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TESTO Le beatitudini di Gesù, sorgente di gioia

mons. Antonio Riboldi

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/02/2010)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

Se c'è un bene che tutti cerchiamo con ogni mezzo è la gioia o felicità.

A nessuno piace essere infelice, da qualunque parti si arrivi....e sono tante le cause di infelicità.

Direi che la ricerca della gioia è un segno che ci portiamo addosso, come doveva essere nella mente di Dio quando ci creò: ci fece 'a Sua immagine e somiglianza' e chi, se non Dio è pienezza di Gioia? Il guaio nostro è che siamo portati a cercarla nelle creature o nelle cose che, a loro volta, non la 'possiedono' e difficilmente possono darcela, se non in 'briciole', con poca durata.

E il mondo in cui viviamo, soprattutto oggi, indicandoci la via della ricchezza, del benessere, della potenza e di quanto altro si voglia, tutto può offrire... tranne quella che è vera felicità.

Ricordo quando ero ragazzo - ma non si possono fare confronti con il passato, visto il grande progresso dell'uomo attraverso la scienza, il mercato, ecc. - si viveva in tanti in famiglia. Era tanta la povertà, ma tuttavia non turbava la serenità.

Direi anzi che il poco per vivere, allontanava il poco benessere che si vedeva e non si sognava! Ricordo che il più bel Natale l'ho vissuto quando in casa non c'era nulla. La vigilia con papà mi recai da una zia, che aveva una macelleria, per trovare qualche avanzo. Tolse quel poco che era rimasto agli ossi dei prosciutti... e con quel poco si fece un bel Natale. O quando, giovane diacono, mandato a dare una mano al Parroco, in una parrocchia rosminiana, a Milano, alla fine della Messa di mezzanotte, una famiglia alla porta della canonica chiese qualcosa, poiché non aveva nulla. Il Parroco, di gran cuore, si affrettò in cucina e le diede l'unico panettone e il poco di carne che avevamo.

'Ma per noi?...è rimasto poco o nulla!' gli feci notare. Quel santo sacerdote rispose con un sorriso: 'Abbiamo il vero dono del Natale: la gioia di Gesù... e poi la Provvidenza arriva sempre'. E così fu. La mattina dopo un signore ci portò carne e panettone, augurandoci: 'Buon Natale!'.

È bene, oggi, tornare alla memoria, tutti, che si stia bene o no, per scoprire quello che più conta nella vita, la vera sorgente della felicità. Quanta gente c'è tra noi, oggi, che sta bene, a cui non manca nulla, ma è priva della gioia!

Gesù scelse, venendo tra noi, proprio il disinteresse o distacco dalle cose umane: nacque in una grotta a Betlemme, deposto in una mangiatoia e visse in una famiglia povera di Nazareth... Lui, per il quale, afferma il Vangelo di Giovanni, 'tutto era stato fatto e senza di Lui nulla esiste'. È veramente il Signore!... ma, appunto perché la felicità di Gesù non poteva che venire da altro, ossia dall'amore, volle spogliarsi di tutto fino a dare Se stesso sulla croce. La sua ricchezza era vivere per amare e fare felici noi.

Ogni volta che penso al Suo Natale, deposto in una mangiatoia, o povero nella casa di Nazareth, per me, ma penso per tanti, la Sua scelta di vita, non solo rende meraviglioso Dio, ma diventa una lezione per noi, oggi. Noi, che ci abbarbichiamo alle cose, che non hanno il potere di dare la serenità che si trova nella povertà di spirito.

Quando poi Gesù iniziò la sua missione evangelizzatrice tra di noi, subito ci diede il codice della gioia, rovesciando i nostri cosiddetti valori.
E nacque il famoso discorso della montagna: le beatitudini.

Giorno benedetto, allora, è quello in cui la Chiesa fa riecheggiare ai nostri animi la sequenza squillante delle beatitudini evangeliche. Gesù, per annunciarle, sceglie come cattedra la montagna - il monte delle beatitudini che tanti abbiamo visitato e contemplato nel pellegrinaggio nella Terra di Gesù -. Lo circondano gli apostoli, e questi le hanno trasmesse a noi.

