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TESTO Guai agli scandali!

don Romeo Maggioni  

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Domenica che precede il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno C) (29/08/2010)

Vangelo: Mt 18,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,1-10

1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». 2Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro 3e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. 5E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.

6Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. 7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo!

8Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. 9E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.

10Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.

I piccoli e gli scandali. Ne è pieno il mondo e sembra contaminata anche la Chiesa. Così almeno appare dalla campagna mediatica sempre pronta a trovar da dire dei cristiani. Oggi la condanna di Gesù è inequivocabile: "Guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!".

Ma l'accento oggi è posto sulla fedeltà alla propria fede anche nei momenti di rischio, pronti anche al martirio per rimaner coerenti, come lo fu, ad esempio, Giovanni Battista che non temette la reazione di Erode Antipa alla denuncia del suo adulterio. Si tratta allora di non "scandalizzarsi" di fronte alla fatica della fede e ai suoi rischi. Ci sprona oggi san Paolo: "Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria" (Epist.).

Meditiamo allora sulla gravità dello scandalo e sul coraggio della coerenza fino al martirio.

1) LO SCANDALO

Anzitutto lo scandalo verso i bambini. Cosa terribile l'ha chiamato il Papa, soprattutto se causata da chi ha responsabilità di bene verso i piccoli: dai genitori ai preti. "Guai al mondo per gli scandali! E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!". Gesù ne parla nel contesto di un incontro con bambini: "Chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo e disse loro: In verità io vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli". I bambini hanno bisogno di protezione; così come ogni uomo dovrebbe sentirsi bisognoso di Dio. Questa umiltà non ha pretese davanti a Dio ed sa evitare sopraffazione sugli altri. La vita è sacra, quanto più l'innocenza di un bambino che riflette una presenza particolare di Dio: "I loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli". Per questo Gesù conclude: "Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me".

Lo scandalo non è solo verso i bambini, ma anche verso i più deboli nella fede. "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me gli conviene che sia gettato nel profondo del mare". E' l'atteggiamento di Paolo, pronto a rinunciare a ciò che è lecito per non turbare la coscienza di chi lo crede un male. E' il caso del mangiare carne offerta agli idoli - che, giustamente, per Paolo sono nessuno -: "Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello" (1Cor 8,13). E' il rispetto e la delicatezza che nasce dalla carità verso chi è debole, magari - all'interno della Chiesa - ancora legato a convinzioni e tradizioni che .. da tempo il Concilio ha superato. O forse anche di fronte a chi vive una religione diversa, che ci appare irrazionale e un po' primitiva: è dovuto tutto il rispetto alla sua coscienza!

Vi è poi lo scandalo contro se stessi, cioè la necessità di evitare ciò che porta al male: "Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te". Certamente va tagliato ciò che è chiaramente male e porta al male. Ma anche ciò che è occasione di male: ambienti, amicizie, e.. quel tremendo "galeotto" (nel senso dantesco) che è la televisione. Che significa rigore e austerità di vita. E solo più avanti nella vita si incomincia a credere all'utilità.. del digiuno! "E' meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno". Di fondo deve esserci la convinzione dell'Assoluto da conquistare: "Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?" (Mt 16,26). Altrimenti, ogni sacrificio sembrerà una perdita.

2) IL MARTIRIO

La figura di Eleazaro è esemplare. Un fedele israelita di novant'anni non vuol essere di scandalo ai più giovani, "con il pericolo che molti giovani si perdano per causa mia". Tanto meno salvarsi con una finzione, perché "non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell'Onnipotente" (Lett.). La sua fedeltà nasce dalla coerenza con se stesso che non vuole tradire una vita tutta fedele a Dio, fino al martirio. Lo esprime bene anche un altro vecchio, davanti al tribunale romano che lo invita a rinnegare il suo Dio; è il vescovo martire Policarpo di Smirne: "Sono ottantasei anni che lo servo e non mi ha fatto nessun torto. Come posso bestemmiare il mio Re, il mio Salvatore?" (Atti del processo). La storia della Chiesa è piena di questi eroismi, oggi più di ieri, se è vero che il secolo scorso ha contato la bellezza di 6,7 milioni di cristiani morti per la fede.

I motivi di tale coerenza eroica ce li espone san Paolo. "Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria" (Epist.). Si tratta di aver presente il destino eterno, "perché le cose visibili sono di un momento". La morte distruggerà "la nostra dimora terrena, che è come una tenda"; ma sarà solo un passaggio verso "una abitazione, una dimora eterna, nei cieli". Oggi "siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo e preferiamo" lasciare questo esilio "per abitare presso il Signore". Solo la certezza della risurrezione del corpo, così come è già avvenuta per Cristo, può dare senso pieno al nostro cammino verso la morte.

Certo oggi "gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste, purché siamo trovati vestiti" della grazia che il battesimo ci ha dato: "E' Dio che ci ha dato la caparra dello Spirito". L'attesa fedele - "camminiamo infatti nella fede e non nella visione" - e un po' la paura della morte, è il martirio di ogni giorno: "In questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati, ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita". Se il passaggio nel tunnel nero della morte non è evitabile, non ci resta che "essere pieni di fiducia e sforzarci di essere a lui graditi". Saprà lui, il Signore, dare con giustizia a ciascuno "la ricompensa delle opere compiute, sia in bene che in male".

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San Paolo esprime il sogno di poter evitare il trauma della morte. Come tutti noi, in segreto, speriamo. Anche Gesù lo ha chiesto: "Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice!" (Mc 14,36). Il disegno di Dio è altro. Ma ci fidiamo, vedendo a quello che è capitato all'obbediente Gesù.

 

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