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TESTO Mc 6, 7-13

padre Paul Devreux

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (16/07/2000)

Vangelo: Mc 6,7-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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7Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Gesù comincia a mandare i suoi discepoli; quando?

Quando ritiene che hanno ricevuto abbastanza e che hanno qualche cosa da raccontare. Normalmente un discepolo è uno studente che deve assimilare nozioni e tecniche per imparare un mestiere. Qui è diverso: i discepoli sono invitati ad essere testimoni della presenza e dell'azione di Dio nella loro vita. Non devono parlare di sé, ma di Dio.

Dio opera sovrano nella nostra vita, ma ha piacere di usarci per aiutare chi lo intravede a vederlo meglio; dobbiamo solo "svelare" la presenza e l'opera di Dio nel fratello. E' bello fare questo perché aiuta anche noi a scoprire sempre di più Dio.

Domandiamoci come possiamo realizzare questo anche noi, sapendo che come cristiani siamo tutti missionari del vangelo. Quale contributo posso dare alla missione della Chiesa?

Non è più tempo di preti e di specialisti; chissà che la crisi vocazionale non sia volontà di Dio; certamente Dio può usarla a fin di bene, affinché ognuno si responsabilizzi. Abbiamo ricevuto tanto, c'è un momento in cui bisogna cominciare a dare, altrimenti si fa la fine dell'ingordo che muore di noia e di disperazione per mancanza di novità. Quanta gente muore perché non ha mai cominciato ad amare!

I discepoli guarivano e liberavano. Segno che il mio contributo è valido, che aiuta il fratello ad essere più libero di amare; questo implica un cammino di guarigione e di liberazione.

A volte succede che, anziché aiutare l'altro a conoscere Dio, gli metto addosso pesi e obblighi morali che paralizzano la persona. Questo succede se annuncio solo me stesso e le cose alle quali mi sono sottomesso con fatica, per rispondere a una mia immagine ideale di cristiano. Forse sotto c'è un bisogno nascosto di vendetta per cui penso: "Io ho sofferto tanto, è giusto che soffri anche tu." Questo non è il vangelo. Amare implica delle rinunce, ma si fanno volentieri perché il movente è appunto l'amore.

Siamo tutti invitati ad annunciare il vangelo in modo che Dio sia conosciuto e l'uomo più libero che mai di amare e di lasciarsi amare.

 

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