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TESTO Commento su Giovanni 10,27-30

Omelie.org - autori vari  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (25/04/2010)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di don Paolo Ricciardi

La IV domenica di Pasqua è illuminata dall'immagine del Buon Pastore. In questo contesto primaverile, mentre le nostre comunità preparano e celebrano battesimi, prime comunioni, cresime e matrimoni, la liturgia ci immerge in un contesto caro all'intera Bibbia, facendoci pensare a pascoli erbosi, a greggi di pecore, al bastone e al vincastro, ma anche al pericolo dei dirupi e dei lupi.

È un vangelo di quattro versetti quello di oggi, poche parole, tratte da un discorso più ampio del capitolo 10 di Giovanni. Poche espressioni, ma intense, forti, che hanno un valore maggiore in questo tempo di Pasqua in cui celebriamo la vittoria sulla morte e le nozze dell'Agnello.

C'è quindi un paradosso biblico che rende ancora più forte questa domenica: il Pastore è tanto più credibile perché si è fatto Agnello. Il bastone del Pastore è associato al legno della Croce. La sua voce che chiama le pecore è associato al silenzio dell'Agnello, muto, che non apre la sua bocca, mentre viene immolato per noi.

Il messaggio centrale è dato dai primi due versetti: "Le mie pecore ascoltano la mia voce. Io do loro la vita eterna". Gesù è in contrasto con i Giudei che ancora non vogliono credere (10,24: "Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente!") e invita a fare una scelta: se non credete, allora vuol dire che non siete mie pecore.

Ora tre verbi caratterizzano il rapporto pastore - pecore: le pecore ascoltano la voce, il pastore le conosce, le pecore lo seguono.

Ogni giorno siamo sommersi e sollecitati da tante voci. Anzi, spesso le voci diventano brusio, rumore, confusione. Le nostre orecchie, senza volerlo, sono toccate da tanti suoni. Eppure sappiamo riconoscere le voci diverse, quelle di coloro che amiamo. Addirittura capiamo quali sono i loro sentimenti dai toni della voce, dalle pause, dalla forza o dalla tenerezza delle parole. Voci... che ri-conosciamo perché sono di persone che ci conoscono. È ormai attestato che pure il neonato sa riconoscere perfettamente non solo la voce della mamma, ma anche quella del papà, voci che lo hanno atteso e chiamato con amore e trepidazione nei mesi della gravidanza.

Nel Vangelo di Giovanni più volte si parla della "voce". Mi piace ricordare la "voce dello Sposo" riconosciuta dall'amico dello sposo, Giovanni Battista, chiamato a presentare al mondo il Cristo. E poi, al capitolo 11, la voce di Gesù che richiamerà alla vita l'amico Lazzaro da quattro giorni nel sepolcro.

Gli uomini possono riconoscere la voce del pastore e seguirlo, perché è la Voce di un amico che li ama. Gesù li conosce, ci conosce. Il verbo "conoscere" nella Bibbia non esprime un processo puramente intellettuale, ma è frutto di una "esperienza", una presenza che si rivela nell'amore.

Gesù è l'unico a conoscerci fino in fondo perché ci ha amati sino alla fine... Lui ha fatto esperienza della nostra umanità, "immergendosi" pienamente nella nostra vita. È vero Pastore perché si è fatto ultimo, si è fatto Agnello. È vero Pastore perché è morto per donarci la vita. A noi non resta altro che seguirlo.

In questo senso è illuminante il brano dell'Apocalisse, il libro della Rivelazione di Cristo nella storia. Siamo nel contesto dell'apertura del sesto sigillo del libro (6,12-7,17): Giovanni vede una moltitudine immensa proveniente da ogni popolo. I membri di questa moltitudine sono in piedi (quindi vivi come l'Agnello), sono davanti all'Agnello (in relazione con lui), sono avvolti da vesti bianche (quindi partecipano della resurrezione) e portano palme nelle mani (segno della vittoria sul male e della pienezza della vita).

