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TESTO Nel fondo delle intenzioni

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Quaresima (Anno C) (21/03/2010)

Vangelo: Gv 8,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Attraverso immagini, simboli e allegorie il profeta Isaia (o meglio il Deutero Isaia) descrive il rinnovamento e il nuovo sistema di cose che il Signore sta per apportare nella storia. Ricorda innanzitutto parole e fatti di liberazione del popolo dall'Egitto e l'intervento potente e creativo con cui Dio aprì le acque del Mar Rosso per farvi transitare gli Israeliti mentre gli Egiziani, con i loro carri e i loro cavalli, venivano travolti dalla veemenza delle stesse acque che si richiudevano; poi il profeta conclude: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa." L'immagine invita a procedere oltre, dimentichi del passato e protesi verso il futuro (Fil 3, 13) in seguito ai prodigi che Dio ha compiuto a vantaggio dell'uomo, a motivarci nell'amore di Dio come unico criterio di scelta e motivazione fondamentale, a rinnovare le nostre attese perché da semplici aspettative diventino speranza.

La novità apportata da Dio riguarda il suo amore nei nostri riguardi e di conseguenza il nuovo metro di apertura e di confidenza che noi si deve avere nei suoi confronti che richiede l'ottica della figliolanza e della fiducia libera e spontanea; ma ch proprio per questo comporta da parte nostra una nuova visione del peccato che determini il nostro itinerario di conversione seria e radicale, per la quale si accetta veramente la novità risolutiva con cui Dio vuole trasformarci. In altre parole, Dio che promette ogni bene e ogni e che di fatto porta a compimento le sue promesse ci chiede una riconsiderazione del peccato che interroghi soprattutto il nostro intimo, non già la prescrizione rigida e fissista di una normativa scritta o una prescrizione esteriore. Il peccato (che Paolo nelle sue lettere descrive quasi sempre come un concetto globale, uno stato di vita) va guardato come il costitutivo della nostra vita al quale tutti sono soggetti, la dimensione esistenziale che ostacola o rovina i nostri rapporti con Dio e che va recisa fin dalle sue origini, cioè fino al cuore dell'uomo. Il peccato inoltre non va individuato nei soli atti sensazionali e scandalosi che siamo soliti guardare solo in coloro che peccano "gravemente"; tale concezione, purtroppo corrrente anche ai nostri giorni, ci porta erroneamente a ritenerci a posto con la coscienza quando solo perché omettiamo di rubare o di uccidere. Esso va visto anche nelle "piccole" azioni deplorevoli, in quelle che sono le mancanze apparetemente irrilevanti e che in realtà, nonostante la nostta disattenzione arrivano sempre a rovinare i nostri rapporti anche con il prossimo. Potremmo fare tanti esempi. Seppure non sempre commettiamo atti turpi e riprovevoli, non per questo non siamo peccatori. Anche se la coscienza non ci rimprovera disattenzioni morali di grave entità, non per questo siamo autorizzati a pensare che essa non ci rimproveri proprio nulla... Chissà, forse non ci mette di fronte a peccati di grossa gittata sociale, ma certamente può metterci in vista il marcio delle immancabili colpe non palesate ma pur sempre consistenti e comunque sempre atti da cui redimersi e per i quali chiedere perdono. Una canzone di De Gregori si domandava: "Dimmi da che parte stai? Da parte di coloro che rubano nei supermercati o di chi costruisce i supermercati rubando?" Rispondiamo: riprovevole e scandaloso e meritorio di seria condanna è il secondo di questi due casi, ma neppure il primo caso è legittimo: anche rubare nei supermercati è moralmente illecito e che si possa farlo qualche volta in situazioni estreme di necessità non significa che si debba farlo sempre e comunque.

