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TESTO Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti

don Romeo Maggioni  

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Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo (Anno B) (14/06/2009)

Vangelo: Mc 14,12-16.22-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 14,12-16.22-26

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

I Francesi chiamano questa giornata: Fête-Dieu, la festa del nostro Dio.

Sì, perché il Dio cristiano è un Dio speciale: un Dio che ha preso carne, unendosi alla nostra umanità, sacrificandovi la vita per il suo riscatto, per portare ogni uomo alla più piena comunione con la divinità. Un Dio che s'è scomodato e compromesso, dimostrando che "non c'è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici".

L'Eucaristia è la fonte e il cuore di tutta la nostra fede: lì Gesù vi ha concentrato tutti i suoi gesti salvifici, lì ce ne comunica il frutto facendo crescere in noi la vita divina fino a farci divenire "simili a Lui".

Vogliamo oggi capire cosa significa che la Messa è il sacrificio della nuova ed eterna Alleanza.

1) IL SACRIFICIO DELL'ALLEANZA

Il vangelo di oggi descrive la cura con cui Gesù ha celebrato quella cena pasquale dell'anno 30, l'ultima dell'antica alleanza e la prima della nuova alleanza. Riprendendo tutti i riti dell'antica, li trasformò in quella nuova. In particolare nella cena ebraica si mangiava un agnello che era stato immolato al Tempio, il cui sangue era versato sull'altare a significare alleanza di sangue, di vita e di destino del popolo col suo Dio, come già era avvenuto a conclusione dell'alleanza al Sinai (cfr. prima lettura).

Ora Gesù parla "del MIO sangue, il sangue dell'alleanza": all'agnello della pasqua ebraica egli sostituisce se stesso, il suo corpo spezzato e il suo sangue "versato per molti", cioè sacrificato in croce come "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". "Per le sue piaghe noi siamo stati guariti": è un sacrificio offerto a nostro favore e a nostro riscatto.

Ma in che consiste più propriamente il sacrifico di Cristo? Certamente nell'essere immolato, materialmente sacrificare la vita; ma non è questo lo specifico. Dio non vuole la morte per la morte (pensiamo al sacrificio di Abramo, dove Dio ha risparmiato il figlio Isacco), ma vuole il cuore, vuole l'atto di fiducia totale fino al segno di un amore che sa dare la vita se necessario. La croce è quindi l'atto d'amore-obbedienza che finalmente un uomo è riuscito ad esprimere nei confronti di Dio dopo che tutta l'umanità l'aveva rifiutato e disobbedito con il peccato. A nome di tutti gli uomini, solidale con noi, Gesù dice come nostro capo il primo sì a Dio, per invitare e aiutare anche noi a dire il nostro sì.

Ed ecco il frutto di quell'atto: "Con il proprio sangue - ci dice oggi la Lettera agli Ebrei - ci ha procurato una redenzione eterna; offrendo se stesso senza macchia a Dio, ha purificato la nostra coscienza dalla opere morte, per servire al Dio vivente". Egli è diventato così "il mediatore di una nuova alleanza", cioè di un nuovo nostro rapporto di comunione con Dio, per il quale veniamo riscattati dalla colpa col perdono, dalla morte con la risurrezione, dalla precarietà e miseria con la partecipazione alla vita divina, a ricevere cioè "l'eredità eterna che ci è stata promessa" (Sec. lettura).

Gesù in quell'ultima cena l'aveva ben promesso: "In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno di Dio" (Mt 26,29). Ricordiamolo: siamo invitati a quel banchetto di comunione piena e perenne con Dio, dove Lui stesso, per la soddisfazione di averci suoi commensali, "si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci" (Lc 12,37).

2) LA NOSTRA MESSA

In quella cena pasquale, alla vigilia della sua passione, Gesù volle racchiudere in un segno tutto il mistero della sua morte redentrice: prese del pane, lo spezzo e disse: questo è il mio Corpo spezzato per voi. Poi prese il calice del vino e disse: questo è il mio sangue sparso per voi. Cioè: questo del pane e del vino sono dei segni che ricordano il mio consumarmi per voi, e al tempo stesso contengono e ripresentano quell'atto compiuto in croce, e in più ne comunicano il frutto, in forma di alimento, cioè di forza e trasformazione.

"Fate questo in memoria di me". Ho fatto così perché la redenzione fosse presente dappertutto e in ogni tempo, accessibile ad ogni uomo che vi voglia attingere salvezza. La messa rinnova l'ultima cena, che a sua volta è il sacramento (il segno efficace inventato da Gesù) della sua redenzione.

E aggiunse: Prendere e mangiate; prendete e bevete! Perché "chi mangia di me vivrà per me" (Gv 6,56). Nella messa è reso presente il sì di Gesù e a noi ne viene comunicata la capacità, perché a nostra volta siamo anche noi resi capaci di dire i nostri sì d'obbedienza a Dio ogni giorno. Quel sacrificio spirituale del cuore di Gesù che s'è affidato tutto a Dio anche nei momenti del rischio supremo, ora è reso possibile anche a noi perché Gesù come fratello maggiore ce ne dà l'esempio e la forza.

Fare la comunione alla messa significa appunto mettere dentro il cuore tutta l'obbedienza di Cristo al Padre, e, naturalmente, essendo la volontà del Padre la salvezza dell'uomo, significa anche mettere dentro tutto l'amore divino per l'uomo.

A noi è richiesta certo una docilità e una adesione libera e consapevole. Nello stipulare l'alleanza antica, Israele al Sinai ha promesso: "Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!". Nell'atto supremo del suo sacrificio, Gesù disse al Padre: "Non la mia ma la tua volontà sia fatta".

La grazia che il sacramento ci comunica deve tradursi in una obbedienza della vita, in una sintonia del cuore e della volontà con Dio, così da realizzare in un modo personale e concreto l'alleanza e la comunione con Lui. E più concretamente, una sintonia che si traduca nella carità, perché Gesù - col segno della lavanda dei piedi fatta in quella cena - ci ha comandato: "Amatevi, come io ho amato voi"; spendetevi l'uno per l'altro, come ho fatto io!

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E noi come viviamo la nostra messa festiva?

Come un bisogno di perdono, anzitutto. Ogni domenica arriviamo qui col fardello di tante infedeltà, e Dio ci perdona per i meriti del sacrificio di Cristo che si rinnova.

Come bisogno di verifica e quindi di rinnovata adesione al suo disegno e alla sua volontà. Col registrarci sulla sua Parola, ma anche col ricaricarci della voglia e della forza di fare

il bene.

Coll'offrire anche i nostri piccoli atti di obbedienza e d'amore, perché versati come gocce d'acqua nel calice dell'offertorio, divengano col sangue di Cristo partecipazione e collaborazione alla redenzione nostra e dei nostri fratelli.

E col ripartire rifocillati della forza divina con la comunione che facciamo. Avremo così il coraggio di vivere tra noi l'amore col quale Dio ci ama.

Grande ricchezza, la Messa, necessità non obbligo per un'anima che la vive con la fede. Ce la conceda questa fede la celebrazione solenne che oggi facciamo del mistero più grande e più efficace di tutta la nostra santa religione.

 

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