Gesù è il profeta che parla, lì, della vita presente e futura. Annuncia il suo programma in sentenze limpide, che condensano tutto il Vangelo. Così il regno della terra, su cui ora viviamo, e il Regno dei Cieli hanno nelle beatitudini il loro codice iniziale e finale_

Ascoltiamole con profonda riflessione e preghiera, fino ad incarnarle nella vita di tutti i giorni, come regola di felicità. Troppo belle per non essere conosciute e, soprattutto, per non essere vissute. Sembra di vedere la terra coniugarsi con il Cielo, rendendo tutti, se le viviamo, veri figli di Dio, lontani dal contagio drammatico del mondo.

'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Gioite ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt. 5, 3-12).

Sembrano davvero una dolce sinfonia, semplice regola per il Cielo.

"Chi non ha ascoltato le beatitudini - afferma Paolo VI - non conosce il Vangelo; chi non le ha meditate non conosce Cristo.

Gesù ha esaltato le beatitudini non tanto delle misere condizioni umane, quasi siano fine a se stesse, ma piuttosto ha predicato delle virtù magnifiche, che da quelle misere condizioni prendono il nome e che mediante quelle possono fare buono e grande l'uomo pellegrino. E perciò ha fatto scaturire dal suolo arido e sterile delle nostre debolezze e delle nostre sofferenze, stupende energie morali e spirituali; ha portato a termine la scoperta che i più alti spiriti umani avevano intuito, quella nobiltà sacra e misteriosa del dolore, quella inestinguibile grandezza dei poveri in spirito e dei perseguitati, quella dell'eroismo di chi dà la vita per la giustizia e la verità, quella dell'affermazione trionfante, che esistono valori e solo quelli del Regno di Dio, per cui la vita può essere spesa senza timore, l'affermazione cioè della legge del morire per vivere, la legge del sacrificio redentore. Chi ha compreso questa meravigliosa e difficile lezione, e l'ha applicata alla propria vita, è un santo, è il perfetto, è il beato. Resta che la lezione del Vangelo è difficile.

La perfezione per il Vangelo ha queste due facce: una di rinuncia e penitenza qui e una di pienezza e di gaudio lassù e anche qui. Il mondo che ci circonda ed in cui siamo immersi, e sta voltando le spalle a Gesù, dimentica la Parola di Gesù, la deride, facendo dell'illusoria felicità del presente, lo scopo prevalente di ogni umana fatica, mentre talora gli stessi credenti, partiti magari per portare un ordine cristiano nella nostra società, sembra che non abbiano altre promesse da farle che quelle di un benessere temporale, legittimo, sì, e doveroso, ma insufficiente a fare felice e buona l'umanità, e non sanno offrire agli uomini del nostro tempo le più alte e vere promesse, quelle dei beni morali, dei beni del Vangelo. Ricordare e meditare le beatitudini per capire che qui è l'umanesimo vero, qui il cristianesimo autentico, qui la beatitudine vera.". (5.1.1964)

Allora non sono un'utopia le beatitudini, ma il segreto della felicità a cui tendiamo: è qui che Gesù gioca le sue carte per noi e, contro di Lui, satana gioca le sue.
A noi scegliere da che parte stare!

Mons. Tonino Bello, con profonda efficacia, così commentava alcune beatitudini:

"E c'è, finalmente, il modo legittimo di leggere le Beatitudini. Consiste essenzialmente nel felicitarsi con i senzatetto e senza pane (gli affamati) come per dire: 'Complimenti, c'è una buona notizia! Sì, tutti si sono dimenticati di voi, ma Dio ha scritto il vostro nome sul palmo della sua mano, tant'è che i primi assegnatari della casa del Regno siete voi, che dormite sui marciapiedi e i primi cui verrà distribuito il pane caldo di forno siete voi, che ora avete fame. Felicitazioni a voi, che a causa della vostra mitezza vi vedete continuamente scavalcati dai più forti o dai più furbi. Il Signore, non solo non vi scavalca, nelle sue graduatorie, ma vi assicura il primo posto nella classifica generale dei meriti.

E auguri a tutti voi che sperimentate l'amarezza del pianto e la solitudine dei giorni neri; c'è qualcuno che non rimane insensibile al gemito nascosto degli afflitti, prende le vostre difese, parteggia decisamente per voi e addirittura si costituisce parte lesa ogni volta che siete perseguitati a causa della giustizia. Ed infine, su con la vita voi, che sfidando le logiche della prudenza carnale, vi battete con vigore per dare alla pace un domicilio stabile sulla terra. Dio avvalla la vostra testardaggine"

 

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