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TESTO Conversione: la fatica dell'amore

don Maurizio Prandi

III Domenica di Quaresima (Anno C) (07/03/2010)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Siamo arrivati alla terza grande catechesi che la Liturgia ci propone in questo tempo di Quaresima: le letture di oggi ci invitano alla conversione.

Nelle comunità qui a Cuba ci siamo domandati quando è cambiato qualcosa nella nostra vita. Le risposte sono state più o meno queste: la nostra vita cambia quando succede qualcosa, quando un avvenimento positivo (un perdono ricevuto come diceva Pedro ad Amaro) o negativo (un dolore per una figlia malata di leucemia e che guarita ha ricevuto il battesimo pochi giorni fa) ci segna da vicino, o una parola (i missionari che hanno portato il vangelo nelle comunità) entra nella nostra vita. Ho ritrovato questi elementi in quanto letto in un commento della comunità di Bose alla Liturgia della Parola di questa domenica: la prima lettura ci parla di Mosè che dentro alla vita di tutti i giorni, semplice, ripetitiva, faticata coglie l'opportunità di ascoltare una parola di Dio rivolta a lui; la seconda lettura, che ci invita ad ascoltare nella Scrittura la parola che nei secoli Dio ha rivolto all'uomo; il vangelo, nel quale Gesù, raccontando di storia contemporanea, fa un invito forte al cambiamento e alla conversione. Questi tre luoghi allora diventano per noi tre atteggiamenti fondamentali scrive E. Bianchi: ascolto per quello che riguarda la quotidianità, fare memoria per quello che riguarda la Scrittura, discernere per quello che riguarda la storia.

Bellissima la vicenda di Mosè così come ce la racconta il libro dell'Esodo: In quei giorni, Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb... l'incontro con Dio nasce da uno sbaglio, da un errore, almeno così lo interpreto io, che non me ne capisco di greggi e che mai porterei delle pecore a pascolare attraversando un deserto. Mosè è costretto a cercare un pascolo oltre il deserto. Allora è possibile incontrare Dio anche se ci siamo sbagliati, anche se non abbiamo fatto tutte le cose bene. E' senza volerlo che Mosè arriva al monte della rivelazione. Oggi siamo aiutati a comprendere come le fasi della nostra vita, legate alle necessità, conducano verso l'incontro con Dio (d. Giuseppe Dossetti). Poi (e qui il riferimento importante alla conversione) il desiderio di Mosè di avvicinarsi: Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo. Bello che nel testo in aramaico ci sia scritto voglio scostarmi, voglio allontanarmi, voglio spostarmi... cosa vuol fare Mosè? Avvicinarsi o allontanarsi? semplicemente vuole cambiare strada, vuole allontanarsi da sentiero che sta percorrendo per vedere bene che succede. Che bello... Mosè inizia ad abbandonare la sua via per avvicinarsi al Signore anche se ancora non lo conosce... quando comprenderà che chi gli parla è Dio e quindi lo conoscerà, allora si coprirà il volto perché a spingerlo non sarà più la curiosità (chi non conosce Dio è curioso e cerca dei segni scriveva don Dossetti) ma la consapevolezza di una debolezza, il non poter fissare lo sguardo: si copre il volto per poter stare alla presenza di Dio. E' bellissimo anche il volto di Dio che emerge da questo testo: un Dio attento al suo popolo. Con lo sguardo attento ho visto la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze... due cose importanti qui: l'attenzione che Dio pone nel guardare ed ascoltare il grido di ciascuno (ma si apprezza nel testo originale ebraico) e il fatto che per la prima volta si parli qui di Israele come suo popolo: è nel momento della prova, della sofferenza, del buio, della sconfitta che Dio ti dice che sei suo, che a lui appartieni e ti fa sentire tutto il suo amore.

Sento che la medesima misericordia traspare dal brano di vangelo che abbiamo ascoltato e dall'invito che Gesù ci fa a coinvolgerci nelle vicende delle persone, a partecipare senza giudicare frettolosamente. Giudicare come peccatori e meritevoli di morte diciotto persone decedute nel crollo di una torre è certamente quanto di più stupido e superficiale si possa fare (è arrivata anche qui a Cuba la eco della predicazione di un pastore che ha dichiarato che il terremoto di Haiti ha come causa prima il peccato degli abitanti dell'isola). C'è una insensibilità agli eventi, un'indifferenza, un non lasciarsi toccare che è già un morire. Se non vi convertirete cioè se non vi lascerete toccare, perirete allo stesso modo cioè morirete schiacciati, soffocati dalla vostra indifferenza. Segno di misericordia è anche l'invito a faticare intorno a chi non porta frutto. Certo che la strada più breve di fronte ad un fico che non porta frutti (è stato buffo capire dalle facce dei cubani che di alberi di fico loro non ne hanno mai visti!... abbiamo rimediato con la guaiaba certamente più conosciuta qui...) è quella di tagliarlo e di non pensarci più (penso a quante amicizie troncate, a quante fughe da situazioni ormai compromesse, a quanti perdoni mancati) ma il vangelo ci dice che l'infecondità dell'albero diviene per il vignaiolo diviene l'invito a lavorare ancora e ancora di più affinché tutto sia fatto per mettere la pianta in condizioni di portare frutto. Alla tentazione della durezza e dell'esclusione, la parabola oppone la fatica raddoppiata dell'amore. Qui sento un'altra conversione importante per me: la necessità di aspettare i tempi degli altri. Mi riconosco impaziente ed incapace di questo quando mi risento un po' se dopo una serie di incontri in una comunità siamo sempre punto e capo, all'inizio. Che bello invece quando ci si scopre pazienti e capaci di riconoscere nella incompletezza e inadeguatezza degli altri la nostra inadeguatezza.

Forse è proprio per questo che S. Paolo avverte chi si sente troppo sicuro di se stesso o della sua appartenenza alla comunità. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere... il povero, ma anche colui che nella sua incapacità a governarsi cerca di sbarcare il lunario e prova a raggirarti, colui che nulla può per la situazione in cui si trova ma anche colui che non vuole impegnarsi per uscirne, non sono situazioni da valutare, ma specchi in cui riconoscermi, per poter capire quanto ancora devo lasciar lavorare dentro di me Dio, la sua Parola, la sua misericordia.

Buona domenica a tutti.
maurizioprandi@obistclara.co.cu

 

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