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TESTO In Gesù credo in me stesso

don Giovanni Berti

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (06/06/2010)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

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Alla domanda che cosa significa esser cristiani penso che la maggior parte di noi risponda che consista prima di tutto nel credere in Gesù Figlio di Dio, in Dio come Padre e nello Spirito Santo.

Esser cristiani poi è credere che la Chiesa, fin dagli inizi, è stata colei che ha tramandato fino a noi la fede in Gesù Cristo, e nella Chiesa io vivo la mia fede con la preghiera così come con la vita comunitaria.
Ok, fin qui ci siamo.

Non so se molti di noi risponderebbero che "essere cristiani" significa anche credere in se stessi. Una tale risposta sembra troppo "laica", perché la fede in se stessi sembrerebbe addirittura in contrasto con la fede che dobbiamo dare solo a Dio. Ci viene anche insegnato come l'abbandono vero a Dio e alla sua volontà non possono combinarsi con il fare la nostra volontà e fare quello che vogliamo noi.

Che la religione cristiana sia dunque la religione che insegna il disprezzo di se e delle proprie capacità?

E che sia segno di vera fede e di totale adesione a Dio il considerarsi "zero" e incapaci di fare il bene da noi stessi perché fondamentalmente siamo cattivi e egoisti?

Ho fatto queste riflessioni perché in questo racconto dell'evangelista Luca della moltiplicazione dei pani, c'è quel breve passaggio che a volte rischia di passare inosservato di fronte al prodigio che opera Gesù nel moltiplicare i pani e pesci.

Quando si accorgono che nel deserto non c'è nulla da mangiare per tutta quella folla di gente e c'è il problema praticissimo del mangiare, gli apostoli pensano di congedare la folla in modo che si arrangi per la cena. A questo punto Gesù li sorprende dicendo: «Voi stessi date loro da mangiare».

Gesù crede in loro, e non li lascia inutili spettatori delle sue capacità miracolistiche. Gesù, coinvolgendoli con quel poco che possono dare (5 pani e due pesci), li esorta a non abbandonarsi nelle difficoltà e li sprona a credere il loro stessi.

Mi piace dunque pensare che mentre noi credenti guardiamo al cielo verso Dio, Lui guarda verso di noi e crede che possiamo amare, donare quel che abbiamo, condividere con i poveri, perdonare le offese...

In fondo essere cristiani, cioè credere che Dio si è fatto uomo, significa credere anche nell'uomo stesso e nelle sue impensabili capacità di fare il bene, anche se, guardando la storia tutto sembra dire il contrario.

Come cristiano non posso guardare con sfiducia me stesso e nemmeno chi ho vicino. Anche se talvolta posso dare solo "cinque pani e due pesci...", che sono sempre poco rispetto le necessità che scopriamo nella vita, non posso farmi fermare da questo "poco" che ho, ma credere che in qualche modo è sufficiente, e da li iniziare.

Penso a certi amici missionari che partono per annunciare il Vangelo consapevoli delle molte difficoltà e povertà nei luoghi dove si recheranno. Se non avessero un po' di fiducia e ottimismo in se stessi non partirebbero e rimarrebbero a casa.

La fiducia in se stessi non credo sia da metter in contrapposizione netta con la fiducia e l'abbandono in Dio. Anzi, la fiducia in Dio porta a guardare se stessi con più speranza e voglia di fare.

Facendo del fanta-vangelo potrei dire che, volendo, Gesù avrebbe potuto con una "magia" togliere la fame e la sete alle migliaia di persone che erano li ne deserto, e i pani e pesci dei discepoli sarebbero stati proprio inutili, come i loro stessi possessori.

Ma il miracolo che Gesù compie parte proprio dallo sfiduciato cuore degli apostoli, che di fronte alla difficoltà rischiano di morire di pessimismo verso loro stessi ("..non abbiamo altro che cinque pani e due pesci...").

La domenica ci raduniamo a celebrare la presenza di Gesù e la nostra fede in lui. Non dimentichiamo che guardando a Lui nell'Eucarestia noi vediamo noi stessi e chi ci sta accanto.

Un amico sacerdote mi ha raccontato di una volta che era in cappella del seminario a pregare durante l'adorazione eucaristica. Insieme ai suoi compagni seminaristi stava inginocchiato davanti all'ostensorio dorato che conteneva la particola consacrata. C'erano le candele e l'incenso e il suono dell'organo che creavano l'atmosfera giusta, ma lui si domandava che senso avesse questa preghiera e questo stare inginocchiati a guardare un pezzo di pane in una teca dorata. Gli sembrava tutto così inutile e senza senso...

Mentre si faceva queste domande si è accorto che guardando bene l'ostensorio, nel vetro che proteggeva la particola si riflettevano i volti dei seminaristi che stavano pregando, compreso il suo.

Questo amico mi ha detto che proprio in quel momento ha capito il senso dell'Eucarestia, specialmente della Messa: in Gesù vedo me stesso e gli altri che mi stanno accanto. Non posso rivolgermi a Dio senza rivolgermi all'uomo, me compreso, e credere che proprio nell'umanità, con tutte le sue fragilità e limiti, si nasconde l'incontro con il Signore.

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