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TESTO Dio dei vivi

mons. Antonio Riboldi

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/11/2001)

Vangelo: Lc 20,27-38 (forma breve: Lc 20,27.34-38) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

C'è una insopprimibile verità che attraversa le persone serie, ossia quelle che vogliono dare una ragione alla propria vita: una vita che non può certamente avere un termine qui. Lo vogliamo o no, il pensiero del "dopo" la morte, è per molti il tanto atteso incontro con il Padre e quindi l'inizio di una vita felice che non avrà più termine: ma per troppi il pensiero del "dopo" li spaventa, oppure li fa rifugiare in un niente, che taglia le ali ad ogni desiderio fra i tanti desideri buoni che sono la vera ricchezza del cuore e sono le vie che sentiamo profondamente, non possono essere come una lettera scritta sulla sabbia. Dio non ci ha certamente creati per un nulla. La stessa morte, che attende tutti nel momento che solo Colui, che ci fatto dono della vita conosce, la dice lunga sul come tutti sentiamo che la vita è qualcosa che va oltre il breve tempo su questa terra. Sentiamo che la morte è un terribile strappo che fa male. Ed è giusto che sia così, per chi sente che la vita ha il sigillo della immortalità. La morte altro non è che chiudere gli occhi a questa terra, partire da questo, esilio o valle di lacrime ed aprire gli occhi sull'eternità. E' il momento atteso o temuto, in cui ci troveremo faccia a faccia con Chi ci ha creato e ha messo a nostra disposizione l'onnipotenza e l'immensità del Suo amore, per il solo fine, dopo la prova terrena, di avere da parte nostra una risposta, averLo amato come sommo bene. Ed è per questo che il giudizio che Dio farà a ciascuno di noi si baserà sull'amore. "Venite benedetti dal Padre mio nel regno preparato per voi, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero ignudo e mi avete vestito, ero forestiero e mi avete accolto". Allo stupore dei benedetti: "Quando, Signore, ti abbiamo visto affamato o ti abbiamo accolto forestiero, ecc.?", viene l'immediata risposta: "Ogni. volta avete fatto questo ad uno di questi piccoli l'avete fatta a Me". E: "Andate maledetti, nel fuoco preparato per voi", ha il suo contrario; ossia essere vissuti senza amare.

I Sadducei, di cui parla il Vangelo oggi, che non credevano nella resurrezione, ossia in quella benedetta vita eterna insieme al Padre e con la grande moltitudine di angeli e santi, mettono alla prova Gesù stesso, quasi irridendolo, volendo mettere sullo stesso piano la vita qui come fosse un prolungamento con le stesse realtà di lassù. La risposta di Gesù è: "Figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito: ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della resurrezione dai morti, non prendono moglie o marito, e nemmeno possono più morire; perché sono uguali agli angeli, ed essendo figli della resurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi: perché tutti vivono per Lui (Lc. 20,27-38).

Sono troppi, diciamocelo con franchezza, quanti preferiscono puntare tutta la propria attenzione su questa vita, che sappiamo passeggera, mettendo alle spalle anche il solo pensiero del passaggio alla eternità. "In altri termini - affermava Paolo VI - a volte siamo gente tutta occupata dai desideri di questo mondo, come se altro noi non dovessimo cercare e amare. Così noi non siamo più spiriti veramente. Religiosi, che conoscono la continuità contingenza. radicale delle cose presenti; e non siamo più allenati ad estrarre i valori superiori che sono quelli morali, connessi con il nostro eterno destino, dal rapporto che pur dobbiamo cercare e perfezionare con le cose presenti: le quali sono solo a noi prodighe, quando sappiamo bene interpretarli, di valori utili, ma non definitivi... Ecco allora, che il ricordo della resurrezione, fa risuonare alle nostre anime, quasi uno squillo di trombe celesti, una chiamata che parte di Là, dall'altra riva della vita, quella oltre il tempo e oltre il quadro del nostro mondo naturale; quella della eternità e della vita soprannaturale nella sua dispiegata pienezza. Così la resurrezione che attende tutti, volenti o no, ci obbliga a verificare se la via, che ciascuno di noi percorre, è rivolta verso il sommo traguardo e a rettificarla verso di esso (Paolo VI, Maggio 1956).

C'era una preghiera che mia mamma ci metteva sulle labbra ogni giorno a sera, ed era sempre come una preparazione alla morte, "perché - diceva la morte bussa quando non te l'aspetti". E la preghiera prima ricordava la presenza degli Angeli, che stavano accanto a noi sempre, anche quando ci coricavamo: quindi ci riconduceva alla verità suprema. "Ti ringrazio, Signore del dono della vita: so che vivere è soffrire per amore: e so che devo morire: ma ho paura della morte, perché non so né il giorno né l'ora". Un giorno il Signore si prese una mia sorellina, che si chiamava Maria Redenta, un nome che le era stato dato, ricorrendo l'anno della Redenzione, ossia il 1933. Mamma era molto affezionata a questa sorellina. A noi piccoli spiegò quella morte così: "Il Signore l'amava troppo e l'ha voluta presso di Sé subito. Ora sappiamo che il Cielo ha una santa in più, vostra sorella". La sera la vestì tutta di bianco, come fosse un angelo e la pose al centro della stanza dove tutti dormivamo. "Non abbiate paura, disse per una notte con noi dorme un Angelo".

Forse vale la pena che tutti noi, a cominciare da me, cominciamo a vivere con gli occhi rivolti ad un domani eterno, che ci attende: a cercare attraverso la fede ed il bene di incontrare già da ora, anche se lievemente, il volto del Padre che un giorno siamo chiamati a vedere in pienezza. E' la saggezza che onora l'uomo, gloria del Dio che vive, sapere alzare gli occhi dalla terra e non farsi affascinare da ciò che passa. Ed un giorno passerà. Rimarrà solo il Cielo.

 

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