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TESTO Chiamarsi o essere cristiani?

mons. Antonio Riboldi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/08/2003)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Credo che tutti noi, interrogandoci seriamente sul nostro rapporto con Dio e quindi in che consiste realmente il nostro "credere" in Lui, sentiamo un forte disagio. E' come se ci trovassimo a volte di fronte ad una verità; la convinzione che la nostra vita non è solo dono di Dio, ma ha senso se "vive di Dio", eppure a volte ci sembra che credere sia un vivere alla superficie della fede, senza una vera anima che la faccia "vita". Affermava una volta Gandhi, che di fede era un vero testimone, anche se non professava la nostra fede cristiana: "Il cristianesimo è come una meravigliosa sorgente, purissima sorgente di acqua che dà vita a ciò che tocca o incontra: ma i tanti cristiani che incontro, assomigliano per la loro incoerenza a delle pietre immerse nel torrente (come di fatti sono stati immersi nella fonte battesimale), però l'acqua li bagna alla superfiche, lasciando totalmente asciutto l'interno ed è come se giovasse a nulla".

Tutti chiediamo il battesimo...ma che rimane di questa rinascita, che dovrebbe farci entrare in una realtà di vita, quella tutta permeata dall'amore di Dio come afferma Gesù oggi? "Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

Ci accorgiamo noi pastori, al momento della preparazione dei piccoli alla Prima Comunione, ci accorgiamo tante volte che arrivati a quel "mistero della fede", immenso, che deve diventare la proclamazione continua della Pasqua, a volte sono digiuni di ogni nozione di fede...come non fossero stati battezzati. Con la dolorosa sorpresa che, dopo la grande festa della Prima Comunione, sono pochi quelli che ritornano e continuano la festa con l'Eucarestia.

E così è della Cresima, che tanti parroci definiscono "l'addio alla Chiesa e all'oratorio". E potremmo continuare con lo stesso discorso per il matrimonio e tutto ciò che riguarda la nostra vita con Dio.

"Il S. Padre, nella sua enciclica Chiesa in Europa, con rammarico e coraggio scrive: "Tanti europei contemporanei pensano di sapere che cosa è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali di fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se Dio non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, specialmente attraverso le pratiche del culto, ma ad esse non corrisponde una reale accoglienza del contenuto della fede e una adesione alla persona di Gesù. Alle grandi certezze della fede è subentrato un sentimento religioso vago e poco impegnativo; si diffondono varie forme di agnosticismo e di ateismo pratico che concorrono ad aggravare il divario tra la vita e la fede: diversi si sono lasciati contagiare dallo spirito di un umanesimo immanentista che ne ha indebolito la fede, portandoli sovente ad abbandonarla completamente; si assiste ad una sorta di interpretazione secolaristica della fede cristiana che la erode ed alla quale si collega una crisi della coscienza e della pratica morale cristiana." e si chiede: "Il Figlio dell'uomo quando verrà, troverà ancora la fede sulla terra?" EEn.47

I Vescovi italiani, nel catechismo "la Verità vi farà liberi", incalzano il concetto "Occorre liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo: occorre essere sinceri e onesti con se stessi. E' necessario prendere sul serio le grandi domande che ognuno di noi si porta dentro: chi sono? da dove vengo? dove sto andando? E ancora: la realtà è assurda o intelleggibile? La vita è un dono, un destino cieco o un caso? perché questa sete di Dio nessuna conquista riesce ad estinguere? che cosa posso sperare e che cosa devo fare? Se vengo dal nulla e vado verso il nulla, sembra proprio che ci sia nulla da sperare e nulla da fare, se non lasciarsi andare alla deriva.

