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TESTO Il Signore è misericordioso e paziente

don Roberto Rossi  

III Domenica di Quaresima (Anno C) (07/03/2010)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Il Signore è misericordioso e paziente. Con le parole del salmo oggi possiamo pregare, avvicinarci a Dio, contemplare la sua bontà infinità, accogliere i suoi benefici e la sua salvezza, e sperimentare la sua misericordia e la sua pazienza.

Le letture sono il racconto di questa bontà, di questa premura e misericordia del Signore verso i suoi figli.

Innanzitutto possiamo notare come avviene la chiamata di Mosè perché diventi lo strumento di Dio per la liberazione del suo popolo, dei suoi figli, schiavi in Egitto.

La narrazione della vocazione di Mosè implica anche la rivelazione del nome di Dio: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". La curiosità provocata dal prodigio del roveto ardente spinge Mosè ad avvicinarsi; dal roveto, Dio chiama Mosé per due volte. Al patriarca, che manifesta disponibilità, il Signore rivela un progetto di liberazione, da comunicare al popolo. E in seguito, ad una domanda di Mosè, Dio dichiara il proprio nome: "Io sono colui che sono", e aggiunge: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". In realtà, forse Mosè non avrà capito la frase "Io sono colui che sono", cioè sono colui che fa esistere, colui che ti è presente, colui che sarò, e come tale mi manifesterò.

Informato sull'identità di Dio, Mosè accetta di annunziare la salvezza, trasmettendo le parole divine: "Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese, verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele".

Si entra decisamente nella spiritualità pasquale: la liberazione di Israele dall'Egitto è la prefigurazione della libertà e della salvezza operata e offerta da Cristo, attraverso la sua morte e resurrezione e, lungo la storia, attraverso i sacramenti. San Paolo ricorda ai Corinzi il comportamento degli Israeliti nel deserto, le mormorazioni contro Mosè e contro il Signore; quei cristiani sono edotti sul divieto di mormorare. Inoltre si ricorda il miracolo dell'acqua uscita dalla roccia, "e quella roccia era il Cristo". L'interpretazione degli eventi è pienamente Cristologica; si allude al battesimo e alla grazia dei sacramenti.

In questa domenica di Quaresima, la fede è formata con una riflessione sulla liberazione dall'Egitto e sull'acqua uscita da una roccia che accompagnava il popolo: questo avviene nella vita di quanti diventano cristiani.

Con l'evangelista Luca si riflette invece sui segni dei tempi, con un tentativo di capire episodi violenti della storia di Israele. Nelle situazioni difficili non è il Signore che manda dei castighi: il Signore è sempre accanto ai suoi figli per ravvederli, dare loro grazia e forza, per portarli alla conversione e ad una vita operosa che porti frutti di bene.

Il Signore, misericordioso e paziente, concede ancora un po' di tempo per fruttificare. Può essere la situazione di ciascuno di noi. La nostra vita è ancora così lontana dalla bontà, dalla generosità, dalla santità. Il Signore, con tutte le grazie che ci ha dato, si aspetterebbe tanti frutti e invece siamo sempre tanto spogli. Possiamo imparare dall'uomo della parabola che dice: "zapperò, metterò concime, curerò... e vedrai che porterà frutti". Scriveva un giovane, dopo una riflessione su questo fatto: "Signore, abbi pazienza ancora un po' con me, cercherò di darmi da fare, nella vita spirituale e vedrai che porterò frutto, per amore a te e per il bene di tanti fratelli". Questo è un bel segno di un cammino quaresimale nell'impegno.

 

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