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TESTO Dalla fiducia alla preghiera

padre Gian Franco Scarpitta  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/07/2010)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Sodoma e Gomorra sono etichettate tutt'oggi come simbolo del peccato e dell'infedeltà per essere state insensibili ai comandamenti del Signore. In un vivace racconto del libro della Genesi (cap. 19) se ne descrive la distruzione totale in seguito all'intervento punitivo di Dio. Solo la famiglia di Lot si salverà fuggendo nella vicina città di Zoar. Intanto però adesso, nel capitolo dello stesso libro della Genesi che riguarda la Prima Lettura di oggi, viene descritta l'intercessione di Abramo verso il Signore e i suoi angeli: mentre questi osservano la città di Sodoma dall'alto con il serio proposito di votarla inesorabilmente allo sterminio, il grande patriarca simbolo della fede, che la scorsa settimana avevamo visto accogliere e rifocillare i suddetti ospiti, fa notare al Signore che in quella città potrebbero esservi alcuni giusti. Forse non costituiranno una gran moltitudine rispetto all'intera popolazione di Sodoma, forse formeranno una sparuta minoranza insignificante nell'ordine delle cinquanta, quarantacinque, trenta o dieci unità, ma si tratterà sempre di persone giuste che appunto per la loro condotta controcorrente rispetto a quella di tutti gli altri saranno state costrette magari a vivere sottobanco, nel silenzio, in preda alla discriminazione sociale e agli sberleffi; forse questi pochissimi sodomiti non avranno avuto modo di emergere o di farsi notare perché soffocati dalla Sodoma disonesta che - si fa per dire - è quella "che conta", ma certamente avranno perseverato nella rettitudine e nella perfezione morale e pertanto adesso non meritano di essere coinvolti nello sterminio.

Questo episodio dell'intercessione di Abramo ma fa ricordare un particolare evento che mi riguardò assieme ad altri compagni, quando frequentavo il liceo classico.

In una determinata circostanza avvenne che tutti gli studenti dell'istituto si organizzarono improvvisamente per accalcarsi davanti alla porta di ingresso del liceo con l'intenzione di realizzare il cosiddetto "sciopero" motivato da pretesti insignificanti. Si decise insomma di non entrare in classe per le lezioni.

Considerando che in fondo quella giornata di assenteismo improvviso era banale e insignificante, il sottoscritto, assieme ad altri quattro o cinque ragazzi di diversi corsi, decidemmo di sgomitare fra la folla per entrare in aula regolarmente: facemmo ingresso in istituto mentre tutti gli altri realizzavano il loro intento di saltare le lezioni.

La mattina seguente il preside, mostrando tutto il suo disappunto per quella vacanza abusiva che si erano concessi quasi i manifestanti, comunicò che avrebbe inviato a tutte le famiglie degli assenteisti una lettera di deplorazione e di rimprovero. Io pensai che non sarei stato raggiunto da codesta comunicazione epistolare, visto che avevo presenziato in aula; eppure avvenne che anche la mia famiglia ricevette quella lettera di biasimo rammaricato. Pur essendoci state tutte le possibilità di poterlo fare (per esempio i registri), non ci si preoccupò di verificare se, fra tutti gli altri, non vi fossero stati pochissimi alunni dotati di buon senso, ai quali non andava inviato il rimprovero scritto.

Messo a raffronto questo episodio con quello dell'intercessione di Mosè, rifletto moltissimo sulla differenza fra i parametri di giustizia propri dei tribunali umani e il procedere di Dio nel dare a ciascuno secondo i suoi meriti; fra la superficialità di giudizio nei calcoli dell'uomo e la precisione con cui Dio giudica non senza considerare il suo amore e la sua misericordia. Davvero in Dio la misericordia ha la meglio sul giudizio (Gc 2, 13) poiché a differenza che negli uomini da parte di Dio c'è sempre quella disposizione a bizantineggiare nei particolari anche minimi pur di rendere giustizia in senso pieno secondo l'ottica dell'amore e dell'equità per cui Egli sarebbe disposto a risparmiare dallo sterminio un''intera città PER RIGUARDO a quelle poche decine di giusti che non meritano punizione alcuna. Nulla infatti impedirebbe a Dio di demolire quella città provvedendo simultaneamente a salvare la vita di quei pochissimi probi (come di fatto è avvenuto con Noè e avverrà pure a proposito di Lot) provvedendo al meglio per la loro sopravvivenza, eppure si astiene dai suoi propositi drastici come forma di rispetto per loro; in altre parole, l'atteggiamento umile e dimesso di onestà da parte di quelle pochissime persone merita che l'intera città, nonostante i suoi demeriti, venga momentaneamente salvata e Dio considera la sola bravura di pochi uomini perché un intero popolo non venga punito. Non solamente risparmia la vita ai pochi giusti, ma realizza che per merito loro l'intera popolazione sodomita non venga distrutta.

