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TESTO Commento su Luca 10,38-42

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/07/2010)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Rocco Pezzimenti

1. Questo brano è sicuramente uno dei più discussi di tutta la storia del cristianesimo. Se non fosse per le parole del Signore, "Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta", la sua azione sarebbe, forse, stata messa almeno sullo stesso piano di quella di Marta. Eppure il Cristo, durante tutta la sua vita, ci ha mostrato come solo un amore fattivo e non un vago sentimentalismo, caratterizza la vera carità. Nei discorsi sul giudizio finale, nelle parabole e nel suo stesso agire, ha sempre mostrato come la concretezza del servizio sia l'essenziale per quanti lo vogliono imitare. Marta, insomma, sembrerebbe la figura che ha scelto la parte migliore.

2. La sua affermazione, però, è così chiara che non può lasciare dubbi. A ben vedere insegna qualcosa anche a noi oggi. In una realtà dove il fare, l'agire, spesso per apparire, contano più di tanto altro, Gesù ci mostra come l'attività fine a se stessa può perdere tutto il suo valore quando non è indirizzata al vero senso della vita. Non a caso nei secoli si è parlato di "devozione attiva". Azione sì, ma non attivismo o smania di fare, azione sì, ma nell'ascolto del Signore e con l'intento di sparire per far apparire la sua gloria e il suo regno. È rivolto anche a noi l'invito a ricercare ciò che non ci può essere tolto, presi come siamo dal fascino effimero delle cose che passano.

3. L'ascolto è il desiderio di sapere le cose di Dio, di essere istruiti sulle sole cose che contano veramente. Come siamo scarsi in questo desiderio! Maria non costituisce un invito all'ozio, ma uno stimolo a quello che dovrebbe essere il fondamento di tutte le azioni che hanno senso solo se sono orientate a Dio. Quanta religiosa attenzione noi mettiamo in quello che facciamo? La parola di Dio è il vero seme della vita e se entra nella nostra attenzione fruttifica perché è la vita stessa che entra in noi. In Maria dobbiamo vedere il bisogno di essere colmati dalla sapienza di Dio e, poi, la necessità di obbedire a quello che ci viene insegnato.

4. Mettersi in ascolto con l'intento che ci raccomanda San Paolo nella sua odierna lettera. "Dio volle far conoscere quale fosse la splendida ricchezza di questo mistero". Si tratta, però, di una ricchezza che solo ascoltandolo possiamo percepire, poi gustare, infine trasmettere. Per far questo non possiamo sempre agitarci, correre in modo frenetico e, spesso, nevrotico. Quello è il modo per non vedere i reali bisogni di chi ci sta vicino e, quindi, per non ascoltare Dio.

5. Questo ascolto è la parte migliore. È ancora San Paolo a dirci che solo in questo ascolto il Signore istruisce "ognuno in ogni saggezza, per rendere ciascun uomo perfetto in Cristo". E questa non può che essere, effettivamente, la parte migliore, quella che nessuno potrà mai toglierci. Quella che può essere invidiata da altri, ma quella che veramente testimonia perché non presenta al prossimo noi stessi, ma il Cristo.

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Sr. Piera Cori

Penso che, chi più chi meno, troverà ogni giorno sul suo PC richieste di amicizia.

Nel continente tecnologico le amicizie sono numerose, si contano in cifre con uno o più zeri e fanno sentire la persona in relazione con tanti. Si conosce dell'altro ciò che l'altro vuole rivelare di sé, in modo che, scelte mirate, attirino "amici".

La liturgia di questa domenica ci parla di relazioni, di incontri, di amicizie.

Abramo il patriarca nomade, che accoglie tre pellegrini. È l'ora più calda del giorno, sottolinea il testo biblico, è l'ora del riposo, quando il popolo nomade con i loro armenti si concede una sosta, perché il caldo è così forte da rendere praticamente impossibile qualsiasi attività. Ma l'arrivo di questi personaggi misteriosi, mette Abramo e tutta la sua casa al lavoro per offrire un'accoglienza degna agli ospiti inattesi.

Per i beduini del deserto, quella dell'ospitalità era una come una legge, scritta nel dna della loro esistenza. La Bibbia in molte pagine sottolinea l'importanza e il valore dell'ospitalità. L'autore della lettera agli Ebrei, ad esempio, raccomanda ai suoi interlocutori l'ospitalità sottolineando che "alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Ebrei 13,2), per dire hanno accolto Dio stesso, oppure è stato loro rivelato il volere di Dio, la sua volontà.

Abramo vive proprio questa esperienza. Al termine del ricco banchetto che lui, la moglie Sara e i servi preparano, i pellegrini annunciano la realizzazione della Promessa entro l'anno per mezzo del figlio-dono di Dio.

Ecco: il progetto-speranza si realizza, la promessa va avanti compiendosi concretamente.

JHWH, il Dio dal nome impronunciabile, ama definirsi come il Dio del nome proprio della persona che crede in lui. Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco il Dio di Giacobbe.

Dio dei nomi propri il Dio della bibbia che ama farsi incontro, ri-velarsi, mostrarsi, essere accoglienza e sentirsi accolto.

È il Dio della comunione, della comunicazione. Dio del dialogo e dell'ascolto, Dio del silenzio e della parola.

Non un'idea, una conoscenza vaga di Dio, ma l'incontro con Lui, l'ascolto e il dialogo distinguono l'uomo di fede.

Perché la fede è incontro. Incontro di presenze "altre", di sguardi "altri", è incontro di miseria e di perdono, di morte e di vita.

Nel vangelo di oggi, troviamo un'altra storia di accoglienza e di ospitalità. Gesù in cammino verso Gerusalemme, si ferma a Betania. Il Gesù che Luca ci propone nel suo Vangelo è un viandante, nomade ma mai vagabondo, pellegrino verso la meta ultima: Gerusalemme, meta in cui offrirà se stesso per amore dell'intera umanità.

Sulla strada parla di Regno, di tempi nuovi che in lui trovano compimento. Lungo la strada cerca fratelli e sorelle che siano disposti ad accogliere il gioioso annuncio. Saranno loro a tracciare insieme a lui questo nuovo sentiero verso il regno delle beatitudini.
Viandante, il Cristo, viene accolto nella casa di Marta.

Ma è la sorella Maria che, lasciati gli affanni, si mette ai suoi piedi, in ascolto del maestro, come discepola attenta e accogliente, perché è nell'ascolto di questo "ospite" che si cresce, che si impara ad avere occhi nuovi e nuova mentalità. E' nell'accoglienza del "diverso" per eccellenza che si diventa fecondi capaci di dare "Vita" proprio come Abramo e Sara, si diventa capaci anche nell'ora più calda (l'ora del disagio) di offrire e accogliere l'ospite inatteso. Si diventa liberi al punto tale da lasciare tutte le occupazioni per dare il primato a chi pellegrino bussa alla nostra porta.

 

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