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don Daniele Muraro  

Ascensione del Signore (Anno C) (16/05/2010)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Vangelo e prima lettura si sormontano a vicenda in modo che il racconto degli Atti degli Apostoli sviluppa quello che viene accennato nell'esposizione del Vangelo.

In ordine logico dovrebbe precedere la conclusione del primo dei due libri scritti da san Luca, ossia il Vangelo, e seguire l'inizio del secondo che sembra riprendere la narrazione da dove era stata interrotta.

Invece la liturgia della Chiesa assegna un posto di onore al Vangelo e adopera il racconto degli Atti quasi come una introduzione.

Il rapporto tra Vangelo e prima lettura eccezionale per questa solennità si ripete ogni Domenica per quanto riguarda la seconda lettura. Sempre infatti quello che lì vien detto è presentato, come preambolo alle genuine parole di Gesù. Storicamente esse vengono prima, ma la Chiesa è convinta che esse rimangono inesauribili e insostituibili.

Potremmo dire che la raccomandazione ai Discepoli per i giorni successivi all'Ascensione: "restate in città", nel suo senso simbolico di fedeltà e l'attaccamento alla parola del Vangelo, permane osservata fino ad oggi.

Davvero è una regola per la Chiesa ritrovarsi uniti con assiduità attorno alla parola di Gesù, sapendosi da essa difesa come dentro le mura di una città e adunata come attorno ad una mensa familiare.

Anche dopo la partenza del Signore, restano le sua parole, ma con la venuta dello Spirito non ci si può fermare lì, rivolti al passato, occorre mettersi in azione e dare testimonianza.

Infatti la clausola "finché non siate rivestiti di potenza dall'alto", ossia fino alla discesa dello Spirito santo, si riferisce proprio alla novità dell'impulso missionario.

Il racconto del Vangelo di questa Domenica è privo di divagazioni, essenziale e nobile e dipinge un quadro ideale della Chiesa al suo inizio. Pare quasi che che san Luca abbia operato un fermo immagine e che i personaggi siano stati ritratti come in una foto ufficiale di gruppo. "A Gerusalemme... con grande gioia stavano sempre nel tempio lodando Dio". Così in effetti è la Chiesa nel suo mistero, perfetta fin principio.

Dal racconto degli Atti invece possiamo intravedere alcune incrinature attraversare l'animo degli Apostoli anche nel momento solenne dell'Ascensione al cielo del loro Signore.

Qualcuno di loro rimette in campo il desiderio vedere trionfare presto il regno di Dio, considerandolo una specie di regno Israele o regno di Davide rinnovato.

Qualchedun altro invece non sa staccare gli occhi dalla volta rimasta vuota dopo la scomparsa di Gesù salito alla destra del Padre.

Sono due atteggiamenti opposti che si trascinano come tentazioni nella Chiesa: l'attivismo che non lascia campo all'intervento gratuito di Dio e lo spiritualismo distante dai problemi di tutti i giorni.

Agli uni Gesù rinnova la promessa dello Spirito santo, senza il quale ogni impresa umana resta imperfetta, a quest'altri vengono mandati due angeli a ricordare che c'è ancora molto da fare prima del ritorno del Signore alla fine dei tempi.

Gesù si era allontanato, ma presto si sarebbe di nuovo reso presente tramite terza persona, ossia con il dono dello Spirito santo. Dunque Gesù chiede alla Chiesa uno sguardo allargato, capace di comprendere sia le cose del cielo che quelle della terra, sia la profondità del mistero che l'estensione della missione.

La Chiesa nel mondo deve essere insieme concreta e spirituale, attenta alle esigenze degli uomini e aperta all'azione della grazia di Dio. Che non ci sia contrasto tra l'umanità e Dio lo dimostra Gesù stesso asceso al cielo; Egli introduce nell'eternità del Padre la natura umana e trasfigura la storia nella Chiesa mandando il suo Spirito santo.

Dopo la Pentecoste c'è qualcosa di umano in Dio che non si trova nel mondo, e sarebbe il corpo resuscitato di Gesù, e qualcosa di divino nel mondo di cui Dio per così dire si priva affidandolo all'umanità e sono i sacramenti, i quali sono efficaci per virtù propria.

Essi agiscono indipendentemente dalla santità del ministro, ma non senza la santità che lo Spirito santo garantisce e garantirà sempre alla Chiesa.

Gesù seduto alla destra del Padre è raggiante della gloria di Dio, ma non rinuncia a conservare nel suo corpo glorioso i segni della vulnerabilità e della violenza umana.

A differenza di Lui la Chiesa porta nel suo corpo non solo le ferite infertele dal di fuori, ma anche gli sfregi che le procurano i suoi stessi appartenenti; essa però non smette mai di essere sacramento universale di salvezza, custode e dispensatrice della grazia che salva.

Questa solennità dell'Ascensione ci richiede uno sguardo complessivo, alle cose del cielo, ma anche a quelle della terra, al dono promesso e al compito che attende.

In questo senso il tempo tra l'Ascensione e la Pentecoste è come il concentrato della condizione cristiana nel mondo: in essa si sviluppa uno slancio ogni volta nuovo che parte dalla terra per innalzarsi verso il cielo, e si ripete un ritorno sempre necessario dalla contemplazione di Dio alla pratica concreta della vita cristiana con le sue esigenze di fede e di carità operosa.

Perciò come ci invitata la seconda lettura nella conclusione: " Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso" Gesù salito al cielo, ma vivo e operante nella Chiesa.

 

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