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TESTO Nessun profeta è accetto nella sua patria

padre Antonio Rungi

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2010)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

La quarta domenica del tempo ordinario pone al centro della nostra riflessione Gesù Cristo impegnato nella sua missione di evangelizzazione nella sinagoga ove attribuisce a sé la parola di Dio che riguarda la missione del Messia. Ma coglie anche l'occasione di parlare apertamente e dire il suo pensiero circa il modo di vivere e di comportarsi dei suoi concittadini, per nulla riconoscenti verso il Signore. Il coraggio del suo parlare deriva dalla sua divinità. Egli può parlare con autorità e le cose che dice Gesù sono verità e vita. Certo chi è prevenuto nei suoi confronti, lo dileggia quasi, identificandolo con il figlio del carpentiere. Possiamo dire che davanti a quei presunti sapienti, Gesù non ha per loro le carte in regola per parlare. Ma egli parla e parla con sincerità e sottolinea anche il fatto che proprio perché parla a casa sua egli è più esposto alle critiche e di fatto Gesù viene cacciato dalla sinagoga e dalla città con quella espressione, che è passata alla storia del pensiero cristiano ma anche umano e sociale e che ci rammenta la difficoltà di dire pane al pane e vivo al vino proprio tra i nostri cari e di partire dai noi stessi prima di parlare e richiamare gli altri. Inoltre quanto è difficile essere apprezzati, sostenuti ed incoraggiati proprio nell'ambito della cerchia ristretta delle persone care o che tali dovrebbero essere!

"Medico cura te stesso" e "Nessun profeta è bene accetto nella sua patria": riflettere su queste espressioni è andare al cuore del messaggio evangelico di questa domenica, così come viene presentato nella sua essenzialità dal Vangelo di Luca. La persona del Cristo profeta è prefigurazione nei vari testi degli antichi profeti, tra cui Geremia, di cui oggi leggiamo un brano interessantissimo del suo libro, nel quale è evidenziata la speciale vocazione a cui viene chiamato quest'uomo di Dio. Egli è stato stabilito come profeta delle nazioni. E questa missione di parlare nel nome di Dio, Geremia l'assolve in pieno. Non avrà paura perché Dio è con lui, egli avverte la vicinanza del Signore nella sua missione. Questa vicinanza fortifica nel cuore, nella mente e nella vita il profeta che avrà così modo di parlare apertamente nel nome di Dio. Parlerà senza coprire i misfatti di nessuno anche di alto livello nella scala sociale e religiosa. Ed è evidente che chi si espone a simili sfide dovrà sopportare la guerra e la lotta, ma con Dio accanto il profeta prima o poi trionferà. Quanti insegnamenti ci vengono da questo brano. Oggi abbiamo paura di parlare di Dio agli altri, di trasmettere i nostri valori di vita cristiana, abbiamo paura di denunciare il male relativo ed assoluto e che a volte riguarda la nostra vita, quella degli altri e spesso anche delle persone che contano in tutti gli ambienti. Certo nessuno di noi è investito ufficialmente di questo compito, ma se consideriamo l'aspetto importante della vita di un cristiano, questo aspetto è la profezia. La sua vita deve parlare di Dio con la testimonianza e con la parola.

In ogni caso e in ogni situazione bisogna comunque e sempre partire dalla prospettiva dell'amore, che è indicato come carità. L'inno alla carità della Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo Apostolo, di cui leggiamo il testo integrale nella seconda lettura di oggi, ci dà il parametro essenziale di come concepire la nostra vita nei confronti dei nostri fratelli e sorelle: la carità è il fulcro di tutto ed il centro di ogni cosa. Dio che è Amore non può che volere e cercare l'amore. Di questo amore noi dobbiamo essere profeti, maestri e testimoni credibili ed indefettibili.

Quanto ancora dobbiamo imparare da questo brano e soprattutto quanto ancora dobbiamo fare e realizzare per immetterci in quello stile di vero amore verso Dio e verso i fratelli, senza il quale la nostra vita è vuota e si svuota continuamente. Ci illudiamo nell'andare alla ricerca di facili e temporanei amori, di esperienze d'amore che non riempiono il cuore. Alla fine ci troviamo soli con noi stessi senza amori e soprattutto senza il vero Amore, che è Dio. Aspirare alla perfezione della carità e dell'amore è immettersi sulla strada dell'eternità. Quando sarà finita questa nostra vita, tutto ci apparirà nella giusta dimensione e visione. Oggi davvero siamo confusioni di tutto, da tutti e per tutto e questa nostra confusione ci porta a non vivere nella pace e nella serenità, perché evidentemente lo stato confusionale non è solo frutto di stanchezza mentale, stress, ma soprattutto della perdita del senso vero della vita e delle cose. Non siamo più orientati a Dio, ma concentrati su noi stessi e sulle nostre false attese e speranze umane e terrene.

Sia questa la nostra umile preghiera che rivolgiamo al Signore: "O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell'umanità che accetta o respinge la tua salvezza, fa' che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell'annunzio missionario del Vangelo". Amen.

 

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