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TESTO Insegnaci a pregare!

don Roberto Seregni  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/07/2010)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

I discepoli non erano certo degli sprovveduti nell'esperienza della preghiera, eppure sentono il bisogno di chiedere a Gesù: "insegnaci a pregare". Sono convinto che i dodici erano profondamente colpiti dall'intensità della preghiera del Rabbì. Mi immagino i loro sguardi affascinati mentre il Maestro saliva sul monte a pregare. I dodici l'avevano intuito: da quel rapporto unico e speciale con il Padre è scaturita quell'unica preghiera insegnata dal Rabbì, che oggi la liturgia ci offre nella versione lucana.

Vorrei attirare la vostra attenzione sulla parabola che oggi la liturgia ci propone, perché ci fa entrare nell'esperienza della relazione con il Padre così come il Figlio l'ha insegnata ai suoi discepoli.

Prima di tutto bisogna dire che il personaggio centrale non è l'amico che bussa, ma quello che si alza. Il centro della parabola non è un invito all'insistenza, ma la certezza di essere ascoltati. La perseveranza, secondo il Vangelo, non è frutto di ascesi mistica o di forza di volontà, ma della certezza che il Padre ci ascolta e ci accoglie.

Ecco un atteggiamento fondamentale dello "stile" della preghiera insegnato da Gesù: pregare è stare davanti ad un Padre, ad un interlocutore amorevole, attento, disponibile. La preghiera del discepolo ha bisogno di perseveranza, di quotidianità. Le grandi abbuffate in occasioni speciali (prima degli esami, per un appuntamento importante...) servono a poco. O forse a niente.

Gesù invita alla perseveranza, a dedicare ogni giorno un tempo all'incontro con Lui e con la Sua Parola, con la certezza di essere ascoltati. Sempre.

Qualcuno si potrebbe chiedere: ma se Dio è un Padre che ci ascolta sempre, perché non otteniamo ciò che chiediamo?

La domanda è legittima e complessa, ma forse basta intuire che a volte Dio non ci dona quello che chiediamo, perché le richieste che facciamo non sono per la nostra felicità. Noi ci illudiamo e ci convinciamo che sia così, ma Dio sa bene cosa ci rende felice (ci ha creato Lui!) e cosa è solo un imbroglio. Lui ascolta, aspetta, educa il nostro cuore a desiderare e chiedere secondo le sue promesse.

Animo, fratelli! Lasciamoci plasmare dalla Parola di Gesù, impariamo da Lui a stare davanti a Dio, a fare l'esperienza della Sua presenza, a concedere spazio all'ascolto dello Spirito e a chiedere in tutta umiltà: "Signore, insegnaci a pregare!".

Buona settimana
don Roberto
robertoseregni@libero.it

 

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