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TESTO Facciamo strada alla speranza

mons. Antonio Riboldi

Ascensione del Signore (Anno C) (27/05/2001)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

C'è nell'aria un pessimismo che è come una nebbia che sembra avvolgere tutto e tutti, anche i buoni propositi. A volte si ha come l'impressione di vagare nel nulla. Non si riesce a trovare in questa vita un motivo di speranza che vada aldilà del solito modo di concepirla, ossia un rifugiarsi più che nella speranza, nella fortuna che un giorno o l'altro "ci baci in fronte". Ed è veramente terribile ed angosciante questo sentirsi pellegrini, che non sanno dove porta la via che stanno percorrendo.

Tanti di noi, credo, ricordano quei saggi di alunni delle elementari che un maestro poi donò le stampe e fecero il giro delle scuole e non solo. Si intitolava; "Io, Speriamo che me la cavo." Tra le speranze di questi ragazzi ce n'era una strana che riguardava la mia persona. Ossia uno studente "sperava" che un giorno la camorra mi uccidesse e così, e questa era la sua speranza - mi avrebbero fatto santo. Una bella e discutibile speranza!

Gesù, il Figlio di Dio, che volle mettersi nei nostri panni, davvero senza di Lui disperati, non fece della sua vita un cammino nel deserto. Lui, che dell'uomo volle conoscere di persona tutto, condividendo gioie, dolori e sofferenze, ha dato alla vita il vero senso, lo stesso che diede il Padre a ciascuno di noi: ossia un cammino verso la certezza di una eternità nel cielo.

Così la Sua vita non ha un termine, ma è entrare per sempre nella gloria, portandosi dietro tutti noi, se avremo il coraggio di seguirLo. Oggi la Chiesa racconta questo entrare nella gloria di Gesù nella festa della Ascensione. "Venutosi Gesù a trovare insieme con i suoi discepoli, questi gli domandarono: Signore, e questo il tempo in cui ricostruirai il Regno di Israele?" Ma Egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato nella sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme in tutta la Giudea e la Samaria fino ai confini della terra. "Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse sotto il loro sguardo. E poiché essi stavano fissando mentre egli se ne andava, due uomini in bianche vesti si presentarono loro e dissero: "Uomini della Galilea perché state a guardare il cielo? Gesù che è stato tra di voi assunto al Cielo, tornerà un giorno, allo stesso modo" ( At. l, l- 11).

Gesù che ascende al cielo è chiaro che apre la via della speranza a ogni uomo. E' duro, se non impossibile, anche solo pensare al grande dono della vita, che viene dalle mani di Dio Padre, ed è quindi destinato a tornare nelle sue mani, che non abbia una escatologia, ossia che non abbia "il vero futuro", quello che supera anche i confini della morte.

Un poeta scrisse: "Le tre virtù teologali, fede, speranza e carità assomigliano a tre sorelle; la fede e la carità stanno ai lati e tengono per mano la più apparentemente piccola, che è la speranza. Però non si ha l'impressione che sia la speranza a sostenere le altre due grandi ai lati". Troppe volte noi la speranza la mettiamo nelle cose della terra: dalla salute, alla ricchezza, al piacere e a quanti altri desideri possiamo concepire. Ma è una speranza che vola basso e ha subito una fine. E' come il giorno: suscita festa quando si raggiunge ciò che si spera, ma viene subito il buio della notte. La speranza cristiana invece buca le tenebre: vola molto alto! Ossia vive proiettata in una certezza che è come scrivere tutto a lettere indelebili nella eternità del Paradiso. "Rallegratevi, disse Gesù ai discepoli che tornando dalla loro missione apostolica, raccontavano i prodigi ottenuti e visti, perché i vostri nomi sono scritti. nel Cielo". Sperare è vivere già il domani: è vivere costruendo un posto che non conosce morte o sera. Ed è veramente bello anche solo sapere che tutto quello che fai, dalla vita quotidiana, alla vita di famiglia, all'amore speso per gli altri, tutto insomma, è un camminare sopra le nuvole della terra, con gli. occhi già fissi nell'azzurro di Dio. E quello che pensi, fai, nel nome di Dio, non tramonterà mai.

Quando ero tra i terremotati del Belice, la speranza era avere una casa. I miei fedeli conoscevano .la mia passione nel promuovere la loro causa. Basta ricordare - per chi ha memoria - il viaggio a Roma dalle massime autorità e dal S. Padre per smuovere la loro coscienza su una speranza che era un diritto. Lo chiamammo "viaggio della speranza". Quando .finalmente si iniziò la ricostruzione, mi si chiedeva perché non provvedevo anche alla ricostruzione della casa canonica, lasciando così la baracca. A tutti cercavo di far capire che "la mia casa è da tempo che la stava costruendo mattone per mattone, ma non qui in terra che va soggetta alla distruzione, ma in cielo, dove tutto si conserva per l'eternità".

Qualche volta la speranza, in casi difficili. fa capolino come un raggio di sole.

Non tanti anni fa fui invitato da una scuola media di Napoli a parlare di legalità. Una scuola situata in un quartiere difficile dove la camorra aveva ed ha una grossa presenza. Alla fine dell'incontro, un ragazzo, dal volto serio, mi chiese di leggere una poesia che lui aveva composto nella notte. E' un inno alla speranza che offro ai miei amici di Internet. Ho ancora negli occhi il volto, segnato da una vita tra la violenza, del ragazzo.
Così si esprime:

"Ciao pà, come stai? Spero buono e che chelle cancelle non te proibiscano di vede o sole e Napoli.

Da quando t'hanno arrestato, tutte quante m'avotano a faccia e me chiamano camorrista. Pure se a me avotano a faccia in mezzo a via cammino a faccia aizzata, perché tu pure ne fai parte.

Stamattina la professoressa ha parlato d'a camorra e io l'aggio seguita cu n'u dolore dinto o core.
Ua saccio è un gruosso problema.

Ma io per natra parte la stimo perché ce stai tu pure dint'o sto giro.

Ma vulesse che tu cagnassse idea e mettesse a posto e cervelle.

Vulesse essere pur'io nu guaglione come tutt'e quanti all'altri.

Vulesse ca iesse come all'altri all'Edenlandia cò genitori e che tu a sera turnasse a casa e a mammà ce dessi nu vasu.(= bacio).

A pà; nun te piglià collera ma sta vita mia nun sarà commm'a toia!".

 

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