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TESTO Per vincere l'insicurezza missionaria

padre Gian Franco Scarpitta  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/07/2010)

Vangelo: Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

A colui che a questo è stato designato, Gesù dice: "Seguimi" per invitarlo ad abbandonare ogni suo progetto personale per porsi nella prospettiva del suo discepolato e di conseguenza nella missione che egli stesso intende affidargli. Sono le riflessioni che ci hanno intrattenuto la settimana scorsa relative al vero senso della vocazione, che consiste in una prospettiva di chiamata che ha Dio come unica origine: Dio solo conosce il nostro presente e il nostro avvenire e lui solo ha già stabilito sin dall'eternità il nostro futuro e lui pertanto "chiama", ossia elegge chi per un ruolo chi per un altro, tutti comunque nella prospettiva della realizzazione del Regno di Dio. Quali sono le caratteristiche della vera vocazione? Come percepire i segni della chiamata? Sarebbe un lungo discorso parlarne in questa sede, ma possiamo affermare per certo che Dio, nell'eleggere e nell'inviare, chiede innanzitutto la volontà di realizzare la comunione con sé: per prima cosa egli vuole che noi "stiamo con lui", cioè realizziamo con lui il vincolo necessario insostituibile della comunione filiale che precede e fonda qualsiasi specifico di attività missionaria. Coltivare pertanto la familiarità con il Signore nella preghiera e nella vita intima e prediligere la contemplazione prima ancora dell'azione e la riflessione teologica anteriormente al ministero è segno certo di una chiamata divina reale, perché dalla misura in cui noi sapremo coltivare i rapporti personali con Cristo avremo garantito il successo missionario. Questo non solamente a proposito della vocazione di speciale consacrazione come il sacerdozio e la vita religiosa, ma in qualsiasi ambito che vogliamo riconoscere e interpretare come ministero o servizio di origine divina.

Venendo poi alla missione in senso stretto, cioè al mandato di annuncio che Cristo ci affida in questa o in quell'altra dimensione, osserviamo adesso che Egli non ci lascia soli tutte le volte che ci affida un incarico: siamo sempre da lui sostenuti e soprattutto siamo provvisti di mezzi e di risorse. Quando Dio chiama qualcuno ad un mandato, temporaneo o permanente che sia e qualsiasi caratteristica esso comporti, non manca mai di equipaggiarlo e di istruirlo al meglio. Ragion per cui occorre sempre immetterci nella missione con coraggio e senza remore, eludendo ogni paura e anzi considerando che il timore iniziale rientra nelle prerogative della vocazione stessa: è del tutto normale avvertire agli esordi di un ministero - qualsiasi ministero- una certa sorta di timore o di mancanza di sicurezza, così come capitava a Gedeone e a Mosè, che per avere certezza che la loro elezione fosse davvero divina chiedevano l'evidenza di particolari segni tangibili. La paura iniziale della missione è indice di inconsapevole umiltà e di scongiurata autoesaltazione; essa ci libera da ogni presunzione, orgoglio e falso protagonismo personale, perché ci mantiene nella certezza di non stare eseguendo un mandato di nostra originale competenza né un ruolo che ci appartiene, ma semplicemente di essere latori di un messaggio di provenienza divina, esecutori di un compito che ci deriva da Dio. E' positivo pertanto avvertire un po' di paura iniziale. Ad essa tuttavia non si deve mai soccombere, ma va elusa e superata con i mezzi della fede e della sicurezza che lo stesso Signore sul momento ci accorda, soprattutto nella consapevolezza che Dio ci fornisce sempre i mezzi adeguati allo scopo.

La terza osservazione che ci deriva dalla pagina del Vangelo odierno (ci stiamo infatti intrattenendo solo su di essa) è la consapevolezza che la missione non richiede necessariamente un successo immediato: in ogni caso e in tutte le situazioni di servizio ministeriale, siamo tenuti ad essere semplicemente degli strumenti che Dio sta utilizzando per i suoi fini ma dei quali potrebbe anche fare a meno, dei mandatari di un messaggio che non ci appartiene e per il quale pertanto non siamo tenuti ad ottenere l'altrui corrispondenza.

Questa e altre riflessioni fra quelle su esposte mi sovvenivano specialmente durante i mesi scorsi, mentre percorrevo, io da solo, l'intero territorio della parrocchia nel giro annuale di benedizione delle famiglie, riscuotendo, accanto a piacevoli gentilezze di persone accoglienti, anche ripetuti dinieghi secchi e perentori da parte di famiglie o singoli refrattari e insensibili: se da una parte vi sono famiglie che accolgono il parroco con gioia e benevolenza nella certezza che Cristo viene a trovarci nella persona del sacerdote, dall'altra vi è sempre chi oppone un secco diniego trattandoti non di rado con durezza, ritrosia e a volte anche con disprezzo e refrattarietà come nel caso degli sberleffi e delle denigrazioni di taluni, che oltre che a rifiutare il prete sono soliti anche avversarlo.

Si tratta di esperienze che incutono sempre scoramento e sfiducia, insinuando anche la tentazione della resa e dell'abbandono. E invece proprio quelle sono le circostanze nelle quali si ha la certezza di essere davvero latori di un messaggio divino e di trovarsi quindi in linea con la missione affidataci: l'avversità e gli ostacoli sono le prerogative immancabili della missione cristiana e il fatto di esserne vittima conferma che la nostra azione è davvero sostenuta da Dio.

Lo stesso Signore infatti prevedeva già simili risultati quando istruiva i 72 discepoli sul comportamento da adottare nei riguardi delle persone recalcitranti: "In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi."... "quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: "Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi." Il brano evangelico della scorsa settimana parlava anche di un episodio di rifiuto subito dallo stesso Gesù, che veniva respinto dai Samaritani: "Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò." (Lc 9, 52)

L'uomo infatti è libero di accogliere o di respingere il Signore che gli si propone nelle attività dei suoi ministri; nel primo caso ciò avviene sempre a suo vantaggio, nel secondo caso a suo pernicioso danno anche se non sortito immediatamente. I frutti e i risultati della missione appartengono solamente a Colui che è il solo padrone della storia e non è nostra necessità che i nostri interlocutori ci accolgano e ci ascoltino.

Queste ultime considerazioni erano invece quelle che mi spronavano, nei mesi scorsi, a perseverare nel giro delle famiglie omettendo ogni sorta di scoraggiamento e di demotivazione e non possono non essere considerate da chiunque nella chiesa svolga un ruolo missionario di qualsiasi tipo.

L'episodio molto significativo dei 72 discepoli, come già detto, attesta al fatto che non siamo tenuti al successo missionario. Osserviamo inoltre che per la concezione dell'epoca a cui si riferiscono i fatti narrati, 72 era il numero delle nazioni dell'intero mondo allora conosciuto, a cui era rivolta la Buona Novella e il fatto che Gesù invii questi 72 ministri per un servizio temporaneo dopo aver eletto i 12 ad una sequela permanente sottolinea che il carattere di missionarietà è proprio di tutti i battezzati, ciascuno secondo la dimensione che gli compete. L'opera di salvezza è universale e la Chiesa che annuncia il Vangelo testimoniando il Cristo ha una valenza di universalità per la quale tutti quanti siamo chiamati ad un ruolo specifico nella Chiesa che ha sempre natura missionaria.

Resta sempre certo che occorre contare solamente su colui che ci ha scelti ed inviati, riponendo ogni certezza materiale su di lui ("non portate borsa, né sacca, né sandali") e confidando nella sua continua assistenza che vince ogni timore e ogni esitazione.

 

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