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TESTO L'amore che tutto vince

padre Gian Franco Scarpitta  

Domenica delle Palme (Anno C) (28/03/2010)

Vangelo: Lc 22,14-23,56 (forma breve: Lc 23,1-49) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 22,14-23,56

14Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, 18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». 19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».

21«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.

24E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. 25Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. 26Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. 27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove 29e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, 30perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele.

31Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; 32ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». 33E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». 34Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».

35Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 36Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». 38Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».

39Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». 41Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: 42«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 43Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. 44Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. 45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».

47Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. 48Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». 49Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». 50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. 51Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì.

52Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. 53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».

54Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. 56Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». 57Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». 58Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». 59Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». 60Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». 62E, uscito fuori, pianse amaramente.

63E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, 64gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». 65E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.

66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro sinedrio 67e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; 68se vi interrogo, non mi risponderete. 69Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». 70Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». 71E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».

1Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato 2e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». 3Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 4Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». 5Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui».

6Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo 7e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

8Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. 9Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. 10Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. 11Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. 12In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

13Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, 14disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; 15e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». 17[..]

18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». 19Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio.

20Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. 21Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». 22Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». 23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. 24Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. 25Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

26Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

27Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. 28Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. 29Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. 30Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. 31Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». 32Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

33Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. 34Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

44Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, 45perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. 46Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

47Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». 48Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. 49Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

50Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. 52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. 54Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. 55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.

A Gerusalemme probabilmente Pietro e altri apostoli arrivano in preda alla trepidazione, poiché sanno che il loro Signore vi resterà cadavere. La visione allusiva del monte Tabor non può estinguere nell'animo di Pietro, Giacomo e Giovanni il senso di angoscia e di paura per Gesù, che seppure li abbia tranquillizzati intorno al senso reale della sua severa condanna ha comunque predetto loro che a Gerusalemme sarà crocifisso, insomma che morirà ucciso di un supplizio fra i peggiori che si possano infliggere. Mentre però li vediamo incamminarsi verso la città di Giuda, domandiamoci anche noi: il significato reale di questo ingresso insolito a Gerusalemme è chiaro alla nostra generazione? Siamo convinti del perché Gesù, pur sapendo bene il suo destino, fa ingresso in questa città senza evitarne in alcun modo le vie di accesso principali? Intendiamo dire: abbiamo assimilato nel corso di tanti anni di cristianesimo la gloria e la passione di Gesù, che restano sempre inequivocabilmente associate, e soprattutto le abbiamo fatte nostre?

E' difficile rispondere, poiché il mistero della passione del Signore si radica in noi in modo vario e multiforme, secondo la sensibilità personale di ciascuno alla risposta alla chiamata divina alla conversione. L'itinerario di orientamento spirituale verso il Signore, che abbiamo effettuato in queste settimane che ci separavano da oggi, dovrebbero averci condotto alla comprensione di questo mistero dell'approssimarsi libero e gratuito di Gesù verso la croce, al punto che non sarebbe neppure necessario commentarlo perché basterebbe solo viverlo.

Ma guardiamo Gesù più da vicino, mentre entra nella capitale del Regno di Giuda. Viene osannato dalla folla che gli fa ressa tutt'intorno, gettando al suo passo mantelli, ostentando e lanciandogli addosso palme e rami frondosi, come si conviene a tutti i personaggi di gran rispetto nella Bibbia. Il suo ingresso è trionfale, paragonabile a quello di un generale dell'antica Roma dopo la vittoria di un conflitto importante o il conseguimento di un successo strategico militare: Gesù viene esaltato come il Signore Messia, così come era stato accreditato da Dio Padre per mezzo di prodigi, segni e opere di misericordia che attestano l'amore invitto di Dio (At 2, 22). Di lui si riconosce la grandezza del Signore, in lui si esalta l'amore infinito di Dio Padre che instaura il Regno di Dio realizzando le antiche promesse e la sua venuta non può essere che interpretata in termini di gloria ed esultanza.

Ma come dicevamo all'inizio, alla gloria subentra l'angoscia, l'ansia e la paura. Infatti, lo stesso Signore glorioso, nel quale si conosce inequivocabile l'amore del Padre, è destinato alla croce. Gesù lo sa benissimo, lo aveva previsto e lo palesa nell'emblematica cavalcatura sulla quale procede allusiva di estrema umiltà, così come la descrive Zaccaria: "Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. " (Zc 9, 9).

Gerusalemme è il luogo in cui l'esultanza sta per trasformarsi nel dramma di una solitudine straziante che si concluderà con la morte di Dio, reietto e abbandonato a se stesso sul patibolo. Ecco allora il vero senso di questa festa liturgica che ci vede stretti fra tantissima gente, come mai nel corso dell'intero anno liturgico, ad ostentare una decorata palma appena acquistata nella bancarella accanto alla chiesa: l'esultanza per un Dio che riconosciamo come il Signore indiscusso e incontrastato della nostra vita, che partecipa delle nostre angosce e dei nostri problemi assumendoli fino in fondo e che si immedesima nelle precarietà apportate dal nostro peccato. Ma allo stesso tempo anche il dolore di fronte a un Dio che sceglie di smentire se stesso donando le proprie membra al patibolo infame sempre per amore dell'umanità. Avremo tutto il tempo nei giorni che seguiranno di mettere a fuoco ciascuno degli eventi che interesseranno il Signore che patisce per i nostri peccati paragonandosi al Servo Sofferente di Yavèh di cui Isaia 52 - 53; potremo associarci anche noi alla sua passione e alla disperazione di chi lo sta accompagnando nel martirio e configurarci a lui mentre di volta in volta enumeriamo i nostri limiti e le nostre ridicole mancanze morali, mentre lui spende la sua gloria divina sulla croce. La croce in ogni caso è il consolidamento definitivo dell'amore del Padre, il suo avallo definitivo, la prova certa e indubbia che noi di esso possiamo avere e che la gioia dell'ingresso trionfale si trasformi in ansia, paura e trepidazione è per noi partecipazione al dolore espiativo di Cristo. In quella che comunemente si potrebbe definire la sconfitta di Dio, noi ravvisiamo una vittoria a vantaggio dell'uomo. Dio vince per noi sulla croce perché ci guadagna alla vita riscattandoci dal peccato e dalla morte, che affronta lui stesso senza esitazione per ongingere - come diceva qualche teologo - la terra al cielo. Questi due eventi apparentemente contrastanti della gioia e del dolore richiamano la nostra attenzione a che anche per noi si dischiuda come regolare della nostra esistenza la duplice prospettiva del riso e del pianto perché sappiamo gioire ed esultare come pure accettare l'assillo della tristezza e dell'angoscia. Gioire con chi è nella letizia e piangere con chi si trova nelle lacrime (Rm 12, 15) è la prerogativa di chi non rinuncia ad essere uomo e molto più di chi accetta di essere cristiano e per ciò stesso la gioia e il dolore sono all'ordine del giorno e ci accompagnano entrambi come opportunità da non perdersi e trovano il loro fondamento il colui che è entrato a Gerusalemme osannato per trascorrervi una triste permanenza. Lo spirito si tempra con la prova e si risolleva con la letizia e parafrasando Ungaretti possiamo dire che la morte si vince vivendo. L'amore sconfigge la morte e la desolazione ostile del Carso perché ha sconfitto gli scherni e le ostilità del Golgota.

 

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