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TESTO Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro

Ileana Mortari - rito romano  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/08/2010)

Vangelo: Lc 12,32-48 (forma breve: Lc 12,35-40) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Forma breve (Lc 12,35-40):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Il lungo brano del Vangelo si divide chiaramente in due parti. La prima (vv.32-34) prosegue e conclude il discorso sul distacco dai beni terreni, iniziato nel vangelo della scorsa domenica, e ribadisce che per il cristiano Dio deve avere il primato su tutto.

La seconda parte verte su un tema tipico della tradizione cristiana e di Luca: la vigilanza.

In che cosa consiste la vigilanza nei Vangeli e quali aspetti presenta?

Più volte ricorre nel Nuovo Testamento l'invito a vegliare, a vigilare, invito particolarmente presente nel 3° vangelo.

Luca infatti scrive in un momento in cui la venuta in gloria del Signore Gesù, ritenuta imminente nei primi tempi della comunità cristiana, risulta sempre più lontana, con il conseguente rischio di un affievolimento dell'attesa o addirittura della dimenticanza. Ebbene - viene detto attraverso le tre parabole del brano dette appunto "della vigilanza" - occorre essere sempre all'erta, pronti, come se il Signore potesse sopraggiungere da un momento all'altro.

La prima applicazione di questo discorso che viene in mente è alla parusìa, all'escatologia, cioè agli ultimi tempi, alla fine del mondo, che prima o poi accadrà e che comunque avviene per ogni persona nel momento della sua morte. E questa applicazione è certamente corretta: il cristiano deve essere pronto ad incontrare il Signore in qualsiasi momento e dunque a non rimandare indefinitamente il momento della riconciliazione con Dio.

Ma quel Regno di cui avverrà il compimento alla fine dei tempi non è lontano, di là da venire. Esso è già qui. "Il regno di Dio - dice Gesù sempre in Luca al cap.17, v.21 - è in mezzo a voi!", perché il Regno di Dio è già presente nella persona di Gesù. Non solo, ma dopo la sua ascensione, noi possiamo ancora e ugualmente nella nostra vita incontrare il Cristo e dunque il suo Regno: pur se quest'ultimo è nascosto, o poco appariscente (è spirituale!) e non clamorosamente manifesto nella sua gloria e maestà, come sarà nella parusia.

Ma allora l'attesa e la vigilanza assumono un'altra dimensione e un altro significato: non si riferiscono solo alla fine dei tempi, ma al presente, all'oggi, alla quotidianità.

Di conseguenza le parole di Gesù rivestono anche un valore di immediatezza e attualità; perché gli ultimi tempi sono già inaugurati, l'ora presente è già l'ora escatologica e la parusia sarà solo il compimento di realtà presenti e operanti fin d'ora.

E' adesso e per l'oggi che dobbiamo essere vigilanti, perché, se non ci attacchiamo a beni fallaci e alla falsa sicurezza che essi danno, il Signore ci visita, si fa riconoscere da noi e ci rende "beati", cioè felici veramente (cfr. il v.43).

"Chi segue Gesù da vicino viene educato, gradualmente, alla libertà del cuore, a non attaccarsi a nessuna di quelle cose che potrebbero distoglierlo dal suo compito: il guadagno, l'interesse, la carriera, le (eccessive) preoccupazioni personali. Con parole forti (quelle dei vv.33-35), Gesù ricorda questa necessità del cuore libero e distaccato" (C.M. Martini, L'evangelizzatore in San Luca", pag. 92).

v. 43: "Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro." Questo versetto riassume molto bene ed efficacemente il senso della vigilanza cristiana, che non è inerte attesa, ma attesa nella speranza, e la speranza a sua volta non è solo rivolta all'aldilà, ma è impegno a cambiare le cose nella storia, è un avanzare operosamente verso il compimento del Regno: qualsiasi sia il nostro lavoro (in casa, a scuola, in fabbrica, in ufficio), stiamo lavorando per il Suo regno; qualsiasi sia il nostro impegno nella comunità cristiana (catechista, lettore, centro d'ascolto, etc.), stiamo lavorando nella casa del Signore.

Se ripensiamo alla parabola letta nel vangelo di domenica scorsa (Luca 12, 16-21: il ricco stolto che costruisce enormi magazzini per contenere le sue ricchezze, ma poi muore), ne risulta una evidente contrapposizione alla figura del discepolo che sta in attesa del suo Signore "con la cintura ai fianchi e le lucerne accese" (v.36) e che è ancora sveglio e al lavoro all'arrivo del padrone.

Concludendo, possiamo allora dire che vigilare secondo il vangelo significa essere ben svegli (e non assonnati e superficiali), così da saper cogliere il senso di ciò che accade ed essere pronti a farne tesoro. Vigilare significa non lasciarsi influenzare o "incantare" da parole umane illusorie e promettenti, ma rimanere radicati alla Parola e metterla in pratica; vigilare significa impegnarsi nei vari ambiti, consapevoli che alla fine dei tempi nulla andrà perduto ma riceverà il suo compimento e la sua pienezza. Vigilare significa fare attenzione al proprio comportamento perché non vi si insinui lo spirito mondano, attento solo alle cose della terra e non a quelle del cielo, che ci toglie la libertà spirituale e la possibilità di essere davvero felici.

 

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