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TESTO Quanto più sei grande, tanto più umiliati

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/08/2010)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Ci dice il Siracide, nel breve passo della prima lettura di oggi: "Figlio, nella tua attività sii modesto, sii modesto, sarai amato dall'uomo e gradito a Dio. Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore..."; un consiglio sapiente, tanto sul piano umano come in quello della relazione con Dio; a nessuno infatti è gradita la persona presuntuosa, arrogante e piena di sè, che non perde occasione per imporsi all'attenzione degli altri, che peraltro giudica inferiori a sè e perciò non meritevoli di considerazione. Ne conosciamo tanti: riempiono le cronache oggi come ieri, al tempo del Siracide, e al tempo di Gesù che, come racconta il passo del Vangelo di questa domenica: "era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo..."; ma, in realtà, era lui ad osservare il comportamento degli invitati, i quali facevano a gara per occupare i primi posti, una cosa che spesso accade quando, per avere lustro o visibilità, si fa a gomitate per superare gli altri, a costo di coprirsi di ridicolo, o anche di esser umiliati se i primi posti son riservati a persone più ragguardevoli. Gesù, come tante altre volte, aveva accettato l'invito a pranzo a casa di un fariseo, non una persona qualunque, ma un capo; lo aveva accettato come ne aveva accettati altri, ad esempio l'invito a casa di Levi, o a casa di Lazzaro, il fratello di Marta e Maria, come pure si era invitato a casa di Zaccheo; Gesù è presente e condivide ogni situazione umana, sia essa lieta o triste, e lì opera, lì insegna, aprendo l'orizzonte terreno e quotidiano dell'uomo a quello più alto del rapporto con Dio, che illumina e dà senso pieno a tutta l'esistenza.

Dunque Gesù prende parte a questo pranzo. Il Vangelo non ci dice se fosse un pranzo di nozze, anche se molti esegeti lo suppongono, o un pranzo come tanti; è un pranzo, cioè un'occasione felice di incontro e, in tutta la Scrittura, sappiamo che ha un importante valore simbolico; infatti, esso è segno di comunione, e non tanto a livello umano quanto in relazione a Dio: basti pensare alle parabole del Regno, paragonato ad un ricco banchetto di nozze per il figlio del Re.

Ora Gesù osserva quel che accade sotto i suoi occhi, forse è divertito per quell'eterna smania dell'uomo a primeggiare; o forse è pensoso, davanti alla stoltezza di chi cerca ad ogni costo di emergere, di scavalcare, di accaparrare, poco importa con quali mezzi e a quale prezzo; infatti, la corsa ai primi posti non riguarda solo un pranzo, ma tante e tante altre situazioni in cui, scavalcando il prossimo, ci si può avvantaggiare, sia economicamente, come nell'esercizio del potere.

"Figlio, nella tua attività sii modesto, sarai amato dall'uomo gradito a Dio. Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore..."; così ammoniva il Siracide, e Gesù aggiunge: "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai, con vergogna, occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".

"Chi si umilia sarà esaltato..."; non è certo una frase ad effetto, e Gesù lo sa bene: è lui, infatti, l'Umile per eccellenza, e Paolo ce lo insegna nel grande inno Cristologico, che recita: "Cristo Gesù pur essendo di natura divina... spogliò se stesso assumendo la condizione di servo... apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente... per questo Dio l'ha esaltato..."(Fil.2,6-11); ed è questa la gloria che conta, quella vera che non tramonta; ma è la gloria che, necessariamente, passa per la via dolorosa dell'umiliazione e della croce. Gesù lo sa e ad essa ci esorta mentre commenta, con una sottile ironia, il comportamento di quei commensali; sempre, infatti, il Maestro conduce gli uomini sulla via della Verità prendendo le mosse da un normale, quotidiano contesto di vita come quello che oggi il Vangelo ci descrive: un pranzo, occasione di fraternità, di amicizia e di gioia, che la superbia e l'egoismo possono trasformare e far degenerare.

Un pranzo, una cena, un banchetto: Cristo vi ha partecipato tante volte nella sua esistenza terrena, come ospite e come amico, come uomo e come Figlio di Dio redentore, lui che, nell'ultima cena della sua vita, ci avrebbe lasciato in dono se stesso, nel segno del pane e del vino: Corpo spezzato e Sangue versato per la salvezza di ogni uomo. Dietro ogni pranzo, e dietro ogni cena di cui il vangelo ci parla, infatti, si intravede sempre quell'ultima cena di Gesù, quella cena che possiamo rileggere nel racconto di Giovanni, il quale, in luogo della consacrazione del pane e del vino, ci parla del gesto sorprendente del Maestro che: "si alza da tavola, depone il mantello, e, preso un panno se lo cinge. Versa quindi dell'acqua nel catino, e incomincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli...".

Un gesto da schiavi che egli stesso commenta con queste parole: "Capite che cosa vi ho fatto? voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il maestro vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l'esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi..." (Gv 13,4-15). La grandezza dell'uomo, dunque, non è nel dominio sugli altri, ma nel servizio, nel dono di sè, nell'amore semplice e generoso che si piega sugli ultimi; la vera grandezza non è nel prevalere, ma nel sapersi abbassare, con umiltà ed amore, fino ai più piccoli; nel farsi dono gratuito per gli altri, ad imitazione del Cristo, che ha dato tutto se stesso per la salvezza e la felicità di ognuno.

La grandezza dell'uomo non viene dalla compagnia delle persone in vista, ma dalla apertura ai poveri, agli emarginati e a tutti coloro che, nella società, sembrano non contar nulla ma sono preziosi agli occhi di Dio; ed è per questo che Gesù esorta dicendo: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti". Ed è questa la vera gloria, quella grandezza autentica fatta di amore che, in Cristo, ci rende graditi a Dio e a Lui somiglianti.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it

 

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