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TESTO Una stoltezza diffusa oggi

mons. Antonio Riboldi

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2001)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Ci sono delle verità, che contano tanto nella vita, intesa secondo Dio, che è la sola Verità, che a dirle fanno sorridere, come si trattasse di utopie degne di altri tempi. Quando si toccano questi aspetti della vita ci si accorge di un disappunto che è vicino alla disapprovazione, se non a parole almeno nei fatti.

Una di queste verità è l'idolatria del benessere. Sembra quasi, almeno tra noi occidentali, che siamo lontanissimi a volte dalla realtà di chi è costretto ad una indegna mancanza del necessario per sopravvivere, che il fine da raggiungere è avere tanti soldi, essere ricchi. Lo vediamo in questi giorni in cui tanti vanno in vacanza. A leggere i mass media, si ha l'impressione che più che una giustissima ricerca di sollievo spirituale e fisico, che contano poi per affrontare la vita, si rincorra una sorta di esibizionismo, di sfoggio di ricchezza, quasi a cercare ovunque il centro del palcoscenico della vanità. Bisogna stupire a tutti i costi. Non si sa più quali stratagemmi inventare per essere diversi. E questo richiede un'enorme spesa; richiede essere in qualche modo ricchi. Nessuno condanna, ripeto, la giustissima necessità di un riposo in tutti i sensi. Quello che ora ci interessa è quella sfacciata esibizione di benessere, che almeno ci narrano le cronache. E sappiamo che quasi la metà della gente è emarginata dalla vacanza perché non ha i mezzi necessari: è rinchiusa nel carcere della povertà, che non permette svaghi.

Gesù non ha mezzi termini di fronte a questo modo di costruire la vita: ossia di avere come obbiettivo della vita il benessere, la ricchezza. E ammonisce: "Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni". Disse poi questa parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: che farò, poiché non ho più dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così; demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni: mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio"(Lc. 12,13-21).

E' chiaro che Dio condanna che noi uomini, creati per esser 'ricchi di amore' e quindi 'tesi quotidianamente ad arricchirci di amore verso il Sommo Bene che è Dio e verso i nostri fratelli, diventiamo schiavi di ciò che non ha cuore e futuro, ossia la ricchezza. Non condanna il diritto a possedere, ma non accetta che i suoi figli, noi, perdiamo la nostra libertà di spirito, per sottometterci a cose che non hanno il senso del vero bene. Altro infatti è possedere, ma liberi da tutto, ed altro è essere schiavi.

Gesù, Figlio di Dio, Creatore di tutto, per cui ogni cosa nel mondo veramente poteva dirsi 'sua', nella vita non si permise mai di essere schiavo delle cose che Lui aveva creato. Era padrone di tutto, ma non aveva niente. Una libertà che divenne poi la divina potenza di amarci fino a dare tutto, anche la propria vita, la propria dignità sulla croce.

Ma come è difficile oggi far capire che non può essere obbiettivo della vita rincorrere la ricchezza! Anche se noi a Genova abbiamo contestato la ingiusta ricchezza dei potenti della terra, facendoci voce di chi era vittima di questa realtà, ossia dei poveri del mondo.

Mia madre, che era poverissima, amava ripeterci che la sola ricchezza è il Paradiso. Non la ricordo con vestiti sgargianti: la ricordo sempre con quel suo grembiule nero che credo avesse solo un ricambio. Un giorno, mi ricordo, da ragazzo le chiesi dei soldi per comprarmi del gelato. Mi sorrise, con quel sorriso che sembrava rubato al cielo, si levò di tasca il borsellino che conteneva tutto quello che c'era in casa, lo svuotò. Conteneva solo 10 centesimi. Me li diede e ridendo disse: "Antonio, adesso davvero ho più niente. Siamo nelle mani di Dio, che sono mani generose, se non altro di amore". E prima di morire volle disfarsi dei pochi ori che aveva: la vera, ossia l'anello sponsale, ed una catenina d'oro che aveva al collo. In casa aveva nulla, proprio nulla. tranne un boccone di pane secco che succhiava durante il giorno, tra un Ave Maria e l'altra. E quando le chiesi del perché di questo assoluto distacco da tutto mi rispose: "Presto mi chiamerà il Signore e voglio presentarmi con nulla per non dover rispondere del perché ho qualcosa". Storia di santi moderni che sono tra noi: e ce ne sono più di quello che pensiamo. Sono 'il sale della terra e la luce del mondo'. Sono la grande testimonianza di chi ha scelto di essere ricco di Dio, con le tasche vuote, volontariamente.

E' la gente che proclama la vera libertà di cuore che i ricchi non sanno neppure cosa sia. Di questi santi ha bisogno la nostra terra per ritrovare giustizia, pace, solidarietà. C'è un mio grande amico che ogni tanto mi fa parte di quello che ha per i miei poveri. La prima volta che mi scrisse volle che non lo ringraziassi. "Quello che le invio sono un piccolo graffio al volto della mia superbia. E voglio che questo stolto volto di un uomo che crede di avere, diventi una maschera a furia di graffi: una maschera che alla fine sarà il volto del vero uomo libero, buono, figlio del Padre".

 

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