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TESTO Andare e venire

Monaci Benedettini Silvestrini  

IV Domenica di Avvento (Anno C) (20/12/2009)

Vangelo: Lc 1,39-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

"Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda" inizia così il Vangelo di oggi. "Andare e venire" è un modo di dire che esprime fretta e agitazione.

Siamo subito dopo l'Annunciazione. L'angelo che aveva portato l'annuncio della maternità divina ha appena lasciato la casa di Nazaret. Maria ripensa alle parole udite, desiderate per quanto si riferisce alla comparsa nel mondo del Messia, inattese per quello che riguardava lei stessa.

Aveva risposto in maniera affermativa: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola".

Preparandosi a ricevere il suo consenso, l'angelo le aveva dato anche un segno: Elisabetta moglie di Zaccaria avrebbe avuto un figlio. Maria interpreta l'indicazione come un compito. Sono parenti, la cugina è anziana; al parto non mancano che tre mesi: è bene andarla a trovare.

In tanti avevano atteso l'incarnazione del Figlio di Dio e in un certo numero ne avevano preparato anche la discesa: fra costoro si poteva annoverare certamente Giuseppe, uomo giusto, ma Maria preferisce andare a trovare Elisabetta e Zaccaria e stabilirsi presso di loro per qualche mese. La cugina già da qualche tempo si augurava di vederla arrivare e poi ne aveva proprio bisogno. Inoltre sarebbe stata l'unica a capire il mistero del suo stato.

Maria si mette in cammino. Nel frattempo forse lo stesso Giuseppe si sarebbe occupato di sistemare la casa lasciata libera a Nazaret.

Maria sapeva che la sua casa avrebbe avuto bisogno di più di una miglioria, in vista di ospitare il Figlio di Dio fatto uomo, ma lascia che se occupi Giuseppe.

Al suo promesso sposo nemmeno dice qualcosa a riguardo della sua maternità. Era una notizia troppo grande. Sarebbe stato Dio a giustificarla. Solo Lui poteva condurre avanti ciò che Lui aveva iniziato.

Maria non resta ferma, tuttavia non scappa né vive con l'angoscia del ritorno a Nazaret. Semplicemente si abbandona alla volontà di Dio e si dedica con tutta se stessa a diventare testimone di quella carità che di lì a poco avrebbe portato il Verbo del Padre a entrare nel mondo.

Il suo bambino era già una compagnia per lei, ma non gode di questo presentimento da sola, bensì vuole condividere la sua gioia con Elisabetta. Oltre all'aiuto materiale da offrire, avrebbero potuto scambiarsi un reciproco sostegno morale.

In effetti al suo arrivo Elisabetta risponde al saluto di Maria con delle parole ispirate: "a che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?" suggeritegli dallo Spirito santo, in corrispondenza del segnale lanciato dal suo bimbo nel suo grembo: "appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo".

Allora Maria intona il suo inno di ringraziamento a Dio, il Magnificat, che si trova subito dopo il brano di oggi. Forse Maria aveva composto questo canto proprio allora durante il viaggio a piedi lungo un centinaio di chilometri fino alla casa di Zaccaria.

Maria dice san Luca era partita in fretta. La sua fretta non si arresta sulla soglia della casa di Elisabetta, ma dopo la foga dei primi saluti e dei discorsi continua nei piccoli servizi domestici.

Erano necessari e che gravavano oltremisura sulla già anziana gravida cugina. Niente di diverso rispetto alle tante emergenze quotidiane delle nostre famiglie se non che i fatti confermano le parole e da queste parole e quindi dalle intenzioni non era estraneo Dio.

Nella casa di Zaccaria la fretta non espelle il senso della fede, né la preghiera, né la meditazione silenziosa.

Anche a Maria che entra nella casa di Elisabetta si possono applicare le parole fatte pronunciare al Cristo nella seconda lettura: "allora ho detto: "Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà"». Essere uniti a Dio non distacca dalla solidarietà con il prossimo, ma rende completa convinta e generosa la propria carità. Insieme al servizio materiale spinge a condividere anche la fede e la speranza della fede e a ripetere il lieto annuncio del Vangelo: Dio è con noi.

L'andirivieni di Maria da Nazaret alla casa di Zaccaria e di lì di nuovo a Nazaret e il medesimo andare avanti e indietro di Maria nella casa di Elisabetta per assicurare quei servizi necessari a Elisabetta avrebbe avuto poco valore se non ci fosse stato un altro andirivieni continuo come i primi due e cioè l'andare avanti e indietro di Maria tra le sue occupazioni quotidiane e il cielo di Dio.

Ogni giorno Maria pregava con i salmi, la preghiera di Israele e anche con la sua preghiera personale, il Magnificat e pregava insieme ad Elisabetta.

Nella prima lettura abbiamo sentito definire Betlemme come la più piccola tra le città della Giudea. Alla stessa maniera Maria tra le figlie di Israele del suo tempo non era considerata. Se non fosse stato per il suo contatto con Dio, il suo agitarsi non sarebbe servito a nulla.

In attesa che Dio condividesse la sua vita nella casa di Nazaret, Maria condividendo la vita di Elisabetta nella sua casa, ci mostra quanto può essere ricca di bene una vita vissuta nella fede del Signore che viene.

Non sono necessarie grandi azioni per vivere in maniera straordinaria la nostra fede, ma è necessaria una fede straordinaria per vivere in maniera grande anche le piccole cose quotidiane e metterci tutto l'amore e lo spirito di aiuto che richiedono. La responsabilità va esercitata anche nelle piccole cose che dipendono da noi che ci renderanno degni di quelle grandi che procedono dal Signore.

 

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