Questo episodio riafferma la realtà della misericordia di Dio che a differenza di quel preside e di tutti gli altri uomini si china in mezzo al popolo se vedere se esista un giusto da ricompensare piuttosto che attuare accanite strategie di vendetta per punire i reprobi e i malvagi, e allo stesso tempo sottolinea l'importanza della preghiera come atto di fiducia nei confronti di Dio Padre: la certezza di un Dio amore atto al perdono e alla riconciliazione anziché alla punizione deve ingenerare la fiducia e disponibilità filiale all'orazione libera e spontanea considerando che Dio come Padre non mancherà di intervenire a nostro riguardo, anche se non sempre il suo intervento sarà immediato. La preghiera è la risorsa fondamentale del nostro vivere forti di una dimensione di spiritualità e di pienezza che è la chiave di volta dei problemi del nostro quotidiano, ma la preghiera non sarà mai possibile se non si assume consapevolezza fiduciosa in chi certamente ci ascolta.

Pregare non esclude che possiamo domandare grazie e benefici per noi stessi e per gli altri poiché anche questa è una dimensione importante dell'orazione che ci aiuta a riconoscere il nostro stato di dipendenza filiale da Dio come Provvidenza e fautore di doni; ma come indica la seconda parte della preghiera del Padre Nostro si richiede che noi domandiamo l'essenziale per la nostra sussistenza (Dacci oggi il nostro pane quotidiano), che pur esponendo le nostre specifiche richieste ci si affidi alla Sua paterna assistenza onnipotente e soprattutto che non si instauri una sorta di pretesa magica per la quale debba risultare automatico che si ottenga quello che chiediamo e alle nostre condizioni; il che potrebbe sfociare nell'idolatria. San Giacomo ammonisce che tante volte la nostra preghiera non trova esaudimento perché illecito è il nostro chiedere: "Chiedete e non ottenete, perché chiedete male, ossia con l'intento di dilapidare", animati cioè da meri egoismi e arrivismi personali e una siffatta orazione che piega Dio alla nostra volontà costringendolo ad eseguire solo ed esclusivamente e nelle misura da noi pretesa le nostre richieste non potrà mai essere accolta né gradita.

Certamente ogni preghiera andrebbe rivolta direttamente a Dio, e sarebbe assurdo e ridicolo non considerare il Signore come il principale agente di ogni grazia e di ogni favore da noi necessitato. Come pure assurdo e immotivato sarebbe il non rivolgerci spesso a Lui, che nello Spirito Santo interviene anche sulle modalità concrete più adeguate alla nostra orazione.

Sempre l'episodio genesiaco relativo a Sodoma e Gomorra ci ragguaglia tuttavia della legittimità della preghiera di intercessione, quella per la quale noi chiediamo ad altri che vengano rivolte al Signore le nostre intenzioni di preghiera: come Mosè intercedette per il popolo di Israele quando Dio era intento ad annientarlo in seguito del turpe peccato della prostrazione al vitello d'oro; come Abramo intercede ora per risparmiare la città di Sodoma a motivo di pochi elementi buoni, così vi è anche chi è pronto ad intercedere presso Dio tutte le volte che ci poniamo in orazione per il semplice motivo che vive in pienezza, dopo tanti meriti terreni, la dimensione di gloria divina e gusta con maggiore esaltazione la familiarità benevola del Signore. Stiamo parlando dei cosiddetti Santi, che per aver imitato il Cristo alla perfezione nella loro vita terrena con l'esercizio di molteplici virtù e di provate capacità di fede e di eroismo, adesso godono di proporzionati favori divini davanti all'Altissimo. Essi nulla tolgono all'onnipotenza con cui Dio stesso potrebbe intervenire a nostro vantaggio e non smentiscono in alcun modo che noi possiamo essere ascoltati dallo stesso Signore nelle nostre richieste di grazia; tuttavia la stessa misericordia del Padre rende possibile che loro possano essere per noi intercessori presso Dio.

Quello che si dovrebbe chiedere ai Santi è che essi ci ottengano da Dio quella disposizione di spirito per la quale noi - appunto- nulla anteponiamo alla sua grandezza e onnipotenza e per la quale siamo capaci di estemporanea fiducia innanzitutto nei suoi confronti e soprattutto quel fervore che ci consenta di raggiungere, sul loro esempio, lo stesso traguardo di santità.

 

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