Se invece vengo dall'Amore infinito e vado verso l'Amore infinito, ecco che mi si apre davanti un cammino, difficile forse, ma pieno di significato...Indifferenza, edonismo e attivismo non sono una soluzione, ma una evasione irresponsabile. "Chi ha sete, dice l'Apocalisse, venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita" (CdA, 8)

Quando Gesù apertamente parla di una fede che non è più un "credere solo, ma è un misteriosamente entrare nella vita di Dio e con Dio, con quelle affermazioni che conosciamo: "Io sono il pane disceso dal cielo", i discepoli stessi non riuscirono a trattenere la loro contestazione. Non andava proprio giù che Lui, Dio, entrasse così nella nostra vita da diventare "pane che sostenta la vita dello spirito". Potevano accettare il fatto storico della manna che Dio mandò dal cielo a sfamare i loro antenati nel deserto.

Ma era sempre un "pane" che sfamava il corpo. Ma affermare con autorità "Io sono il pane disceso dal cielo" portava il discorso non più alla vita corporale, ma alla vita dello spirito che è quella che contava e conta davanti a Dio; era il discorso di un Amore che non ti dà una mano, ma si fa vita della tua vita. IL DISCORSO DI UN DIO CHE QUANDO AMA SI DONA.

C'era proprio bisogno che Dio venisse tra di noi solo per darci una mano in questa vita terrena senza andare oltre?

Lui vuole essere vissuto, come del resto è proprio nella natura dell'amore. Ma come? Piace riportare una pagina di un grande maestro dello spirito quale era fratel René Voillaume, dei piccoli fratelli di Gesù.

"Ci sono giorni in cui percepiamo con acutezza sconcertante di condurre una doppia vita: quella che ci è imposta da tutto il nostro essere di carne "la vita", senza più. La sola che abbia un senso presso la massa degli uomini. Questa vita quotidiana è fatta di tutte le sensazioni, i rapporti sociali, i sentimenti, i godimenti di ogni specie che costituiscono la trama psicologica della nostra esistenza personale e colorano ogni nostra giornata con molte gioie e pene.

E poi c'è l'altra, quella che ci imponiamo in nome della nostra fede nelle realtà invisibili ed in nome della nostra coscienza morale. Questa seconda vita in certi momenti ci pare quasi irreale, arbitraria, poiché in definitiva è sospesa ad una libera decisione della nostra volontà, così spesso ricoperta e soffocata dalla invadente foresta vergine delle impressioni e dei sentimenti estemporanei...Le rare ore di verità e di unità sembra siano quelle in cui la pace e la calma purificata dei sensi si armonizzano con le esigenze dello spirito e della fede...Questo sentimento abituale di condurre una doppia vita non deve meravigliarci. Non è in nostro potere fare sparire tale sentimento che pure ci mette a disagio e qualche volta lascia in noi l'impressione di non aver saputo scegliere..Per il nostro equilibrio, non solo religioso ma psicologico, è essenziale mantenere in noi un giudizio di valore su questa duplice corrente della vita. Abbiamo scelto di vivere secondo lo spirito e la fede, ma tale scelta non è mai definitiva: essa deve essere mantenuta mediante una certezza acquisita dalla superiorità della vita secondo Dio" (Dalle lettere ai nostri fratelli)

E' un prezioso suggerimento di come non vivere come se Dio non ci fosse, magari fregiandoci del nome di cristiani, ma sapendo conciliare vita e fede.

E che la fede a volte metta a dura prova lo dice il brano di Elìa.

"Elìa si inoltrò nel deserto una giornata di cammino (stava fuggendo) e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire disse: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri".

Si coricò e si addormentò. Ecco un angelo lo toccò e gli disse: "Alzati e mangia" Guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio di acqua. Mangiò, bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: "Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino". Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb" (1° RE 19,4-8)

E se bastò una focaccia cotta con le mani di un Angelo per permettere ad Elia di camminare 40 giorni fino al monte del Signore...quale forza può dare "il pane disceso dal cielo? E' giusto interrogarci.

Antonio Riboldi - Vescovo

E-Mail: riboldi@tin.it
Internet: www.vescovoriboldi.it

 

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