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TESTO Commento su Luca 12,13-21

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/08/2010)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di don Paolo Ricciardi

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Eccoci qui, all'inizio di agosto, al cuore dell'estate, tra il caldo insopportabile e la voglia di riposo, tra escursioni sui monti e gite al mare... Eccoci, dopo le domeniche del buon samaritano e della necessità della preghiera - tra l'affannarsi di Marta e l'ascolto di Maria - a sentirci interpellati su... denaro ed eredità.

In un tempo di crisi economica come questo, ben conoscendo il cuore di ciascuno di noi, provi ad alzare la mano chi non abbia mai discusso con qualcuno su questioni di soldi. E chi non abbia sperato di ritrovarsi, in un giorno di lutto, erede della ricchezza di qualcun altro. Purtroppo non sono rare le liti o i dissapori tra fratelli alla morte di un genitore a causa dell'eredità, né il finto interesse dei parenti al morente, per far tacere la coscienza e poter dire: "beh, comunque gli siamo stati vicini... ci meritiamo che pensi anche a noi".

Ed ecco che, come un temporale inaspettato nella calura estiva (che rende l'aria più calda invece di rinfrescare), giunge oggi il vangelo con la parola forte di Gesù sull'uso della ricchezza.

Il brano di oggi è inserito nel capitolo 12 di Luca, dove l'evangelista mette insieme una serie di detti di Gesù, rivolti ai discepoli e alla folla. Nel primo versetto del capitolo si dice che "si erano radunate migliaia di persone che si calpestavano a vicenda". È un'immagine chiara che esprime il gran numero di seguaci che ormai andava dietro al Maestro. Ma Gesù, attorniato da così tanta gente, si rivolge ai soli discepoli, invitandoli a guardarsi dal lievito dei farisei, cioè l'ipocrisia, per confessare apertamente la fede in Dio.

il discorso sulla ricchezza, invece, getta di nuovo lo sguardo su tutta la folla. È infatti di là che una voce di un uomo si alza per chiedere a Gesù di porsi, come giudice, tra quest'uomo e suo fratello per la questione dell'eredità. Gesù rifiuta di assumersi questo compito temporale: il denaro infatti non dà la vera ricchezza, non è fonte di vita. Questo della ricchezza è un tema ricorrente in Luca. Già Maria, povera figlia di Sion, aveva esaltato Dio che "ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote" (cfr. 1,53). Gesù, nel discorso delle beatitudini, aveva lanciato il suo primo "Guai" proprio ai ricchi "perché avete già la vostra consolazione" (6,24). Il vero credente è infatti il povero, colui che sa di avere bisogno di Dio. allo stesso modo sarà proprio il figlio minore, dopo avere sperperato tutta l'eredità del padre, a tornare a lui in estrema povertà, bisognoso dell'amore e del perdono. E sarà il povero Lazzaro ad entrare nel seno di Abramo a differenza del ricco che banchettava lautamente ogni giorno. Così Zaccheo rinuncerà alle sue ricchezze per iniziare una nuova vita da salvato. Bisogna guardarsi dalla cupidigia, perché la vita non dipende dai beni.

In questa linea si pone la parabola di oggi, ispirata al mondo agricolo. Il ricco che desidera arricchirsi sempre di più come ogni uomo avido sbaglia, fino a diventare "stolto" poiché si illude di assicurare la sua vita con il semplice possesso dei beni. Egli non tiene conto che la sua vita può finire da un momento all'altro.
A questo proposito bene si addicono le parole del Salmo 49:

"L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono".

Ma il senso della parola di Gesù è anche un altro: se sei nella ricchezza non pensare ad accumulare sempre più, ma inizia a donare sempre più. Il vero ricco non è colui "che ha" ma colui "che ".

Il tema del vangelo riprende le immagini presenti nel testo del Qoelet, libro sapienziale scritto da un saggio ebreo vissuto verso la fine del III secolo a.C. Nella ricerca del senso della vita, Qoelet avverte profondamente la "vanità di tutto", cioè l'inconsistenza e l'incomprensibilità della vita e delle cose. Il termine "vanità" - in ebraico hevel - potrebbe essere tradotto con "soffio" e ha assonanza con il nome di Abele, anch'egli soffio di vita, esistenza troncata in un attimo dall'invidia di Caino. La vita infatti è un soffio e anche tutto il lavoro compiuto da un uomo avrà una fine. Se non volgiamo lo sguardo oltre, verso Colui che mantiene in vita tutte le cose, la nostra esistenza ci risulterà sempre un soffio privo di senso.

Sicuramente la parola di oggi getta una luce su tante situazioni attuali, in una società sempre più basata sul denaro e sulla ricchezza, che sembrano aprire ogni porta. Il "possedere sempre di più" è una delle aspirazioni più comuni dell'uomo di ogni tempo, ancor più dell'uomo contemporaneo. Ci deve far riflettere ad esempio la "malattia del gioco" che sempre più rovina la vita di tante persone, giovani e anziane, "impegnate" più di una volta a settimana a "dare i numeri" del superenalotto o a "grattare" per vincere, senza rendersi conto di perdere oltre ai soldi la propria dignità. Per grazia di Dio ci sono stati nella storia - ma ci sono anche oggi - tanti santi che, lontani da ogni cupidigia, si sono abbandonati alla provvidenza senza timore di restare delusi. Non a caso il vangelo di Luca continua con il discorso sulla provvidenza e sul tesoro e il cuore.

Chi sceglie Dio è il vero ricco, perché non fa dipendere la vita da ciò che ha, ma da ciò che è, e cioè un figlio di un Padre ricco in misericordia. Pensiamo a Francesco, che ha voluto sposare Madonna Povertà per acquistare il vero tesoro di Dio. Spogliato delle sue vesti si rivolge al padre Pietro di Bernardone dicendo: "Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza". Pensiamo anche a tante persone che conosciamo, di cui sappiamo che non hanno chissà che conto in banca, ma che vivono nella gioia di accontentarsi di ciò che hanno, facendo leva sulla ricchezza dell'amore. E' la "divina spensieratezza" che rende gli uomini liberi di amare Dio e il prossimo.

La risposta positiva all'ansia che suscita la Parola di oggi ci viene data dall'apostolo Paolo. Noi siamo risorti con Cristo: ecco il senso splendido della nostra esistenza. Siamo chiamati, con lui, a guardare in alto, a sollevarci dalle vuote occupazioni della terra per scoprire il tesoro che ci attende nei cieli. Occorre lasciare l'uomo vecchio e rivestirci del nuovo, riscoprendo nel battesimo la fonte di vita. Grazie al battesimo infatti siamo uniti in Cristo, non ci sono più divisioni e Lui è tutto in tutti. Rinnovandoci ad immagine di Dio possiamo rivestirci della vera ricchezza.

 

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