Ma lasciamo che a parlare a tal proposito sia la pagina evangelica di oggi, che in un semplice episodio avvincente ci ragguaglia su quanto abbiamo appena affermato. E' vero, questa donna colta sul fatto in caso di adulterio merita la riprovazione e la condanna prevista dal Deuteronomio, ossia la lapidazione. Il suo peccato è evidente, scandaloso e sconcertante e neppure Gesù lo mette in dubbio, visto che al termine di ogni cosa le rivolge l'invito "Va e non peccare più". Ma siamo sicuri che fra tutti quegli uomini (e donne) che la stanno accusando e processando nessuno si sia mai macchiato di una colpa? E' possibile che nessuno di loro abbia mai commesso peccato? Non importa se di entità palesata o misconosciuta, certamente almeno qualcuno di questi soggetti inviperiti avrà commesso qualche misfatto o mancanza davanti a Dio e se l'adulterio è deprezzabile come atto turpe e scandaloso tutte le altre colpe non sono certo da meno. Nessuno ha quindi il diritto di scagliare una pietra contro questa donna adultera; piuttosto tutti avremmo di che farci lapidare per i nostri peccati, indipendentemente di quale natura e di quale portata essi siano, perché sempre di peccato si tratta seppure non sempre eclatante e non sempre manifesto. Di più: chissà poi se questa povera peccatrice, colta sul fatto mentre commetteva adulterio probabilmente fornicando con un altro uomo, avesse avuto davvero intenzioni malvagie e disoneste? Chi dice che in cuor suo non avesse avuto ben altre intenzioni e malauguratamente si sia ritrovata a peccare in atto ma non potenzialmente? E' possibile infatti che il suo sia stato semplicemente un caso accidentale e comunque non del tutto concorrente con la volontà. Tantissimi sono invece i casi nei quali si pecca di adulterio nell'intimità di cuore e la coscienza ci rimprovera dei peccati intenzionali, che sebbene non si trasformano in concreti atti di incoerenza morale sono pur sempre peccati. Anzi, lo sono più di quando vengano palesati, perché scaturiscono da un cuore mal disposto e da una coscienza meschina che cova nell'intimo la medesima malizia e perversità che rivelerebbero nelle azioni concrete. San Francesco di Paola, Fondatore del mio Ordine, esortando un penitente al Sacramento della Riconciliazione una volta gli disse: "Va' pulisci la tua casa, cioè la tua coscienza e sii no bbono cristiano". La coscienza infatti è la casa, cioè la dimora delle intenzioni dell'uomo la cui clausura nessuno può violare, che interessa sempre la nostra sfera personale irraggiungibile da qualsiasi occhio indiscreto, ma che sfugge a chiunque eccettuando Dio. Essa ci colloca in continua relazione con noi stessi e provvede essa medesima a smascherare le nostre colpe fondamentali e nessuno in realtà può resistere ai suoi tribunali. Può anche redarguirci su tutte le intenzioni cattive prima ancora che diventino fatti concreti, rivelando la ruggine della nostra malvagità intenzionale che è già peccaminosa, poiché è dal cuore dell'uomo che scaturiscono pensieri e volontà di ogni sorta. Chissà quanti di noi, al confessionale, si ricordano di certi comandamenti che il Catechismo di Pio X descriveva come "Non desiderare la roba o la donna degli altri" e se di conseguenza ci si accusa di mancanze di tal fatta?

Il segreto del nostro successo comunque non è la legge fissista di un comandamento che imponga discipline esteriori sul peccato, ma la consapevolezza generale del peccato come rovina dei nostri rapporti con Dio e per ciò stesso come distruzione dell'uomo: del peccato certamente non occorre avere paura, ma convincerci della sua perniciosità e inutilità di fondo e di conseguenza della necessità di estirparlo fino dalle sue radici perché non resti impronta di esso nella nostra vita. Ancor meglio, la chiave di volta del problema è la consapevolezza della comunione che occorre instaurare con Chi intende ricominciare daccapo ogni cosa con noi, spianando una strada nel deserto, dimentico del passato e proteso verso il futuro e rinnovandoci fino in fondo. Cioè nel fondo delle nostre intenzioni.

 

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