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TESTO Goia e novità

padre Gian Franco Scarpitta  

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (04/04/2010)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

"Pasqua" indica originariamente il "passaggio" da una condizione deleteria e avversa a un'altra più piacevole e apportatrice di gioia. Precisamente, alle origini, si trattava del passaggio dalla condizione di schiavitù del popolo d'Israele in Egitto alla liberazione da parte di Dio con la conseguente libertà per il popolo di raggiungere la terra promessa con la nefasta conseguenza che questa liberà diventava nuovamente occasione di inciampo e di peccato (Es 13 - 14). Nella notte in cui gli Israeliti vengono liberati, Dio provoca l'ultima piaga contro il Faraone con la morte del primogenito di ogni casa egiziana, ma notando nelle case degli Israeliti il segno del sangue dell'agnello precedentemente cosparso sugli stipiti e sull'architrave, riconosce le dimore dei suoi eletti e"passa oltre" per non colpire anche loro e questo passaggio indica la salvezza degli Israeliti stessi. Inutile aggiungere che la Pasqua è per noi il passaggio di Cristo dalla morte alla vita. Cristo esce infatti dalle tenebre del sepolcro dopo morte cruenta vivificato dallo Spirito Santo e si mostra con la nuova dignità di Risorto nel corpo glorioso per qualificarsi come fautore della vita e garante a tutti di vita eterna. Come poi proferirà Pietro ai Giudei, "avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l'autore della vita... Ma questo Gesù Dio lo ha risuscitato e noi ne siamo testimoni e che egli, autore della vita viene ucciso in cambio di un assassino per risuscitare e dare la vita a tutti" (At 3, 12 - 15). Come Dio preesistente con il Padre e lo Spirito Santo, nella creazione Cristo aveva dato già operato per la vita del creato, con la sua Incarnazione aveva apportato la vita già nel grembo della Vergine Maria essendo egli concepito di Spirito Santo e adesso nella Pasqua egli affronta la morte per realizzare il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita universale, essendo egli il Risorto primizia di coloro che sono morti (1Cor 15, 19-20), colui che non muore più in quanto la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9).

Tale passaggio di fatto è avvenuto in un particolare periodo della storia e di esso ci dà testimonianza la tomba vuota, lo stupore delle donne al vedere la pietra rotolata via, la corsa degli apostoli al sepolcro dove le bende sono ancora sparse per terra e il sudario ben piegato a parte. Ci viene attestato dalle apparizioni del Risorto, dalla professione di fede degli apostoli e dalla loro testimonianza a partire dal giorno di Pentecoste a Gerusalemme e viene tuttora preconizzato con gioia universalmente dallo stesso Cristo che attraverso lo Spirito Santo continua nella Chiesa la sua opera di salvezza. Quale atteggiamento assumere da parte nostra di fronte al più grande evento della storia che si è realizzato per noi come primizia di coloro che sono morti? Non c'è altra risposta se non quella del coinvolgimento del cuore e della sua apertura all'accettazione del mistero nella prospettiva esaltate della fede che è la soluzione del suo enigma: credere e affidarsi è quanto Cristo stesso ci chiede e quanto anche noi siamo chiamati a realizzare per una migliore impostazione della vita. Anzi, la Resurrezione è in se stesso un fatto vitale per chi desidera effettuare in se stesso il medesimo passaggio operato da Cristo dal sepolcro alla gloria, sempre tenendo presente che il vivere non è sopravvivere, ma il vivere è Cristo (Fil 1, 21). La resurrezione apre allora un nuovo programma di vita che si incentra su Cristo vittorioso sul sepolcro che esprima la gioia dell'appartenere a lui e in lui sperare, per lui e in forza di lui lavorare tutti i giorni, scegliere, lottare. E' un avvenimnento esaltante che rincuora, dona fiducia e motiva nella gioia apportando nuovi sentieri e prospettive ai travagli della nostra vita e che da parte nostra va vcoltivato e portato con noi, nonché treasmesso agli altri e per il quale non possiamo non optare per rivedere la nostra vita al meglio. Eppure le lacune epocali dei nostri tempi manifestano in noi un deplorevole stato di morte, che sta interessando anche coloro che della Risurrezione sono chiamati ad essere particolari latori, annunciatori e testimoni...

