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TESTO Una chiesa che si identifica con i poveri

don Maurizio Prandi

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/02/2010)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

E' sempre bello il cammino che la Parola di Dio ci fa fare domenica dopo domenica; possiamo quindi leggere il vangelo di oggi in continuità con quanto abbiamo ascoltato domenica scorsa. Sento infatti che c'è un bel collegamento tra le beatitudini di oggi e la vicenda di Pietro e dei suoi compagni, questo collegamento lo chiamo così: dal fallimento alla speranza.

Ricordate come Gesù abbia chiesto a Pietro la sua barca per poter parlare alle molte persone che si erano riunite? Leggevo in questo particolare un segnale importante della misericordia di Dio. La barca di Pietro, ovvero il luogo del fallimento, della sconfitta, del non-senso (umanamente parlando), diventa il luogo dell'annuncio della Parola di Dio, il luogo della speranza... grazie alla tua barca (immagino che possa dire Gesù), posso parlare a questa gente, aiutare le persone a trovare un senso nuovo alla loro vita. Dio sceglie il luogo delle nostre sconfitte per dirci che là dove noi vediamo un deserto può fiorire un'oasi, là dove noi vediamo l'oscurità può brillare la luce. E' in questa direzione che leggo le Beatitudini che abbiamo appena ascoltato: la povertà da una parte, ovvero (per il termine che Luca nel suo testo greco), la totale mancanza di cose e la promessa di divenire custodi del Regno; la fame, ovvero il vuoto e la sazietà, ovvero la promessa di una parola che riempie di amore la vita; il pianto, ovvero il dolore (per le proprie vicende personali e per quelle dei fratelli e sorelle che soffrono), e la gioia, cioè la promessa di una consolazione; il rifiuto da parte degli uomini, ovvero la solitudine e la non comprensione e la ricompensa un giorno, nei cieli, ovvero la promessa di godere per sempre di un Dio che è accoglienza.

Sento che personalmente c'è ancora un cammino lungo da compiere, ma almeno la chiarezza sulla direzione da imboccare mi pare ci sia: quella di desiderare di cogliere nelle mie fatiche, nei miei fallimenti il luogo di una promessa che Dio mi fa. Essere in una missione qui a Cuba significa innanzitutto condividere una condizione (e non so quanto sono capace di farlo), se non di fallimento per lo meno di stallo, dove tutto sembra fermo, per poter dire, insieme a questa gente: anche io desidero, insieme a voi, credere ad una promessa, insieme a voi vedere una luce, insieme a voi essere animato da una speranza.

La parola della condivisione emerge chiaramente se leggiamo interamente il brano del vangelo di Luca che oggi la liturgia ci propone (mancano infatti due versetti importantissimi) I due versetti saltati sono decisivi per la comprensione della novità che Cristo manifesta. " (c'era gran folla) che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti". Da questi poveri Gesù distoglie lo sguardo. Identificare i poveri come facciamo noi vuol dire avere bisogno di loro per fare opere buone. Gesù distoglie lo sguardo da loro e alzatolo verso i discepoli, dice loro: "beati voi poveri". La presenza delle moltitudini, di quelli chinati per la propria povertà, riguarda essenzialmente la chiesa. Questo alzare lo sguardo indica il vero modo di intendere le folle: la povertà di quelli che voi chiamate poveri va risolta. Quello che Dio vuole è che "voi" diventiate poveri, che "noi" diventiamo poveri. Gesù non fa la scelta dei poveri come noi la intendiamo: è la prospettiva per cui non sarà più la chiesa che si occupa dei poveri, ma che condivide con i poveri, che si identificherà con la povera gente, con coloro a cui appartiene il regno di Dio (don Daniele Simonazzi).

In quello che Gesù oggi ci dice, colgo questo invito molto forte: pronunciare parole buone, che siano di benedizione e di amore, mai parole di condanna o di giudizio, parole che più che suscitare speranza fanno nascere la paura. Proprio oggi, pregando l'Ufficio di lettura leggevo parole bellissime che vanno proprio in questa direzione: siamo chiamati ad essere compassionevoli, caritativi, con i nostri fratelli e sorelle portare su di noi le loro debolezze e fare così in modo di far sparire le loro cattiverie... l'amore deve essere quello che in ogni momento ci induce ad agire o a fermarci, a cambiare le cose o a lasciarle come stanno. L'amore è il principio per il quale e il fine verso il quale tutto in noi deve orientarsi (beato Isacco, abate del monastero di Stella).

La liturgia della Parola ci aiuta a fare anche un altro passaggio importante, sempre sulla stessa linea del precedente: dal deserto alla fecondità. Ci aiuta in questo la prima lettura che abbiamo ascoltato: maledetto l'uomo che confida nell'uomo... il suo cuore si allontana dal Signore... qui il tema della maledizione si lega al tema dei guai nel vangelo di oggi. Come dire: attento bene, perché il tuo cuore può essere un cuore lontano dal cuore di Dio. Questo accade quando confidi troppo in te stesso oppure quando tiri fuori forza ed energie perché senti che la tua vita si alimenta grazie al consenso degli uomini. La sento una parola importante questa per tutti quelli che si sentono grandi e importanti perché gli uomini hanno dato loro il potere.

Mi ha colpito molto nei giorni scorsi, durante l'ascolto della prima lettura della messa, la vicenda del re Roboamo, che, di fronte ad un popolo che supplicava una riduzione dei pesi e delle tasse decise, con superbia sprezzante, che avrebbe inasprito i pesi anziché alleviarli, per un suo capriccio, perché si sentiva il capo, perché aveva il potere: è la storia delle dittature e di tutti coloro i quali, invece di abbandonarsi nelle mani di Dio, godono nel tenere nelle loro mani, incapaci di prendersene cura, i loro "fratelli e sorelle". Il cuore lontano da Dio non può vivere, è un cuore confuso dice Geremia ed è incapace di riconoscere il bene che gli va incontro, la vicinanza di Dio. Gli pare di vivere, perché ha costruito tanto, ed invece muore perché ha costruito senza amore. Finalmente il tema della benedizione, che si lega al tema della beatitudine... una vita benedetta e beata gode non della presenza delle cose, ma della presenza di Dio. Ovvero: non è dai risultati che ottengo che misuro la realizzazione della mia vita, ma al contrario, da ciò che sono disposto a lasciare, o a perdere, per fare dell'amore di Dio e dei fratelli il senso della mia vita.

 

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