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TESTO Seguiamo il Signore nella libertà del cuore

don Roberto Rossi  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/06/2010)

Vangelo: Lc 9,51-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,51-62

51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

È facile condannare gli altri, invocare il «fuoco dal cielo» su quelli che giudichiamo responsabili dei mali più atroci del nostro tempo.

È facile, e sembra quasi un dovere di chi si dice cri­stiano e ha criteri morali molto precisi ed esigenti: anzi, sembra quasi un servizio di verità, un obbligo per sve­gliare le coscienze addormentate e complici dei delitti quotidiani.

È facile: ma Gesù «si voltò e rimproverò» i discepoli che chiedevano un fuoco dal cielo per consumare i catti­vi che avevano rifiutato di accogliere Gesù nel loro terri­torio. Non è questa la dimensione cristiana.

Anzi, Gesù è molto più esigente e non vuole illudere nessuno: mettersi alla sua sequela, voler essere suoi disce­poli, non è una cosa facile e immediata, non è un mesco­lare Vangelo e sentimento, mentalità comune e parole sacre.

A chi gli chiede di seguirlo, Gesù descrive in che cosa consiste essere con lui. Lui non ha nemmeno un luogo «dove posare il capo», nemmeno una tana né un nido: seguirlo comporta la medesima condizione, quella "povertà" che, se è una beatitudine, è anche una continuo impegni di ascesi.

Bisogna lasciare «che i morti seppelliscano i morti» superando quelle dipendenze sentimentali che troppo spesso diventano schiavitù e frenano un amore genuino.

È un insieme di condizioni che Gesù pone a chi vuole realmente essere suo seguace: dirsi "cristiano" nel senso più vero del termine, è la certezza che la nostra realtà è conosciuta meglio da Dio che non da noi, e solo seguen­do le tracce che lui ci indica potremo capire chi siamo e come meglio sviluppare la nostra personalità e tutta la nostra vita.

Sta qui la sfida della fede, e sta qui il coraggio di cre­dere, l'impegno a scavalcare continuamente le nostre visuali e aprirci alle proposte di Dio.

Questo è il fascino di una fede cristiana, è il fascino dei santi che hanno saputo affidarsi pienamente a Dio: que­sta è anche l'urgenza dei nostri giorni, perché c'è bisogno di cose forti, di fede vera, di novità chiara.

Possiamo chiederci: noi cristiani di oggi, come siamo? In che misura riusciamo a incidere r a rinnovare la società? quali messaggi riescono a entrare nel pensiero comune, nella mentalità più diffusa?

E' importante che la testimonianza cristiana non si diluisca in uno squallido conformismo: ancora oggi Gesù ci offre la sua proposta forte, profonda, innovatrice.

 

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