Se è vero infatti che non di rado, nel nostro ministero, noi sacerdoti possiamo sempre essere oggetto di insinuazioni calunniose, accuse infondate orchestrate deliberatamente a scopo distruttivo, resta pur sempre evidente d'altra parte che il fenomeno comprovato e sempre più crescente di atti turpi di immoralità da parte del clero a cui la cronaca ci costringe, assume livelli vertiginosi di emergenza sconcertante, imponendo che si intervenga risolutamente con tutti i mezzi senza misconoscere o eludere il fenomeno, affinché si ripristini la coerenza e la dignità evangelica dei responsabili di siffatti abomini. E' riprovevole e vergognoso che nei nostri saceddoti si verifichino nei nostri inauditi atti di immoralità che non di rado disperdono anche il popolo di Dio. Il fanomeno, di cui si scoprono anche numerosi trascorsi finora sottaciuti, non può non richiamare i preti alla coerenza della loro scelta preferenziale, a rivedere la loro vocazione e la serietà del servizio serio e reale al popolo di Dio e i colpevoli non possono esimersi dall'assumersi tutte le responsabilità dei loro atti, anche di fronte alla magistratura. Ciò nondimeno, sempre il Cristo Risorto ci esorta ad usare amore verso i sacerdoti anche in tristissime circostanze come la presente: se da una parte urgono seri provvedimenti punitivi, dall'altra occorre considerare che a sbagliare sono stati pur sempre soggetti precari e limitati come tutti gli altri, vittime anch'essi della perversione e del veleno della nostra umanità refrattaria e indifferente; e non trascurando che molte volte queste e altre carenze nel clero possono scaturire da uno stato di isolamento e di abbandono personale causato dalla mancata solidarietà e dal mancato sostegno da parte della gente. E' importante infatti per noi sacerdoti sentirci incoraggiati nelle difficoltà del ministero. A questo ci invita il Signore Risorto che proprio in questo Anno ad essi dedicato ci si propone come Colui che comunque si serve dei sacerdoti e della loro costante dedizione al ministero per la dispensazione della sua grazia sacramentale, in particolar modo nell'Eucarestia: tristissime circostanze come la suddetta non possono non incoraggiarci a stimare ulteriormente il dono che il Signore ci fa del ministero sacerdotale e adoperarci tutti in vista della santità dei ministri, ciascuno nella sua parte.

Nel passaggio dalla mestizia alla gioia senza fine abbiamo ottenuto liberazione e libertà, due concetti similari ma ben differenti se si considera l'importanza che ciascuno di essi assume: con la liberazione siamo stati affrancati dai gravami e dagli assilli che ci opprimevano come pure angustiavano il popolo di Israele in Egitto; la libertà è la condizione che ci deriva dalla liberazione per la quale non ci sentiamo più avvinti da nulla, ma possiamo contare sulla nostra deliberazione, sulle nostre capacità personali e sulla possibilità di decidere e di scegliere, che il Signore non ostacola, ma benedice. Nel renderci liberi, Dio mostra di riporre in noi il massimo della fiducia, poiché nella libertà incondizionata vi è anche la possibilità di tornare a danneggiare noi stessi con il peccato: come avvenne sempre agli Israeliti, idolatri perché sedotti da una subdola divinità data da un vitello aureo, ancora adesso Dio dopo averci liberati perché restassimo liberi (Gal 5, 1), concede che la nostra libertà possa avere anche conseguenze nefaste negli idoli e nelle divinità varie dei tempi odierni.

Ma perché ancora oggi viviamo come persone schiave, condizionate e oppresse? Perché, nonostante la legge di libertà a cui siamo stati chiamati (Gc 2, 20), ancora oggi ci muoviamo nella sfera sociale come soggetti spesso irresponsabili e liberisti, per i quali occorre l'esercizio di un continuo, severo controllo disciplinare da parte dell'ordine costituito? Non siamo capaci infatti di considerare che l'onestà e la rettitudine provengono nient'altro che dalla carità, che a sua volta scaturisce da un cuore sincero, da una retta coscienza e da una fede sincera (1Tm 1, 5) e non di rado ci si comporta c come se Cristo non ci avesse mai liberati, come se egli fosse rimasto per sempre sul sepolcro.

Le parole dell'angelo alle donne stupefatte ("Perché cercate fra i morti colui che è vivo?" Lc 24, 5) non sono affatto casuali né si limitano alla sola circostanza immediata dell'evento, perché sono di sprone a guardare in tutti i tempi al Cristo come al Signore dei vivi e non dei morti, a cercare lui nella deliberazione quotidiana per la vita per la quale la morte, il cui pungiglione è il peccato, è da rigettarsi categoricamente. Cercare fra i morti colui che è vivo equivale infatti a cercare un idolo e non un Dio Amore e misericordia, oppure a sottomettersi a un fantomatico Signore che opprime e schiavizza. Pasqua è la certezza che il nostro Dio è il Signore che ci si rende fratello a noi vicino, che ha vinto la morte per donarci la vita per sempre e che ci invita a optare sempre per il vivere distinguendo il defungere continuo del male, del vizio, della perversità e della costanza nel peccato.

L'augurio di Buona Pasqua che vi rivolgo voglia incrementare in tutti noi la gioia di questo passaggio dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla liberazione per una libertà costruttiva ed edificante e garantirci copiosi frutti di pace e di serenità.

Auguri vivissimi a tutti di Buona Pasqua nel Signore.

 

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