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TESTO Il dramma e la dramma

don Luciano Sanvito

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (14/03/2010)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

La parabola della vita famigliare si insinua nel vangelo odierno quasi a mo' di domanda, a chiedere: che valore ha una famiglia dove oggi tutto si sperpera, si spreca e là dove si gode appieno, a scapito di chi come il Padre ha fatto tanto sacrificio per ritrovarsi un fuggitivo sperperone poi ritornato e gratuitamente riabilitato, e un altro incapace di godere appieno della famigliarità paterna e della fratellanza forse mai comprese appieno?

Attendere il ritorno di un figlio che poi arriva, a che vale se ne riparte poi un altro, il fratello che sembrava essere il giusto, il buono, il bello e il bravo, e invece non lo è?

Una famiglia ricomposta, o piuttosto non altrimenti disgraziata? Sarà poi ritornato ancora quel secondo figlio, che era poi il primo, o sta ancora arrabbiato e scontento?

Nelle nostre famiglie, specie religiose, accade ancor oggi qualcosa di simile: osservanza nelle ipocrisie del momento, ossequi e saluti al Padre, ma poi, al momento della drammaticità, della croce, del problema, proprio quando occorre essere uniti, eccoci disgregati e disgreganti perché ‘a me non è stato dato quel capretto che mi attendevo di diritto', e sono invidioso e rosso paonazzo per ‘il vitello ammazzato per far festa a colui che io ucciderei con le mie mani', ma non posso...

E la domanda allora ritorna, stavolta così: il mio essere in famiglia(rità) si fonda su un dramma da evitare o su una dramma da apprezzare? Si fonda su ciò che piace a me o su ciò che vale per noi? Se guardo ai miei sensi, chi tengo caro per me in questa famiglia del vangelo, che è poi specchio di ogni altra? Chi è prezioso come una dramma per me? Il vitello? I miei amici? Il disporre pienamente dei beni? Il tenere stretta a me l'eredità? Il non far entrare nessuno che io non voglia in questa casa? Il non lasciare che nessuno esca senza il mio benestare? Che ci siano le regole chiare per stare in casa? Che si entri solo alle mie condizioni? E il Padre, scusate, dove è andato a finire in questi interrogativi che sembrano accompagnarsi ai drammi delle nostre famiglie odierne, dove tutti e tutto hanno valore, tranne proprio Lui, il Padre?

Non è la mancanza del riferimento a Lui che fa perdere il valore e il senso al nostro essere famiglie serene anche nei drammi? Non era Lui la dramma vera e propria, in riferimento alla quale aveva poi senso e valore il nostro essere (in) famiglia?

Intanto, il banchetto di festa del figlio prodigo va ad iniziare: è la liturgia di questa Domenica, centrata sul verbo "laetare": invito alla festa, al banchetto della gioia della famigliarità costruita, centrata, revisionata, ricostruita e compattata dal valore dell'Eucarestia: un dramma o una dramma sarà la nostra adesione?

 

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