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TESTO Commento su Giovanni 13,31-33.34-35

padre Paul Devreux

V Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2010)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il vangelo comincia con l'annuncio drammatico dell'uscita di Giuda dal cenacolo. Esperienza dolorosa sia per Gesù che ama profondamente Giuda, che per Giuda che ha amato Gesù e l'ha seguito per anni; frutto di una incomprensione riguardo all'annuncio della Passione che Giuda non capisce, come del resto non lo capisce nessuno dei discepoli, ma Giuda è l'unico che ha il coraggio di prendere una decisione coerente con ciò che pensano tutti, e passa all'azione.

Anche per questo Gesù capisce quanto è urgente che avvenga la sua glorificazione, cioè che manifesti la grandezza e la gratuità dell'amore di Dio per l'umanità, amandola fino al punto di lasciarsi uccidere dai propri figli che non lo capiscono, come Giuda. Peccato! Se Giuda fosse andato sotto la croce a contemplare l'amore di Dio che si lasciava uccidere anche da lui, senza rancore, se fosse riuscito a vederlo, ad accettare questo grande dono tanto da ringraziarlo, sarebbe diventato un apostolo più grande di Pietro e di Paolo.

Gesù glorifica il Padre manifestando il suo amore tramite la sua Passione e il Padre manifesta la sua approvazione risuscitandolo e portandolo alla sua destra.

Fatto tutto ciò, a Gesù non rimane che consegnarci il comandamento dell'amore. E' come se fosse il suo testamento. Rappresenta l'eredità che ci lascia, il frutto del suo lavoro, la sintesi di tutto il suo apostolato.

Con questo comandamento Gesù ci indica la via della realizzazione, la verità su Dio e la vita eterna, perché questo è quello che ha fatto lui. Se vogliamo fare un paragone è come un padre o una madre che dicono ai loro figli: "Cercate di volervi bene". Lo possono dire perché loro hanno dato la vita per i figli e vedere i figli litigare è brutto e dà un senso di fallimento. Per Gesù, vederci litigare è come sentire che è morto invano, che non è riuscito a fare delle sue creature una famiglia. Per questo insiste e ripete per tre volte: "Amatevi gli uni gli altri, questo sarà il segno che siete miei discepoli, perché io vi ho amati veramente".

Ora spetta a noi cercare di essere cristiani, cioè agire come tali. Il cristiano, se è vero che crede in Gesù, lo manifesta amando; questa è la sua religione, cioè il modo con il quale vive pubblicamente la sua fede. Questo lo porta a decidere chi privilegiare, chi amare e, di conseguenza, con chi vivere.

 

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