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TESTO Sacerdote capace di compatire

padre Gian Franco Scarpitta  

Venerdì Santo (Passione del Signore) (02/04/2010)

Vangelo: Gv 18,1- 19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Leggiamo nella Lettera agli Ebrei: "Poiché abbiamo un grande sommo sacerdote che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato provato lui stesso in ogni cosa, come noi, escluso il peccato." (Eb 4, 14-15) Gesù, che il Padre ha esaltato come il Cristo Messia Salvatore è il vero sommo sacerdote che realizza un ministero del tutto particolare, di partecipazione alle nostre debolezze e alle nostre sofferenze, immedesimandosi in tutti gli aspetti precari del nostro vissuto, perché egli stesso ha subito ogni sorta di prove e di umiliazioni, come pure è stato sottoposto a precarietà e insufficienze. Il sacerdozio di Cristo è particolarmente suggestivo e singolare per questa "compassione" (con patire) nei nostri confronti, la quale non si fonda su una semplice condivisione del nostro stato d'animo quale potrebbe essere una fugace condoglianza o una sorta di cordoglio fra i molti che restano cosa estranea e avulsa, ma scaturisce dalla stessa sofferenza che Egli ha sperimentato, dal sacrificio, dal dolore e, come afferma la stessa lettera, soprattutto dall'obbedienza al Padre: "Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì"(Eb 5, 8). Infatti chi obbedisce, patisce. La sottomissione alla volontà altrui e la rinuncia alle personali predisposizioni, anche nei casi relativamente più semplici e piacevoli, procura sempre un certo grado anche minimo di dolore e quella di ubbidire è una virtù provata che richiede molto spesso le fondamenta solide dell'umiltà, della mansuetudine e pazienza. Non di rado obbedire è anche rinunciare, servire, deprezzarsi in vista dell'esclusivismo della volontà altrui nell'accettazione di ingiustizie, privazioni e sopraffazioni. In tutto questo noi abbiamo un incoraggiamento e un incentivo nonché una solida base per la perseveranza e la costanza nella persona del Cristo che per noi si è fatto obbediente fino alla morte di croce (Fil 2,8). Espressione massima della sottomissione alla volontà del Padre è infatti l'esperienza del Golgota nella quale Cristo si fa sommo sacerdote nell'annichilimento e nella sottomissione tipica dell'agnello condotto al macello che non resta impassibile agli oltraggi e agli insulti e alle umiliazioni (Is 53). Nella croce certo avviene qualcosa di grande e considerevole: Cristo offre se stesso come vittima immolata in luogo delle vittime animali prescritte dal Levitico, spargendo il proprio sangue in riscatto dei peccati degli uomini in luogo del sangue animale, rendendosi egli stesso Agnello e vittima di espiazione in luogo del prescritto capro espiatorio della Legge antica (Lv 16). Il suo sangue sparso sulla croce lo rende sacerdote eterno, non necessitato ad entrare ripetutamente in templi costruiti da mani d'uomo, ma essendo Egli stesso il tempio luogo di comunicazione fra Dio e l'uomo (Eb 9 - 10). Nel suo sangue siamo stati redenti e riconquistati al peccato. Lo stesso sacerdozio di Cristo, nella peculiarità dello strumento patibolare su cui viene consumato, ci ispira l'idea di Chi ha condiviso con noi pene, dolori, ingiustizie e riprovevoli discordie da parte di altri, per cui ancora adesso il nostro patire è anche il suo. Per dirla con San Paolo: "Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo ad edificazione del suo Corpo che è la Chiesa." La croce di Cristo è il luogo in cui le nostre attese si concepiscono speranze e dove trova senso il patimento continuo di nostri giorni terreni e per questo non possiamo omettere di considerare colui che imparò l'obbedienza dalle cose che patì e condivide con noi le medesime angosce, destinate però a non restare un dato definitivo in se stesse, ma orientate verso la gloria futura della risurrezione. La croce infatti, seppure è la configurazione del cristiano, non è l'ultima parola della sua vita e non tarderà a trasformarsi nella trasformazione delle speranze in certezze definitive di gioia infinita nel Cristo Risorto.

Onoriamo pertanto il vessillo del supplizio del nostro Redentore Sacerdote eterno che ostentiamo davanti all'altare nelle prime ore di questo pomeriggio; esso non è un semplice oggetto ligneo superficiale ma riproduce il medesimo Strumento di salvezza che intende accompagnarci passo dopo passo verso la gloria della risurrezione seppure nel passaggio doloroso ma necessario della croce e osserviamo anche come sulla medesima è Dio che muore. Sì, Dio autore della vita (At 3, 15) che nonostante possa averne ragione esercitando su di essa un indomito potere indiscusso si sottomette come tutti all'incognita della morte e al suo mistero intrinseco fondamentale; lui che aveva dominato la morte nella resurrezione della figlia di Giairo e dell'amico Lazzaro, si lascia da essa dominare nella consegna dello Spirito al Padre; probabilmente nel suo morire dopo lunga agonia Cristo vuole inculcarci l'associazione fra dolore e morte, fra provvisorietà e trapasso e rivelando che anche il morire ha un senso, come pure un senso ha la sua accettazione oggettiva. Questo senso si chiamerà poi risurrezione che avvincerà nel suo valore glorioso di salvezza tutti coloro per cui Cristo non morirà più, ma che per adesso si evince nella dimensione dell'Amore: morire per un'idea, per una causa o per una persona vuol dire amarla fino alla fine; lo dimostra non solo l'eroismo di chi offre la propria vita nel pericolo o nel dolore fisico, ma anche di chi accetta di affrontare l'impensabile che la morte comporta in se stessa. Insomma morire per qualcosa che ci è caro è espressione effettiva dell'amore e con il suo concedersi alla morte Cristo ama l'umanità immensamente essendo la sua causa l'umanità.

 

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