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TESTO Lo statuto della nostra vita

Suor Giuseppina Pisano o.p.

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V Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2010)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

"O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa' che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito."

Così ci fa pregare la Chiesa oggi, all'inizio della celebrazione eucaristica. Un'orazione breve, ma intensa e ricca, soprattutto carica della luce della Pasqua, il passaggio spirituale e fondamentale che ricrea uomini e cose facendoli passare dalla vecchiezza del peccato e della morte che esso produce, alla primavera della vita che Cristo fa nuova, riportandola alla freschezza e al vigore della giovinezza, che in Dio non tramonta mai.

In questa preghiera risplende la gioia e la bellezza della Pasqua nella quale il rinnovamento dell'umanità operato da Cristo, viene da lui stesso affidato a noi suoi discepoli; noi redenti, noi cui il Figlio di Dio ha dato il comandamento della carità: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri."

Già verso la fine del suo ministero pubblico, e precisamente a Gerusalemme, tappa definitva della sua vita terrena, Gesù fu interrogato da uno degli scribi riguardo ai comandamenti, più precisamente, su quale fosse il primo tra questi; gli rispose Gesù: "Il primo è: tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, e con tutta la tua forza. Il secondo, poi, è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso .Non c'è altro comandamento maggiore di questi" (Mc.12,29-31); i tanti comandamenti della legge, che il Cristo non ignora, sono infatti espressione particolare di un solo comandamento: quello dell'amore, che unisce gli uomini a Dio e tra loro.

Ora la missione di Gesù volge al termine e il Figlio di Dio vive la vigilia del suo dono supremo al Padre per la salvezza di tutti gli uomini; ed è in questo contesto che egli pronuncia le parole citate nel breve passo di Giovanni che costituisce il Vangelo di questa domenica, poche righe tratte da quel capitolo 13 che così inizia: "Prima della festa di Pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora per passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine"; un amore, questo del Figlio di Dio, che diventa testamento, eredità e dono per i Dodici e per quanti nei secoli crederanno in Lui, seguiranno i suoi passi e obbediranno alla sua parola, al suo comandamento nuovo che è appunto quello di un amore reciproco, non più a misura d'uomo, ma misura di Dio stesso: "Amatevi come io ho amato voi..."

Lo sappiamo bene: amare non è cosa semplice; amare veramente, radicalmente, incondizionatamente, gratuitamente, non è dall'uomo; noi, infatti, siamo legati al nostro egoismo e ai nostri interessi; noi non siamo capaci, con le nostre sole forze, di mettere al centro altri che non sia la nostra persona; ed ecco che, per amare sul serio, abbiamo bisogno dell'aiuto che viene dall'Alto; abbiamo bisogno che Dio stesso ci faccia partecipi della sua forza d'amore, ce ne faccia dono; e il comandamento del Cristo è dono di Dio in quella notte grande e terribile del tradimento, quando uno dei Dodici consegnò il Signore Gesù a chi lo avrebbe condannato ed ucciso.

Il comandamento dell'amore ci vien dato da quella notte, dopo che il Cristo si fu chinato davanti ai suoi per lavare loro i piedi dicendo: "Se dunque io, il Signore e il maestro vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri..." (Gv.13,14); e subito dopo, come riferiscono Matteo, Marco e Luca, "mentre ancora mangiavano, egli prese del pane, lo benedì, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Prendete! Questo è il mio corpo. Poi prese un calice lo benedì e lo diede loro, e ne bevvero tutti.E disse: Questo è il mio sangue, che è versato per tutti".

Il comandamento dell'amore, il comandamento nuovo, nasce da questi gesti di amore estremo, di amore unico, irripetibile ed infinito, quale è l'amore di un Dio che si fa uomo e da uomo muore per ogni altro uomo; quando il Cristo dice ai suoi: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi; così amatevi anche voi gli uni gli altri " non dice semplicemente delle parole, ma compie dei gesti: si dona e si offre, facendosi, modello vivo di ciò che comanda, di ciò che lascia in dono; un dono, o meglio, un donarsi che costituisce poi la sua stessa gloria.

"Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi..."; e non c'è altra misura se non quella di Cristo, il Figlio di Dio che si piega sull'uomo per servirlo, che dà la sua vita per salvarlo, che si fa pane spezzato e sangue versato, per unire a sè ogni uomo, per rigenerarlo e trasformarlo con la potenza del suo amore: l'amore di un Dio. Da quella notte, il comandamento dell'amore diventa lo statuto di vita di ogni uomo che voglia farsi discepolo di Cristo; di ogni battezzato, al di là di qualunque limite di tempo, di spazio o di cultura: non c'è altro distintivo per il cristiano, se non quello dell'amore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, dice Gesù, se avete amore gli uni per gli altri."

Scrive un noto commentatore: "Noi ci aspetteremmo che Cristo dicesse: «Così anche voi amate me». Invece no, egli dice: «Gli uni gli altri». C'è dunque nell'amore di Gesù una dimensione di gratuità che anche il nostro amore deve avere. L'amore di Gesù non accaparra il discepolo. Al contrario è un dinamismo che lo spinge verso gli altri. È amando i fratelli che si ricambia l'amore di Gesù."

Ricambiare questo amore significa farlo diventare operativo con la condivisione, la sollecitudine, il servizio, il perdono, in una dimensione orizzontale piena nella quale il cristiano si fa corpo offerto e sangue versato, per chiunque sia nel bisogno; non solo, ma si fa luce di verità che è poi la carità più alta, annunciando la Parola che salva e testimoniandola con la coerenza della vita che ad essa si ispira.

La forza dell'amore è dono di Dio che viene a noi dal Figlio e che lo Spirito tiene vivo ed alimenta perché tutto il mondo si rinnovi e si apra ad un futuro ricco di speranza; quel futuro che Giovanni, nell'Apocalisse descrive con quell'immagine stupenda della tenda in cui l'Altissimo abita con le sue creature: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate."

Alla realizzazione di questo futuro luminoso e felice Dio chiama ogni discepolo di Cristo perché ne affretti i tempi con la forza dell'amore fraterno, l autentica novità portata da Cristo che ha radicato la vita di Dio nel nostro mondo, un mondo ancora lacerato, sconvolto, dolorante, ma che l'amore può rigenerare.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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