È da sottolineare un particolare: le vesti di questa moltitudine di uomini si lavano e diventano candide, bianche, pur passando per il colore rosso del sangue dell'Agnello che è Cristo. È segno che, se ci doniamo a Dio, la grande prova del dolore diventa la porta per la gioia della visione di Dio.

L'Agnello è il Pastore buono che ci guida alle fonti della vita. Lì Dio stesso ci verrà incontro tergendo le lacrime dai nostri occhi.
La voce, la conoscenza, la sequela... la vita!

Gesù dà la vita eterna; non solo la vita fisica, né solamente la vita oltre la morte, ma la partecipazione alla vita stessa del Figlio di Dio: essere in comunione con lui. Noi già ora, in virtù della fede e della grazia, partecipiamo della vita eterna, soprattutto grazie ai sacramenti, alla forza del Battesimo e della Confermazione e alla partecipazione all'Eucarestia.
Dalla voce del Pastore passiamo infine alle Sue mani...

Noi, che possiamo prendere in mano il Corpo di Cristo, sappiamo che nessuno potrà rapirci dalla mano del Figlio e dalla mano del Padre. Le loro Mani sono forti, ci tengono stretti. Siamo noi a volte che vogliamo fuggire da quelle mani, pensando che ci "costringano", che ci limitino la libertà. Eppure, quando ci accorgiamo che sono mani d'amore, non possiamo che desiderarle per sempre.

Sì, dalla voce alla mano: potremmo sintetizzare così il messaggio di oggi. Gesù non solo mi chiama, ma mi dà la sua mano, mi stringe in quelle mani bucate dai chiodi, mani aperte per donare, mani che hanno risollevato Pietro mentre affondava nelle acque, nella paura del vento contrario. Ha detto il papa Benedetto XVI: "...Egli ci ha afferrati per la mano e ci ha dato un nuovo "peso specifico": la leggerezza che deriva dalla fede e che ci attrae verso l'alto. E poi ci dà la mano che sostiene e porta. Egli ci sostiene. Fissiamo sempre di nuovo il nostro sguardo su di Lui e stendiamo le mani verso di Lui. Lasciamo che la sua mano ci prenda, e allora non affonderemo, ma serviremo la vita che è più forte della morte, e l'amore che è più forte dell'odio. La fede in Gesù, Figlio del Dio vivente, è il mezzo grazie al quale sempre di nuovo afferriamo la mano di Gesù e mediante il quale Egli prende le nostre mani e ci guida.

Lasciamoci afferrare da queste mani! In questo giorno dedicato alla preghiera per le vocazioni chiediamo in particolare che molti giovani possano essere affascinati dalla Voce e dalle Mani del Buon Pastore e desiderino quindi di seguirlo dovunque vada, per essere loro stessi voce della Parola e mani consacrate per consacrare.

Preghiamo in particolare per i sacerdoti, pastori della Chiesa, perché siano testimoni gioiosi nel loro ministero alla sequela di Gesù Maestro e Pastore. Pensiamo, in quest'anno sacerdotale, alla testimonianza data dal Curato d'Ars. Egli, dice Benedetto XVI, "era uomo di grande sapienza ed eroica forza nel resistere alle pressioni culturali e sociali del suo tempo per poter condurre le anime a Dio: semplicità, fedeltà ed immediatezza erano le caratteristiche essenziali della sua predicazione, trasparenza della sua fede e della sua santità. Il Popolo cristiano ne era edificato e, come accade per gli autentici maestri di ogni tempo, vi riconosceva la luce della Verità. Vi riconosceva, in definitiva, ciò che si dovrebbe sempre riconoscere in un sacerdote: la voce del Buon Pastore".

Conducimi dove vuoi, Signore, e dammi la tua pace. Tu sei il mio Pastore, non tempo nulla quando sono con te. Tu sei l'Agnello, immolato per la mia salvezza. Grazie, Signore, perché sono stretto forte dalle tue mani e dalle mani del Padre. Nessuno mi potrà mai strappare da te.

 

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