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TESTO Tornare a pregare

mons. Antonio Riboldi

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2001)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Siamo davvero "dentro la storia" oggi: una storia che ha molto della notte della civiltà e può trascinare con la paura e la violenza, nella notte della speranza, che è il soffio vitale di un futuro.

E' difficile si faccia strada una luce sul domani, frastornati dall'incubo del terrorismo che sembra davvero estendersi verso tutti, in maniera imprendibile, mostrando la capacità di mettere in dubbio la nostra stessa esistenza non solo con la minaccia insistente di azioni mortali pericolose e spettacolari., come quelle delle torri di Manhattan, ma con la più raffinata minaccia delle cosiddette armi batteriologiche da cui riesce difficile difendersi. E' davvero allucinante come si sia costretti oggi ad usare tutte le precauzioni, anche nell'aprire lettere, che solitamente sono un modo di comunicare notizie o sentimenti. E nello stesso tempo non possiamo sfuggire al dolore ed al terrore, che ci vengono, nell'assistere sia pure attraverso ai massmedia, all'incessante azione delle bombe sganciate sull'Afghanistan a volte coinvolgendo anche lì, con gli obbiettivi militari, vittime innocenti, che sono sulla soglia della sopravvivenza. Vorremmo tutti che questa triste storia di violenza finisse e si aprisse la via d'oro della pace che ogni uomo, a qualunque nazione, religione o altro appartenga, dovrebbe con pazienza e fierezza tracciare e costruire. La serenità della vita, cui tutti senza distinzione, abbiamo diritto, non può splendere con le armi di guerra o con il terrore delle tremende armi batteriologiche.

Ma è mai possibile che ci sia uomo, che non comprenda che la vita è un dono prezioso per tutti e che questa terra su cui Dio ci ha posto dovrebbe avere i colori ed il profumo del giardino della pace, costruita giorno per giorno, anche se con sacrificio, con la giustizia, la verità, la libertà e la solidarietà?

Ma a volte il cuore dell'uomo, anziché essere dimora dell'amore, diventa covo di satana, che .altro non può vomitare che odio, violenza, scavando così sepolcri anziché piantare alberi di pace.

E' davvero impossibile pensare che non si possa trovare un dialogo in cui gettare alle ortiche violenza e armi, ed in cui si dia spazio alla ragione, si sradichi ogni occasione di violenza, - che possono, come hanno di fatto, aver origine dalle tante ingiustizie che ci sono, a cominciare dalle scandalose povertà di mezza umanità, da un disprezzo alla solidarietà?

Non è proprio possibile trovare un terreno di giustizia in cui ogni uomo goda degli inalienabili diritti alla dignità della vita; ed ogni uomo così sia il centro dell'attenzione, perché l'uomo, agli occhi del Padre, è davvero il centro del Suo Amore?

Ma quello che sembra impossibile alla volontà dell'uomo, è invece possibile a Dio...se tra noi e Lui davvero corre un filiale dialogo, fondato su una "purezza di cuore", ossia su quella santità di vita che è stata da Dio dettata nei Comandamenti e nelle Beatitudini. Un dialogo che, partendo da un cuore sincero diventa filiale e fiduciosa preghiera.

La Parola di Dio pare oggi fatta su misura per questi interrogativi.

"In quei giorni - narra l'Esodo - Amalek venne a combattere contro Israele a Rerfidim. Mosè disse a Giosuè: "Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio. "Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le mani. Così le sue mani rimasero ferme fino a1 tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo" (Es.17,8-13).

Le sorti della vittoria furono così affidate alla preghiera più che alle armi. Forse malti di noi sono come fuggiti dalla preghiera, convinti che la storia personale, quella mondiale, era solo nelle nostre mani. E ci siamo accorti che quando le nostre mani non riuscivano a farsi strada nella giustizia - che ha diritto e dovere di esistere, come fondamento della pace - queste si sono riempite di violenza affidata a quelle spaventose armi che sono la cronaca del nostro tempo... senza rendersi conto che la violenza crea una spirale di odio difficile a fermare e crea solo il vuoto della civiltà dell'amore.

Non è forse una risposta alla sapienza quella che passa per l'umiltà, riconoscimento ella propria debolezza di creature e affida a Dio la potenza di una presenza che è poi il dono della Sua Pace che sempre egli offre agli uomini che egli ama?

Non è forse proprio questo il momento di riconoscere la presenza e la potenza del Padre, che sa ispirare menti e cuore e ricondurli alla ragione, aprendo così l'orizzonte della speranza? Da qui il ritorno di tanti alla preghiera, ovunque. Ed è motivo di grande conforto che, a voler quasi disarmare le mani della violenza, oggi si sono poste tante mani alzate nella preghiera: come Mosè sul colle. Bisogna veramente tornare a essere quello che realmente siamo: "figli di un Padre" che è solo amore, crea amore e odia la violenza, opera del demonio, che ha per natura dividere gli uomini da Dio e tra di loro e quindi metterli uno contro l'altro.

Profeticamente scrive il S. Padre nella "lettera apostolica" novo millennio ineunte": "Non è forse un segno dei tempi che si registri oggi nel mondo, nonostante gli ampi processi di secolarizzazione, una diffusa esigenza di spiritualità, che in gran parte si esprime proprio in un rinnovato bisogno di preghiera? Anche altre religioni, oramai ampiamente presenti nei Paesi di antica cristianizzazione, offrono le proprie risposte a questo bisogno e lo fanno talvolta con modalità accattivanti. Noi che abbiamo la grazia di credere in Cristo, rivelatore del Padre e Salvatore del mondo, abbiamo il dovere di mostrare a quali profondità possa portare il rapporto con Lui" (N.M.I. n.33)

 

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