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TESTO Signore, aumenta in noi la fede

mons. Antonio Riboldi

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/10/2001)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Può sembrare strana la preghiera che gli apostoli rivolgono a Gesù: "Aumenta la nostra fede!" Avevano avuto tanta fede in Lui che non ebbero la minima esitazione, quando li raggiunse la chiamata, a seguirLo, di lasciare tutto e di andare con Lui "per stare sempre con Lui e poi per essere mandati". Sapevano poco di Gesù, se non che era un "uomo eccezionale", che parlava con autorità ed era maestro nella rivelazione dell'amore del Padre, del Suo Regno, della necessità di una santità che fosse "luce per il mondo": una santità che doveva splendere nella vita di ciascuno come un arcobaleno sulla umanità a indicare che davvero l'uomo è fatto per il Cielo e il Cielo era dell'uomo. L'insegnamento di Gesù si staccava nettamente dall'insegnamento dei farisei ed era in netto contrasto con la "mentalità del mondo", che amava ed ama brancolare nel buio: pur avendo Dio aperte le braccia che sono distese tra cielo e terra. Era difficile fare capire ai suoi, e non solo, che la vita aveva il valore di un atto di amore uscito direttamente dal cuore di un Padre che non fa nulla a casaccio. Se Dio è amore, tutto, e soprattutto l'uomo, doveva conoscere la gioia di essere amato e di amare. Gesù stesso che era tra gli apostoli e lo è ancora oggi vicino a noi come amico, come guida, come tutto, era la pratica immagine di un amore che si dona totalmente perché chi è amato, noi, entrassimo nella felicità di "vivere con Lui e per Lui". Anche quando Gesù parlerà del sommo dono dell'Eucarestia: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita...Io sono la vita del mondo" non è capito, eppure stava rivelando come l'amore arriva a farsi carne della propria carne, ossia vita della propria vita, forza alla propria debolezza, luce al proprio dubbio, Ma fu così difficile entrare in un cuore che si apre totalmente per essere donato, che tanti lo abbandonarono, come fosse uscito di testa. Al punto che Gesù, rivolgendosi ai suoi, disse, forse in un momento di sconforto per non essere stato capito ed accolto proprio nella più eccelsa manifestazione dell'amore, farsi cibo per l'uomo che aspira ad essere celeste sfuggendo dalle tentazioni del mondo, che portano lontano dalla verità di ciascun uomo: "Volete andarvene anche voi?" E alla fine, messi di fronte al supremo atto di amore, quello di essere crocifisso, ossia di dare la vita perché noi potessimo entrare nella vera vita, quella di Dio, i suoi si lasciarono prendere dalla paura e fuggirono. Li raggiungerà dopo la resurrezione e con il dono dello Spirito Santo nella Pentecoste, i dubbiosi nella fede, divennero le colonne di quella Chiesa che vive oggi in pienezza di splendore. Ma allora erano davvero "poveri", nei primi passi della sequela di Gesù. La chiarezza che era nella parola del Maestro: una chiarezza testimoniata poi dai miracoli, li lasciava perplessi. Da qui la domanda: "Aumenta in noi la fede". La risposta di Gesù lascia addirittura come smarriti anche noi, immersi in un mondo dove sembra regni l'eclissi a di Dio. Come se un astro opaco si mettesse tra il sole e la terra: avviene nelle eclissi della luna. Ma quello lunare è solo spettacolo di pochi minuti e non fa male. Ma quando questa eclissi copre parte o intera la vita di un uomo, è logico che l'uomo soffra della aridità, del freddo, dello smarrimento: sentimenti assai diffusi oggi. Non abbiamo mai pensato che se l'eclessi naturale durasse un anno, la terra, senza sole diventerebbe un grande gelo, dove conoscerebbe la morte ogni vita? Ci vuole il sole per fare cantare 1a natura, il mondo. E il sole moltiplica quei miracoli di vita che sono la vita di tutti noi. MA che ne è di un uomo senza fede? Fede che è adesione totale a Dio, ossia lasciarsi illuminare dalla sua luce, farsi crescere dal sole del suo amore. E Gesù addirittura allarga i confini della fede con un paragone, che ha davvero dell'assurdo per noi uomini, abituati a vivere del pensiero debole che non oltrepassa mai i limiti della nostra fragilità di creature. Dice: se avete fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare ed esso vi ascolterebbe" (Lc.Lc.17,5-10).

E tutti sappiamo quanto siano grandi le radici di un gelso e la profondità del mare. Ma è possibile questa fede, oggi? Chi di noi ha avuto la fortuna di stare anche per un momento accanto ad uno dei santi della carità, come Madre Teresa, per esempio, può testimoniare quanta sia vera questa affermazione. In un incontro con migliaia di giovani, in cui io ero presente come relatore con lei, con la naturalezza della donna di grande fede, quella capace di sradicare i gelsi, raccontava a tratti veri prodigi che, sulla sua lingua, affioravano come la cosa più naturale potesse venire dalla fede, messa a disposizione della carità. Li raccontava con la naturalezza del descrivere i fiori su un albero. Era naturale che un albero buono a primavera fosse un "immenso bouquet di fiori" destinati poi a divenire frutto sulle nostre tavole. Leggendo la vita di alcuni santi della carità, si rimane sempre impressionati del come concepivano la fede nella carità, come un rosario di prodigi. Basta pensare al Cottolengo o ad altri di cui la Chiesa è piena. Ieri oggi.

La Chiesa in questi giorni, lo avrete visto dalle scarse cronache dei massmedia, è riunita in Sinodo per farsi illuminare dallo Spirito, come in una novella Pentecoste e da Lui avere quei suggerimenti, doni del Dio che continua ad amarci nonostante tutto, che possano eliminare pericolosi eclissi ed aprire a tutti, ma proprio a tutti, la bellezza della verità, che la fede propone. Ma poi è proprio vero che anche nel nostro tempo così buio e pieno di paura, non ci siano tanti granelli di senapa, che sono grandi alberi che ornano la nostra storia? Basta guardarci attorno e vedremo che di cieli aperti ce ne sono tanti. Donne, uomini, giovani, avari di mondanità, ma fari di fede, testimoni di un Cristo che vive. Ci sono e sono la sola primavera che conta per la nostra umanità e la sua storia. Sono quelle tante dita, come direbbe Madre Teresa, che si offrono, come servi fedeli, a Dio perché scriva la sua storia. Il futuro da arcobaleno tra cielo e terra non lo scriveranno gli eserciti, pronti alla guerra, gli odi senza più limiti, ma queste invisibili "dita di Dio", che la fede è la carità dei santi scrivono.

 

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