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TESTO Ma voi chi dite che io sia?

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/06/2010)

Vangelo: Lc 9,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.

22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

"Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui..." inizia così il breve passo del Vangelo di oggi, che segna un momento importante nella vita di fede dei discepoli i quali si troveranno, a breve, ad intraprendere col loro Maestro quel difficile cammino verso Gerusalemme, ultima tappa della vita terrena del Cristo che culminerà sul Calvario col dono estremo della sua vita sulla croce.

Come sottolinea il testo, ora Gesù è con i suoi in un luogo solitario a pregare; questo della preghiera solitaria è un contesto che accompagna abitualmente i momenti più importanti della vita del Signore, è un clima particolare nel quale, anche se l'evangelista non lo dice esplicitamente, erano sicuramente coinvolti anche i discepoli; ed è a loro che inaspettatamente si rivolge Gesù con quella domanda che fa pensare ai nostri sondaggi di opinione: "Le folle, chi dicono che io sia?".

In realtà l'interesse del Maestro non è per la sua persona, ma per la vita di fede di chi lo ascolta e, in particolare, dei discepoli: coloro che erano a lui più vicini e ai quali un giorno avrebbe consegnato la prosecuzione del suo stesso ministero perché la parola di salvezza potesse giungere sino ai confini della terra e la salvezza fosse assicurata ad ogni uomo, in ogni tempo.

"Le folle, chi dicono che io sia?"; e i discepoli gli riferiscono che per per la gente, quella gente che aveva ascoltato e conosciuto il rabbi venuto da Nazareth, che diceva parole nuove con un'autorità che gli altri maestri della legge non avevano, per queste persone, egli era qualcuno che assomigliava ai personaggi del passato, uomini eccezionali che avevano parlato da parte di Dio: profeti, come Elia o, più recentemente, Giovanni il Battista, che aveva scosso i cuori con il richiamo alla conversione e con l'annuncio dell'imminente instaurazione del regno di Dio tra gli uomini.

E' chiaro, nessuno poteva avere la capacità di cogliere la vera identità di Gesù; le folle che lo seguivano potevano solo ammirarne la sapienza, la bontà e la facoltà di compiere prodigi; ma che quell'uomo fosse il Figlio di Dio nessuno poteva ancora comprenderlo.

Ma ecco che la stessa domanda, Gesù la rivolge ai suoi: "Ma voi, chi dite che io sia?".

Quel "ma" è importante e ci dice che qualcosa è cambiato: il maestro si rivolge agli amici, a quei pescatori scelti per condividere con lui una missione: "Vi farò pescatori di uomini" aveva detto loro (Mc 1,17); uomini che lui aveva scelto, ma che, tuttavia, lo avevano liberamente seguito perché anche loro avevano fatto una scelta; e questa scelta era Gesù di Nazareth. Così, ai dodici che condividevano con lui le giornate di predicazione Gesù rivolge quella domanda inquietante: "Ma voi, chi dite che io sia?".

E' chiaro, il Maestro non era semplicemente un profeta come quei grandi del passato; ma allora quale era la sua vera identità?

Per tutti risponde Pietro: "Il Cristo di Dio" e le sue parole indicano una fede illuminata dall'Alto, come specifica Matteo (Mt 16,17); il povero pescatore di Galilea, che un giorno tradirà per paura di una serva, ora afferma con forza quale sia la vera identità del Maestro: non un rabbi come tanti, non un grande profeta che parla da parte di Dio, ma lo stesso Messia promesso, l'Unto del Signore, che sarebbe apparso tra gli uomini per la loro liberazione; e le parole di Pietro rivelano una grande verità, rivelano il mistero di Gesù di Nazareth, il figlio del falegname, che in realtà è il Figlio di Dio.

Una verità importante, sconcertante, che avrebbe cambiato il corso della Storia e avrebbe cambiato radicalmente la vita dell'uomo e delle sue scelte; ma una verità, il cui peso e la cui portata, ancora, le folle che ascoltavano non erano in grado di comprendere e di accogliere; ed ecco il comando di Gesù a non parlare a nessuno di quanto affermato da Pietro: quelle parole di verità, per il momento, non dovevano avere alcuna risonanza.

Dunque Pietro aveva riconosciuto in Gesù il Cristo, il Messia atteso per secoli da tutto Israele; ma di quale Messia parlava il discepolo? C'era forse in quelle sue parole, pur vere, la convinzione che il Messia liberatore fosse un Salvatore potente e glorioso, così come il messianismo del tempo lo immaginava e raffigurava? Ma Gesù, il Cristo di Dio, non è quel Messia e lo preciserà subito.

La vera identità del Cristo è un'altra:"Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno".

Non è una missione facile e non si parla assolutamente di gloria, ma di un percorso segnato dal rifiuto, dal dolore, dalla condanna ingiusta, e dalla morte: una morte che è dono di sè per amore, che apre le porte della vita, una morte che è morte per la resurrezione, non solo del Cristo, ma di chiunque crede in lui e sceglie di seguire lui sin sul Calvario.

Infatti poco dopo, sempre Gesù rivolgendosi alla folla dirà: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà"; e di certo le sue parole non sono esaltazione del dolore, ma rivelano il senso vero e profondo della vita, di ogni vita che cammina nel tempo, orientata alla salvezza; e non c'è salvezza fuori dal Cristo, per cui non c'è salvezza senza croce: la croce che apre la via alla resurrezione.

"Ma voi, chi dite che io sia?"; queste parole del Cristo attraversano il tempo e son giunte fino a noi; ed è a noi, suoi discepoli del terzo millennio, che egli le ripete. E la nostra risposta non può essere scontata; perché il fatto che noi siamo nati e viviamo in una cultura che ha alle spalle secoli di cristianesimo, non ci esonera da una profonda riflessione interiore, non ci esime dall'interrogarci realmente sul posto che il Redentore ha nella nostra vita e nel nostro cuore.

Dobbiamo interrogarci seriamente se il Cristo, Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e nostro Dio, è veramente l'asse attorno al quale ruota tutta la nostra vita con le sue scelte e il suo agire; infatti è facile affermare con le labbra che egli è il Cristo; ma questa affermazione, per essere vera, deve avere riscontro in uno stile di vita che sia conforme a quella del Maestro sempre, soprattutto quando il dolore, in tutte le sue forme, anche le più drammatiche, bussa alla nostra porta e la salita verso il nostro Calvario si fa ripida e faticosa; solo allora risplenderà la forza del nostro credere e la profondità del nostro amore per Lui che si è donato totalmente per noi.

Ed è per questo che, facendo nostre le parole della liturgia eucaristica di questa domenica, imploriamo Dio dicendo: "Fa' di noi, o Padre, i fedeli discepoli di quella sapienza che ha il suo maestro e la sua cattedra nel Cristo innalzato sulla croce, perché impariamo a vincere le tentazioni e le paure che sorgono da noi e dal mondo, per camminare sulla via del Calvario verso la vera vita."

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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