cielo

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2010)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

"Vi sarà più gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di conversione"; sono le parole di Gesù che leggiamo in questa domenica nel lungo passo del vangelo di Luca che canta, con tre parabole diverse, l'infinita misericordia di Dio.

Tre parabole costituiscono il brano del vangelo che la liturgia eucaristica oggi proclama, tre parabole molto note; di esse, la terza che parla del giovane che si allontana da casa per godere di un patrimonio che ancora non gli spetta, è quella tra le più belle e intense di commozione, una parabola che non ci stancheremmo mai di leggere e di ripensare nel nostro cuore: è la parabola del figlio prodigo.

Questa parabola non è soltanto un racconto antico, ma è lo specchio della nostra vita, fatta di lontananze e di ritorni, fatta di tradimenti e di perdono; di più, essa è la storia dell'intera umanità, quella che, in Adamo, non si fidò di Dio, e volle opporsi a Lui decidendo da sè cosa sia bene e cosa no; ed è, allo stesso tempo, la storia dell'amore di Dio che sempre segue l'uomo, sopratutto quando questi si allontana e vaga, solo, per vie pericolose e disseminate di insidie.

Questa della lontananza e del perdono è la storia che oggi leggiamo anche nel racconto dell'Esodo, il libro che narra il cammino del popolo eletto nel deserto, guidato da Dio verso la terra promessa.

Una marcia lunga, faticosa ed estenuante, che la Scrittura Sacra ricorda; un'esperienza che vide quel popolo, amato più d'ogni altro, tradire la fede in Dio e piegarsi ad adorare un idolo: "Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto; ma il Signore ebbe pietà del suo popolo e perdonò il suo peccato."

E' una storia millenaria che ancora si ripete, e che, oggi, la parabola del "prodigo" ci ripresenta; è una storia che si ripete in ognuno di noi, che in qualche modo assomigliamo a quel giovane figlio inesperto e presuntuoso, il quale, per il miraggio di una libertà che delude, si allontana dal padre; è l'esperienza che tutti abbiamo fatto inseguendo sogni di libertà e ci siamo ritrovati, alla fine, soli con la nostra povertà di creature, soli di fronte alla vita, o servi che si nutrono di quelle simboliche ghiande: un alimento per porci, mentre siamo destinati ad altro.

Ma sempre e dovunque Dio ci segue, con sguardo vigile e col cuore di chi è in ansia, perché ama la sua creatura.

Nel deserto, ci dice la Scrittura, Dio è col suo popolo, c'è, nonostante le infedeltà, per condurlo alla terra promessa; allo stesso modo, nel deserto della vita, nel deserto dei nostri errori, lungo la china pericolosa e faticosa di una qualunque esistenza sbagliata, c'è sempre un padre che aspetta: è Dio, che non si arrende al nostro peccato e al nostro disamore, e spia, in lontananza, per vedere spuntare all'orizzonte ogni figlio che torna a lui, e non lo giudica.

A chiunque torni a lui, in qualunque stato sia, Dio tende le braccia per stringerlo a sè, per rivestirlo nuovamente della dignità di figlio, come insegna la parabola: "Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa."

"Vi sarà più gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione"; la conversione di ogni uomo è la gioia di Dio, perché solo Lui, fonte della vita, sa scorgere la vita che risorge; ed ogni peccatore risorge dal suo abbraccio, che accoglie e risana.

E' la storia stupenda di ogni persona che nel "prodigo" è salvato ma, più precisamente, la parabola narra la storia della misericordia di Dio, quel Padre di cui Caterina da Siena diceva "pazzo della sua creatura "; del resto, se così non fosse non avremmo avuto la follia della Croce del Figlio redentore.

Ma c'è un altro personaggio in questa storia, è il " fratello maggiore", il figlio che non si è mai allontanato dal padre, è stato sempre vicino a lui, obbediente e rispettoso, almeno nella forma, ma che si rivela in tutta la sua povertà interiore quando, a distanza, sente venire dalla casa paterna i suoni, le risa e l'allegria della festa: una festa per quel fratello sconsiderato, che aveva sciupato gran parte del patrimonio di famiglia, in avventure senza senso.

Per questo giovane scapestrato, suo padre aveva fatto festa senza badare a spese; e qui il giovane che mai si era allontanato dal padre, manifesta tutta la collera e la gelosia per suo fratello, tutta l'amarezza del suo cuore, incapace di amare, un cuore che, pur nella vicinanza al padre, di lui non aveva capito la potenza e la grandezza dell'amore.

Questo figlio, un genere d'uomo che può albergare nel cuore di ognuno di noi, anche di chi crede d'esser cristiano, questo figlio così perfetto, era solo capace di giudicare col suo metro: un metro cortissimo; e, giudicando, sapeva solo condannare.

Anche questo secondo figlio, è dunque un simbolo: simbolo di ogni uomo che si stima moralmente superiore agli altri ed è sicuro di aver soltanto meriti di fronte a Dio; lo ritroviamo in un passo del Vangelo che narra un'altra parabola che è il miglior commento a questa, che oggi la liturgia ha proclamato; parabola che così recita: "Due uomini salirono al tempio per pregare: uno era fariseo, l'altro pubblicano. Il fariseo se ne stava in piedi e pregava così, tra sè: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini...e neppure come questo pubblicano.....Il pubblicano, invece, si fermò a distanza, e non osava neppure alzare lo sguardo al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, sii benigno con me, che sono un peccatore. Vi dico che questi tornò a casa giustificato..." (Lc.18,10-14)

La parabola ci invita a riflettere anche su questa triste figura di figlio che presume di esser perfetto e perciò meritevole agli occhi del padre; ci invita a riflettere per capire che, al di là e al di sopra della logica del merito, anch'essa, in giusta misura, valida, c'è la logica dell'amore, della gratuità, del perdono e della comunione: "Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli. Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato". (Lc.6, 36-37)

sr Maria Giuseppina Pisano o.p. m
mrita.pisano @virgilio.it

 

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