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Wilma Chasseur  

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I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008)

Vangelo: Mc 13,33-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Iniziamo un nuovo anno. Domenica scorsa, con la solennità di Cristo Re dell'Universo, abbiamo concluso l'anno liturgico. Una tappa è finita e ne inizia una nuova. Un anno è passato - fra un mese terminerà anche l'anno civile- portando con sé avvenimenti, cose, persone, passate anche loro. Definitivamente! Questo scorrere inesorabile dei giorni che non torneranno mai più, è forse la cosa più misteriosa della vita, e, in genere non ci facciamo neanche caso. Passiamo nel tempo e col tempo che lascia il segno incancellabile nella nostra vita, ma nessuno lo può fermare ( si ha un bel cercare antidoti all'invecchiamento, ma finché non si riuscirà a fermare il tempo, non si fermerà neanche l'invecchiamento!). Nessuno per quanto potente possa essere, potrà mai far tornare indietro il giorno di ieri che è passato! Questa nostra corsa nella vita e nel tempo ha un'unica e incontrovertibile direzione: va solo e sempre verso il futuro. Nel passato nessuno torna più ( solo nei buchi neri, pare che il tempo vada all'indietro, ma bisogna ancora provare che esistono...).

L'apostolo Paolo raccomandava già ai cristiani di allora, di"aspettare la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, al momento della Sua venuta" Quel misteriosissimo ultimo giorno che i primi cristiani attendevano già come imminente e che noi, più di duemila anni dopo, rischiamo di non attendere più per niente! Ma Gesù in questo Vangelo ci mette bene in guardia contro questa smemoratezza:" State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso". Gesù, qui, vuole attirare la nostra attenzione sull'unico avvenimento che, siamo certissimi, accadrà a tutti quanti e fisserà la nostra sorte eterna: quello di passare all'altra riva.

Egli ci dice questo per ricordarci che dobbiamo impostare la nostra vita come un incontro con Qualcuno( e qualcuno che viene) e non come un'avventura solo nostra, da vivere senza far riferimento a Lui.

Quante volte Dio è venuto nella nostra vita, nell'anno appena trascorso? Quante volte abbiamo saputo riconoscerlo? Chiediamo occhi per vedere il passaggio di Dio nella nostra vita e riconoscerne gli annunci!

E non solo la vita va impostata come un incontro, ma anche e soprattutto la morte: allora tutti lo incontreremo; come Padre misericordioso chi lo avrà riconosciuto, e come giudice severo, chi non lo avrà accolto, perché la morte non è cadere nel nulla, ma essere davanti a Colui che ci ha tratti dal nulla, dal quale riceveremo il nostro destino eterno.

DIO ci ha tratti dal nulla una volta per tutte e al nulla non torneremo mai, mai più! Felici o infelici siamo"condannati" ad esistere sempre. Anche per quelli che non ci credono quel "dopo" esisterà: non è il crederlo o meno che determina l'esistenza dell'eternità e delle realtà future, che esistono di per sé, indipendentemente dal fatto che uno ci creda o no .. Gesù ci mette bene in guardia contro questa voluta indifferenza che potrebbe appesantire i nostri cuori e lasciarli andare alla deriva, o condurli addirittura sull'orlo dell'abisso. "Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo. Vegliate vi dico!". Non sappiamo quindi il giorno e l'ora, ma sappiamo che verrà e che ci sarà un "dopo". E quel "dopo" dipenderà da come avremo vissuto "prima".

Pensare al nostro destino eterno, lungi dal costituire un'evasione dalla realtà o dal diminuire il nostro impegno presente, gli dà un senso e una portata infinitamente più grande. Tutto ciò che facciamo, anche solo dare un bicchier d'acqua, non ha solo quella portata temporale di un minuto, o dieci, o venti a seconda del tempo che ci impieghiamo per farlo, ma ha una portata eterna perché ci seguirà oltre i confini del tempo e dello spazio, e costruirà il nostro destino futuro. In bene o in male. "

Il bene che facciamo e le virtù che pratichiamo diventano " la figura della nostra immortalità" secondo quella bellissima espressione di san Giuseppe Moscati, il medico santo.

 

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