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TESTO I figli della luce

mons. Antonio Riboldi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/09/2001)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Più passa il tempo e più la orrenda ferita inferta all'America, ci costringe non solo all'emozione, che può essere cancellata con il tempo, come accade sempre nella storia che sforna a volte piccole o grandi tragedie, che mettono in discussione la nostra voglia di serenità, ma a ripensare il nostro modo di vivere, la nostra sicurezza, in altre parole il nostro futuro. Qualcuno, e giustamente, ci ha ricordato come le 5.000 vittime siano quasi passate in secondo piano, mettendo in primo piano i danni economici, politici ed altro. Come se l'economia fosse tutto e la persona umana, la nostra dignità, la nostra grandezza di uomini figli del Padre contasse poco o niente. Mentre invece è proprio partendo da quelle vittime che dobbiamo chiederci come si possa correggere un percorso di vita che sia fondato sull'amore e non sugli interessi.

Ci accorgiamo che tutta l'attenzione di oggi viene posta sul come punire i colpevoli in modo esemplare, e si riscopre la terribile parola "guerra", che non ha mai dato né vincitori, né vinti: semmai ha allargato il fossato tra uomini e civiltà diverse, ponendo preamboli ad altre guerre. Impensierisce l'odio che sta serpeggiando nelle nazioni che ospitano razze, civiltà e religioni diverse, creando così paurose barriere tra gli uomini, che possono diventare conflitti, rischiando di dividere il mondo in due parti in guerra.

Un conto è la ricerca e la punizione giustissima dei colpevoli., sradicando, se questo è possibile, la terrificante parola "terrorismo": una parola che contiene l'abisso della crudeltà e del disprezzo della vita umana e della serenità nella sicurezza. Un altro conto è quasi criminalizzare quanti si crede appartengano alla stessa nazione o religione o razza spingendoli nelle aggressioni, nella paura, nell'odio.

Voglio ricordare a tutti noi le parole che il S. Padre ebbe a dire subito dopo l'atto terroristico di Manhattan: "Ieri è stato un giorno buio nella storia dell'umanità, un terribile affronto alla dignità dell'uomo".

Come possono verificarsi episodi di così selvaggia efferatezza? Il cuore dell'uomo è un abisso da cui emergono a volte disegni di inaudita ferocia capaci in un attimo di sconvolgere la vita serena e operosa di un popolo. Ma la fede ci viene incontro in questi momenti in cui ogni commento appare inadeguato. La parola di Cristo è la sola che possa dare una risposta agli interrogativi che si agitano nel nostro animo. Se anche la forza delle tenebre sembra prevalere, il credente sa che il male e la morte non hanno l'ultima parola. Qui poggia la speranza cristiana; qui si alimenta, in questo momento, la nostra fiducia.

E la parola di Gesù oggi ci parla di "figli della luce", meno scaltri, di questo mondo. Ed alla fine afferma senza mezze misure: "Nessun servo può servire a due padroni o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e mammona". Viaggiando un giorno in aereo accanto a me c'era un grande funzionario di banca, che da anni aveva l'incarico di vedere chiaro nelle ricchezze del nostro Paese. "Caro Padre, mi disse, non c'è ricchezza che non sia in qualche modo frutto di illecito". Meravigliato gli risposi: "Questo lo diciamo noi sacerdoti, quando vediamo l'uomo ricco che sceglie come Dio da amare il soldo e la ricchezza: è una terribile droga che divora ogni valore, compresa la famiglia, i grandi valori della persona: ma è mai possibile che ogni ricchezza sia in qualche modo furto?" Mi rispose: "Non mi riferisco alla sua morale di uomo di Dio, ma a fatti concreti". Mi chiusi nel silenzio cercando dalla parola di Gesù una risposta e mi venne spontanea la parabola del cattivo amministratore nel Vangelo. Quante volte ho dovuto levare la voce, quando ero parroco nella Valle del Belice, contro le corruzioni negli appalti, che diventavano furto alla stessa ricostruzione che doveva servire alla serenità dei terremotati. Un giorno un amministratore così volle dare una ragione a quanto chiamavo furto nelle tangenti: "Lei, padre, chiama furto le tangenti: noi invece le vediamo come spese di rappresentanza. Senza di queste come viviamo o facciamo politica?".

Tutti comprendiamo benissimo che non è possibile costruire una civiltà di pace, di amore, di rispetto alla persona, con atti di "furberia" come quella sopra, o di idolatria della ricchezza che, al posto dell'amore, mette la propria affermazione ed il potere.

E quanti oggi sono "i figli di questo mondo" che sono molto scaltri? Ma è una scaltrezza che alla fine può generare quegli odi abissali che, in tanta parte della società e più ancora del mondo intero genera mostri del terrorismo.

E' bello essere figlio della luce: ossia avere le mani pulite da ogni idolatria ed avere le mani che sprigionano luce perché hanno il sapore dell'amore a Dio, sommo Bene, e dell'amore al prossimo. Sono questi figli della luce che suscitano voglia di amarsi, voglia di paradiso.

Ricordo mia mamma. Ha sempre amato la povertà perché, diceva, è la ricchezza del cuore. Le chiesi un giorno perché aveva proprio nulla, avendo dato ai figli anche quei pochissimi gioielli che possedeva. "Voglio presentarmi a Dio con le tasche vuote di questo mondo, ma piene di amore a Lui e ai miei figli; soldi, case, ricchezza, sono un grande peso che non aiutano a volare in cielo quando Dio ti chiama". Era davvero "una figlia della luce".

 

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