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TESTO E tu, che cosa fai tu?

mons. Antonio Riboldi

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/09/2001)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Non possiamo nasconderci dietro un dito. Il dramma del terrorismo, che si è abbattuto con una brutalità che sembra uscita dall'immaginario di Satana, ha messo una grande paura nel mondo intero. E tutti si chiedono, se, quanto è avvenuto in America non possa accadere dappertutto. Quelle due "torri" crollate, nel modo che abbiamo visto, quell'immolare sul cinico altare della violenza decine di migliaia di persone senza colpa, hanno dato l'impressione che la violenza abbia tagliato le ali alla colomba della pace.

A darci speranza che proprio non è così, il vangelo di oggi fa da contraltare, parlandoci della misericordia fa del Padre, che ha sempre la meglio sulla brutalità dei figli. Ha provato il figlio minore a prendere le distanze dal padre, facendo come se "non esistesse" e dando pieno sfogo ad una libertà di vita che, senza padre, può portare solo alla solitudine, che è un inferno, alla disperazione, al conoscere la miseria.

E' la stessa storia di Adamo ed Eva, che ingannati dal serpente il più astuto degli animali, credettero di poter diventare degli dei, in competizione con Chi li aveva creati a propria immagine e somiglianza, disobbedendo a Dio; "sarete come dei". E compiuto il rifiuto si accorsero che erano nudi. Ossia con una vita addosso che non aveva più senso: un cuore vuoto della gioia per cui erano stati creati. Vivere senza il sorriso del Padre è davvero un inferno. Ma non è nella natura di Dio lasciare perdere figli che Lui stesso aveva creati e che amava come solo il Padre sa amare. Fa subito sentire la sua vicinanza, cercandoli e chiamandoli: "Uomo dove sei?" E' la stessa domanda che Dio fa a noi, oggi, che ci sentiamo nudi per una violenza che è diventata l'abisso della speranza. "Questo avere paura di tutto e di tutti: questo sentirsi in balia di una violenza che non volto e quando lo mostra è davvero il volto dell'inferno non è più vita" hanno detto in tanti, in questi giorni di orrore, frutto della aberrazione dell'uomo che, al posto dell'amore nel cuore ha posto l'odio: al posto di un Padre che ama, ha messo un demonio che odia e gioisce nel vedere sofferenza e morte.

Ma alla fine di questo duello tra violenza e amore sicuramente la vittoria è di Dio; il futuro sarà dell'amore: perché la violenza scava solo fosse e brutalità, mai speranza o sorriso.

Basterebbe per un solo istante riflettere sulla storia dell'amore di Dio che sceglie nel Figlio Gesù di farsi uomo, caricarsi di tutte le miserie umane, comportarsi proprio come Adamo cacciato dal paradiso, e diventare incredibile vittima della più brutale violenza sia mai esistita: farsi crocifiggere. E tutti sappiamo che quella morte è proprio la vittoria inattesa, ma stupenda, sulla morte, sul demonio, su tutto: una morte che apre le porte alla "casa del Padre". "Dov'è, o morte, la tua vittoria?" canta la Chiesa a Pasqua.

E' forte in questi giorni la tentazione di affidarsi alla vendetta, che non è certamente la migliore soluzione; può solo aumentare la spirale della violenza: ed è quanto temono i più responsabili. Altro infatti è punire chi sbaglia, altro è vendicarsi. Così come è forte la tentazione di affidarsi alla paura, come se il pericolo fosse accanto alla nostra casa. Di fronte a questi abomini di pochi, occorre che il mondo civile prenda in mano la propria coscienza; sradichi dal cuore ogni forma di violenza anche spicciola (e ce ne sono tante), e si riappropri della dignità e della voglia di creare pace e futuro. Tanti hanno detto che la violenza di Manatthan è destinata a cambiare in peggio, forse, la storia. Forse cambieranno politiche, tattiche, economia, ecc. Ma quello che conta è cambiare il modo di essere umanità, ossia comunità di nazioni che vogliono nella libertà nella giustizia e nella solidarietà, camminare insieme: visto che le divisioni conducono solo ad una progressiva violenza. E per questo occorre che i responsabili si guardino bene negli occhi, ripensino al bene della gente, affidata, alla loro politica, cerchino nel dialogo soluzioni, che abbiano alla base il rispetto di ogni persona, il rispetto della pace.

Qui sta "quel rientrare in se stesso" del figlio minore, narrato nella parabola della misericordia: un rientrare che lo fa tornare alla casa del Padre: la casa della pace, che tutti desideriamo. Occorre molta preghiera, molta buona volontà.

Si ripropone la grande domanda che lo scrittore Quoist, nel suo libro "Parlami di amore", si pone: "E tu, CHE COSA FAI TU?" La sofferenza del mondo scrive mi colpiva come un rimprovero cocente...Ci volevano dei colpevoli. E ne trovai: la società, la famiglia, la religione, la politica e tutta quella gente che istruisce, ci informa, ci governa, questi profittatori, questi incapaci., questi imbecilli. Tutti quelli che possono fare e non fanno niente.

Mi ribellavo e più mi ribellavo ero orgoglioso di me, mostrando a me stesso che non ero insensibile e chiuso...Ma di tanto in tanto, in un momento di grande silenzio - ed era questo che più temevo, il silenzio - come se qualcun altro in me pensasse e parlasse mi sentivo dire: "E tu, che cosa fai tu"?. Rispondevo infastidito, ma se anche facessi qualcosa, qualche gesto, a che servirebbe, quando gli altri non fanno nulla? Io ti dico, mi rispondeva la voce, tu ama in azione e verità, perché soltanto l'amore può vincere la sofferenza e il peso di amore che tu metti nel mondo, anche se non ne vedi il frutto, ridà sangue nuovo al corpo e sangue dell'umanità".

Ed è quello che hanno fatto tanti in America dopo il dramma. Commuoveva quella massa di gente che correva, per offrire il proprio sangue: tanti da fare una fila superiore alla necessità o che usavano le loro piccole mani, a frugare nell'imponente massa delle torri abbattute, per offrire un aiuto a chi era rimasto sotto. Quelle immagini di amore sono l'aurora del futuro, che condanna la violenza che è come un cadavere in decomposizione.

Piace chiudere questa riflessione con le parole del Profeta Abacuc che, come noi oggi, chiede al Signore: fino a quando durerà tutto questo? Sino a quando - prega il profeta - Signore implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido: "Violenza" e non soccorri? Perché mi fai vedere l'iniquità e resti spettatore dell'oppressione?...Il Signore mi rispose: "Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché si legga speditamente. E' una visione che attesta un termine: parla di una scadenza e non mentisce: se indugia attendila perché certo verrà e non tarderà". Ecco soccombe colui che non ha l'animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede. (Ab.1,1-4)

 

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