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TESTO Gesù Cristo, figlio di Davide

don Romeo Maggioni  

IX domenica dopo Pentecoste (Anno C) (25/07/2010)

Vangelo: Mt 22, 41-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,41-46

41Mentre i farisei erano riuniti insieme, Gesù chiese loro: 42«Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide». 43Disse loro: «Come mai allora Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo:

44Disse il Signore al mio Signore:

Siedi alla mia destra

finché io ponga i tuoi nemici

sotto i tuoi piedi?

45Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». 46Nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo.

Davide ha un posto importante nella vicenda di Israele e quindi nella storia della salvezza. Gesù è il "discendente di Davide", cui "il Signore Dio darà il trono di Davide suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33). Conoscere la figura di Davide è collocare la figura di Gesù nel suo contesto messianico e per poterne capire pienamente la signoria specifica: "Come mai Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore?".

1) LA FIGURA DI DAVIDE

La scelta di Dio è di rivelarsi dentro la vicenda umana. A partire da Abramo s'è alleato con un "amico" e la sua discendenza, con Mosè e un popolo fatto "sua proprietà particolare" (Es 19,5), scegliendo poi Davide per strutturare una nazione preparata a riconoscere quel "Figlio, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore" (Rm 1,3-4). Tra le prefigurazioni del Messia, assieme alla funzione sacerdotale e quella del Servo Sofferente di Isaia, v'è il filone regale ad annunciare il definitivo "re dei Giudei" (Mt 27,37) come - da pochi - viene riconosciuto nella sua entrata ufficiale in Gerusalemme il giorno delle palme: "Dite alla figlia di Sion: ecco a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma... Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (Mt 21,5.9).

Di Davide conosciamo la scelta fatta dal profeta Samuele. Era il più piccolo dei fratelli, "fulvo, con begli occhi e bello d'aspetto"; un ragazzino destinato a fare il pastorello. "Disse il Signore: Ungilo, è lui!" (lett.). Non fu scelto il maggiore: "Non guardare al suo aspetto e alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore". Dio sceglie "quello che è debole per il mondo per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, per ridurre al nulla le cose che sono" (1Cor 1,27-28). La Madonna dirà: "Ha guardato l'umiltà della sua serva: grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente" (Lc 1,48-49). Paolo si sentiva l'ultimo degli apostoli, come un aborto (cf. 1Cor 15,8), ma diceva: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui" (1Tm 1,15-16). Dove è detto il perché della scelta anche di Davide, pur grande peccatore anche lui!

Di Davide conosciamo poi l'episodio di Golia, altro emblema dell'uomo di Dio. "Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l'asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti.. Tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele" (1Sam 17,45-46). Anche Paolo sentiva tutta la sua fragilità e impotenza di fronte al grande compito dell'annuncio del vangelo. Se ne lamentava, ma "il Signore mi ha detto: Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo; infatti quando sono debole, è allora che sono forte" (2Cor 12,9-10). Il che spiega come "il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20,28).

2) LA REGALITA' DI CRISTO

"Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù" (Mt 1,20-21). E' tramite Giuseppe, "che apparteneva alla casa e alla famiglia di Davide" (Lc 2,4), che Gesù riceve l'eredità messianica legata alla regalità di Davide e a tutte le sue promesse. Anche Maria era della stirpe di Davide, della tribù di Giuda (cf. Eb 7,14). L'incarnazione del Figlio di Dio si inserisce quindi nella catena fisica della trasmissione della vita col prendere posto in quella genealogia che Luca fa risalire fino ad Adamo (cf. Lc 3,23-38). "Figlio di Davide" era il nome proprio del Messia, e tutto il vangelo lo attribuisce a Gesù.

Ma questo discendente di Davide ha un destino ben superiore a Davide. Lo attesta Pietro: "Dice infatti Davide: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra. Ma Davide non salì al cielo. E' Cristo invece che Dio ha risuscitato e innalzato alla sua destra" (At 2,32-34). Questo vuol insinuare Gesù: "Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?". Figlio di Davide nella generazione umana, ma ben più che Davide come Messia, erede di quella regalità conquistata sulla croce e nella risurrezione. Proprio sulla croce c'era il titolo di questo discendente di Davide: "Costui è Gesù, il re dei Giudei" (Mt 27,37). Un re che regna dalla croce è lo spettacolo (cf. Lc 23,48) ultimo che Dio ha voluto mostrare di Sé, "perché Dio è amore" (1Gv 4,8). Il Messia, in sostanza, è sì figlio di Davide per la sua provenienza terrena; ma è Kyrios, il Signore, dall'alto, per la sua missione.

Di Davide si dice: "riusciva in tutte le sue imprese perché Dio era con lui" (Lett.). E' il segreto ben più profondo della riuscita di Gesù nella sua battaglia contro il golia-satana. La libera sintonia col Padre espressa al Getsemani, non era che la rivelazione di una comunione, anzi di una consostanzialità che c'era in Gesù come Figlio di Dio: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30). Per questo Paolo invita ad una medesima tenace obbedienza al Padre se vogliamo godere della regalità ottenuta da Gesù: "Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo" (Epist.). Allora: "Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide" (Epist.).

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"Se siamo infedeli, lui rimane fedele perché non può rinnegare se stesso" (Epist.). Il Salmo 88, datoci oggi come Salmo responsoriale, rievoca tutta la fedeltà di Dio: "Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo; con il mio santo olio l'ho consacrato. Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele". Il Signore è fedele per sempre! E' l'unica nostra grande serenità del cuore!

 

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