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TESTO Donaci, o Dio, la sapienza del cuore

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/09/2010)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

"Donaci, o Dio, la sapienza del cuore"; questa è l'invocazione che accompagna il salmo responsoriale di questa domenica, una supplica rivolta a Dio perché ci faccia dono della sapienza, quella forma di conoscenza e di intelligenza che è di gran lunga superiore alla più vasta e miglior cultura che l'uomo possa acquisire mediante lo studio e la ricerca appassionata e approfondita della verità.

Infatti, per quanto l'uomo indaghi, ed è giusto che lo faccia, se vuol coltivare e potenziare tutte le sue capacità, ad un certo momento si scontra col limite; e per quanto vasto sia il suo sapere, viene sempre il momento in cui si accorge che qualcosa gli sfugge e che c'è un infinito da conoscere ed una verità che va oltre le sue capacità e possibilità naturali.

Ecco l'appello a Dio, perché sia Lui a guidarci nella via della verità e della sapienza, di quella sapienza che non è solo fatto mentale, ma qualcosa che coinvolge tutto l'essere, ed è sapienza del cuore, sapienza profonda, fatta anche d'amore; è la sapienza che viene da Dio, il sapore, il gusto del Mistero, dell'Assoluto, del Bene, della totalità dell'essere; una sapienza che non può essere semplicemente frutto della ricerca umana, ma richiede l'aiuto di Dio, che solo può donarla.

Di questa sapienza superiore che deve poi guidarci nella vita, oggi la liturgia eucaristica ci offre due esempi: il primo è la splendida preghiera del re Salomone, della quale è riportato un breve passo, in cui il sapiente sovrano si interroga sulla conoscenza della volontà di Dio che sfugge alla comprensione umana: "A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo? Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sapienza, e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?".

E' un interrogativo fondamentale, perché, senza la conoscenza della volontà di Dio è impossibile che l'uomo viva con rettitudine e giustizia; infatti solo illuminati dalla sapienza che viene dall'Alto gli uomini camminano su sentieri diritti e sono istruiti su ciò che è gradito a Dio e, sono sempre le parole del saggio Re: "essi sono stati salvati per mezzo della sapienza".

"Dio dei padri e Signore di misericordia, che con la tua parola hai creato l'universo e per mezzo della tua sapienza hai formato l'uomo... dammi la Sapienza che siede accanto a Te in trono, perché io sono tuo servo... uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia..."; queste sono le parole iniziali della grande preghiera di Salomone, una preghiera altissima nella quale il grande e sapiente re di Israele si riconosce uomo fragile e bisognoso dell'aiuto e della luce che viene da Dio.

A questa preghiera fa eco quella del Salmista che supplica: "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Volgiti, Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi...." (Sal 89); a questa preghiera, che è preghiera di ogni uomo, capace di riconoscere il proprio limite di creatura, Dio ha risposto, nella pienezza dei tempi, facendo dono all'umanità intera della Sapienza eterna in Cristo Gesù, che di essa è l'incarnazione.

In Cristo, nella sua parola, nel suo vangelo, nella sua vita, è contenuta tutta la sapienza di cui l'uomo ha bisogno per vivere una vita gradita a Dio e raggiungere la salvezza; non c'è altra sapienza per l'uomo, se non in Cristo Gesù, dono dell'amore del Padre: dono da accogliere e modello da seguire.

E della sequela di Cristo ci parla appunto il passo del vangelo di questa domenica, ed è lo stesso Maestro ad indicare le condizioni per esser suoi discepoli, condizioni che possiamo sintetizzare in tre parole: radicalità, priorità e continuità nella coerenza di vita.

Dice il Signore: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo"; sono parole forti, che sembrano anche contraddire il comandamento che dice: "Onora tuo padre e tua madre perché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che il Signore tuo Dio ti dà" (Es 20,12); ma non è certo questo il significato di quel verbo "odiare" il quale va ricondotto, evidentemente, al linguaggio nel quale Cristo si esprimeva, linguaggio che non ha tante sfumature di termini e che ama invece esprimersi a forti tinte per sottolineare il valore di quanto si chiede.

Quando Gesù parla di "odio" verso le persone più care, vuol semplicemente mettere in risalto la radicalità che la sequela di Lui comporta; per essere autentici discepoli di Cristo, infatti, è necessario fuggire ogni compromesso e ogni accomodamento e impegnarsi totalmente a vivere di Lui, verso il quale deve essere orientato il nostro desiderio; è Lui, infatti il valore supremo della vita, un valore per il quale ci si mette totalmente in gioco nella certezza di aver trovato la "perla preziosa" per la quale val bene vendere ogni altro avere (Mt 13,45).

E' questa la sequela di Cristo: un'esistenza che procede passo passo sui passi di Lui, mettendo in pratica la sua parola, parola di verità e di vita eterna; non è un percorso facile e Gesù stesso lo dice: "Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo".

La croce è il sigillo di garanzia che ci rassicura che stiamo percorrendo la via di Cristo, la via della redenzione e della salvezza; ogni altro percorso, anche costellato di opere buone e pratiche di pietà, può non essere autentico; ma la Croce, portata con fede e con amore, rende certi i nostri passi nel cammino della vita.

La Croce, la nostra croce di ogni giorno, è quella che ci rende somiglianti al nostro Salvatore, Cristo Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, che ricostruisce in noi l'originaria bellezza, quell'immagine che di sè il Creatore ha impresso in noi; solo così la nostra umanità, di cui il Figlio di Dio è icona perfetta, diventa, in ognuno, vera e piena, nella sequela fedele, semplice e generosa di Lui, che è per noi la Via, la Verità e la Vita.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it

 

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