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TESTO Commento su Luca 10,1-12 .17-20 (forma breve: Luca 10,1-9)

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/07/2010)

Vangelo: Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Un altro mondo. È quello in cui vivono i santi, rispetto al nostro che crediamo il solo possibile. Quello ha Dio come signore e padre e tutti semplicemente fratelli; il nostro, invece, si mostra sempre meno come il giardino dell'inizio, mentre la lotta a sopraffarsi pare una tara ereditaria. I santi sono semplicemente i discepoli-operai della vigna del Signore, donne e uomini di ogni tempo e luogo, così come li ha voluti il Maestro: non si presentano come single, ma come piccole comunità vive, vere famiglie "dove due o tre"; somigliano agli agnelli, piuttosto che ai lupi; non li riconosci dalla borsa (sono portavoce, non portaborse), ma dai piedi impolverati e dalle mani callose di servizio; lì dove mettono piede e cuore, portano e lasciano la pace che prima hanno ricevuto; condividono il pane e il vino della mensa che li accoglie.

"Quelli di Cristo", i cristiani, trovano case che li accolgono e case che non li accolgono; in conto hanno messo anche il disprezzo. Sono tutti missionari: settantadue sta per moltitudine, dice la missione evangelica in proporzione universale, al di là dei confini di Israele; perciò la messe è sterminata, ben più ampia delle folle dinanzi a Gesù. I discepoli, soprattutto, si riconoscono perché guariscono i malati, di dentro e di fuori, e cacciano i demoni, senza rimanerne avvelenati. Tutta la paga dei discepoli è nella gioia di esserlo e di appartenere non tanto a questo, quanto a un altro mondo, appunto.

Essere come agnelli in mezzo ai lupi non è una dolorosa eventualità, ma la descrizione della fisionomia ordinaria dell'essere cristiani. Essere piccoli e deboli, povero di mezzi e di protezioni, non è un buon consiglio spirituale; è la manifestazione di Cristo e della sua croce che salva e cambia il mondo perché cambia il nostro cuore.

La buona notizia va portata di casa in casa, da famiglia a famiglia, per questo la prima parola è "pace" e chi la pronuncia ne è figlio. Annunciare la pace è anche giudizio, perché segna chi l'accoglie e chi la rifiuta; il discepolo si scuote la polvere dai sandali perché neanche un granello di odio è sopportabile al Vangelo.

I discepoli son felici per un dono ricevuto, non per il merito dell'impresa. Ora sanno che il loro nome è scritto in cielo, si sentono prediletti del Padre che li pone accanto a sé e questa è la ragione della loro potenza nei confronti del mistero del male. Il primato è sempre di Dio e della sua grazia.

I settantadue siamo tutti noi venuti dopo i Dodici.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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